Liberi tutti, ma l’esperienza del caos non è conclusa

La fine del lockdown, dopo le solite dispute tra governo centrale e Regioni, si è concretizzata in un audace “ liberi tutti”. Dal 3 giugno, mobilità consentita, aperture su tutto il territorio nazionale. Ma l’esperienza del caos e della doppia linea di comando che tanto danno ha causato nella gestione dell’epidemia non è conclusa. Sono numerose le questioni da affrontare, nella ripresa e nella riorganizzazione dei settori nevralgici: la sanità, in primo luogo. Le differenze tra regioni continuano ad esserci, nella gestione della fase tre, nell’esecuzione dei tamponi ad esempio.La mancanza di uniformità sul territorio nazionale, nel tracciamento, e nel trattamento dei positivi ha determinato il diverso successo delle regioni nella riduzione del danno, come pure una certa confusione nell’analisi dei dati.

Il nodo del regionalismo sarà determinante, perchè il necessario ripensamento del sistema sanitario, per il quale si auspica un recupero del SSN come delineato dalla legge 877 del 1978, ispirato da principi di equità e universalità delle cure, con un armonico accordo tra aspetti di prevenzione, primaria e secondaria, tutela dell’ambiente e del lavoro, cura e riabilitazione. E’ necessario riprendere a formulare piani di programmazione nazionale, che assicurino visione ampia nel tempo e nello spazio, e capillarità sul territorio.

La privatizzazione e l’aziendalizzazione che hanno depauperato e compromesso la possibilità di cura per i cittadini, hanno sottratto risorse alle strutture pubbliche soprattutto nei settori più delicati, come la medicina d’urgenza, la perdita di presidi sanitari locali, il ruolo dei medici di base, tutte condizioni che consentono a uno stato di assicurare alle persone il diritto costituzionale alla salute. A conclusione della pandemia, i diversi sistemi regionali si potranno confrontare, ogni presidente di regione cercherà di rivendicare la bontà e l’efficacia delle proprie strutture e delle scelte compiute, senza pudore e senza onestà intellettuale.

Molto difficilmente ci saranno atti di assunzione di responsabilità nella martoriata Lombardia da parte dei responsabili.
Il Veneto, dove comunque il sistema ha retto, rivendicherà il successo della propria formula. Il punto però, è che la riorganizzazione deve necessariamente riportare al centro la gestione pubblica, l’uniformità su tutto il territorio nazionale perchè si deve ribadire che la salute, come l’educazione, non è una merce, ma un diritto e non deve essere consentito farne strumento di profitto e di interesse privato.

Un altro fronte di grande difficoltà, nel ritorno alla “ normalità”, è quello della scuola. La non- riapertura è un calvario tuttora in atto. Uniforme, stavolta. Le scuole sono state chiuse prima nelle regioni del nord, poi in tutto il paese. Si parla di riapertura a settembre, ma continua, a metà giugno, a non esserci alcuna indicazione precisa.

Sono stati prodotti vari documenti, ma c’è ancora grande confusione. Per il momento, esiste ancora un sistema scolastico nazionale. Ma esiste l’autonomia scolastica e l’impres-sione generale è che si voglia rimandare ai territori, ai comuni più che alle regioni, l’onere di scelte e decisioni pesantis-sime.
Si invocano collabo-razioni e alleanze con realtà e agenzie educative di vario genere, cooperative, ludoteche per assicurare il funzionamento delle scuole m; a cosa prelude questo decentramento decisionale ed organizzativo, se non a una progressiva perdita di consistenza del carattere pubblico della scuola?

Il pericolo di destrutturazioen del sistema scolastico, che potrebbe facilmente seguire lo stesso percorso che ha condotto alla privatizzazione della sanità, con risultati altrettanto disastrosi, è gravissimo.

Per questo rischio, si sta creando nel paese una interessante mobilitazione di insegnanti e genitori che la politica dovrà., o dovrebbe, monitorare con attenzione, perchè si tratta di una importantissima battaglia culturale che non possiamo perdere. Si tratterà di rdefinire l’identità di un organo costituzionale del paese, la scuola, appunto, che sta per essere travolta e trasformata definitivamente in una infrastruttura neo liberista,al servizio del mercato invece che dell’uomo.

Loretta Deluca

Insegnante Torino

Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org

Articolo pubblicato sul numero di giugno del mensile Lavoro e Salute

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