Lidia Menapace è un fumetto!

“Ora non mi manca niente, sono anche un fumetto!” Più o meno avrebbe detto così Lidia Menapace, se fosse ancora viva.

Indimenticata decana del femminismo italiano, partigiana, saggista e giornalista, fondatrice del Manifesto, ideatrice della Convenzione di donne contro la guerra, tenace studiosa di Rosa Luxemburg e poi una quantità di altre cose delle quali alcune sono raccontate qui e qui , morta a causa del covid il 7 dicembre del 2021. E proprio il 7 dicembre 2023, a Bolzano, città del cuore scelta da Lidia, nativa piemontese ma trasferitasi anche a causa del matrimonio con l’amato medico Nene tra le nevi, sarà presentata la prima graphic novel su di lei, edita da People, concepita alla fine del 2022 e scritta in meno di 9 mesi dalla trentenne fumettista Valentina Stecchi, che ha intitolato il libro solo con il nome: Lidia.

In copertina il piccolo corpo di Lidia Menapace che tiene in mano un fiore di papavero, che il vento sta scompigliando facendone volare i petali. Proprio come Lidia Menapace era solita fare in vita, spargendo generosamente il suo sapere e la sua conoscenza politica, letteraria, storica e filosofica dovunque fosse chiamata, in grandi città come nei centri più minuscoli e remoti, sempre con allegria, leggerezza ed enorme disponibilità, merce rarissima anche a sinistra e nel femminismo.

Valentina Stecchi, che ho conosciuto di persona ad aprile del 2023 dopo un lungo avvicinamento via mail, mi scrisse a inizio 2023, proprio mentre stavo nel mezzo del trasloco da Genova ad Altradimora, dove poi è venuta con un’amica per portarmi in visione le primissime bozze del testo.

A me, che non ho mai frequentato il mondo dei fumetti (tranne una breve incursione su Linus che pubblicò in quattro puntate il mio vocabolario femminista nei primi anni del nuovo millennio) è parso strano che si potesse raccontare Lidia Menapace attraverso una graphic novel.

Quando ho capito l’importante intento di Valentina Stecchi, ovvero quello di far arrivare la figura di Lidia anche alle giovani generazioni con uno strumento diverso dal libro tradizionale, per immagini appunto, ho inondato la povera autrice con una valanga di testi, audio, video che nei decenni ho raccolto nel mio archivio sull’amata maestra.

Le ho anche fatto notare che, diversamente da altre figure del femminismo, per le quali sarebbe stata necessario una riscrittura dei pensieri per adattarli alla formula del fumetto, per Lidia era proprio il copia incolla che avrebbe consentito di darle voce autentica. Lidia, infatti, era gramscianamente capace di esprimere concetti complessi in modo semplice, e quindi non sarebbe stato affatto necessario tradurla.

Chiunque si sarebbe scoraggiata di fronte alla mole di materiale che le avevo riversato, e per qualche mese il fatto di non ricevere più notizie dalla fumettista mi ha fatto temere che avrebbe rinunciato all’impresa.

La storia, mi aveva raccontato, se l’era immaginata come un sogno: Valentina è stanca e annoiata davanti alla tv, si addormenta, e comincia a sognare. Lidia si manifesta nel sogno sul suo divano. “Oh mio dio! – esclama la ragazza quando si accorge che Menapace è seduta accanto a lei. “Che esagerazione, risponde Lidia, ironica e divertita.

“C’è Lidia Menapace a casa mia, sul divano, e non ho nemmeno passato l’aspirapolvere!”, pensa terrorizzata Valentina, una versione simile alla constatazione preoccupata della celebre frase “C’è la rivoluzione e non ho niente da mettermi”.

Così ha inizio la graphic novel: un sogno maieutico, come era nello stile politico e personale della grande partigiana, nel quale il dialogo tra domande e risposte che intercorre tra una trentenne e una novantenne (che evoca Libere sempre di Marisa Ombra, una lunga lettera dell’attivista rivolta ad una ragazza di 17 anni) si dipana come il filo di un gomitolo morbido.

“Io non sono brava a parlare come te!” protesta Valentina quando Lidia la sprona all’attivismo e alla propagazione della memoria storica.

“E chi ha detto che devi parlare? Puoi portare la memoria nel tuo quotidiano e usare le tue abilità e sensibilità per promuovere questi valori nei tuoi gesti” è la risposta di Lidia.

Detto fatto, ed eccoci alle 60 pagine di Lidia, nate per darle voce anche attraverso un fumetto: per raccontare a chi non c’era la Resistenza, la scelta nonviolenta, il femminismo, la politica, la via alcoolica al socialismo, come amava dire tra il serio e il faceto, che ora è illustrata con la freschezza fumettistica dello sguardo di una giovane donna.

Monica Lanfranco

8/11/2023 https://www.pressenza.com/

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