NATO: 75 anni di sangue e dollari

La NATO ha compiuto 75 anni di esistenza. Tutti passati in guerra, mission esistenziale di un organismo che si disse nascesse per contrastare l’espansionismo sovietico che minacciava l’Occidente. Ma era tesi hollywoodiana: la NATO nacque il 4 Aprile 1949 e solo il 15 Maggio del 1955, sei anni dopo, nacque il Patto di Varsavia. E la natura offensiva  del Patto Atlantico è stata confermata lungo tutti i suoi 75 anni nei quali ha invaso Paesi e generato guerre ai 4 angoli del Pianeta.

I festeggiamenti di un organismo concepito per portare la guerra ovunque non potevano che essere celebrati con una nuova base militare, buona per ulteriori guerre. Più grande di quella di Ramstein, in Germania, la struttura sarà realizzata vicino a Costanza, la città della Romania sud-orientale sulle rive del Mar Nero. Sorgerà nei pressi dell’attuale base militare “Mihail Kogalniceanu”, che verrà ampliata a circa 2.800 ettari. Sarà pronta per il 2040 e ospiterà 10.000 militari. Vista l’inoperatività delle basi in Ucraina, sarà questa la struttura militare NATO più vicina al confine russo.

Si trova in Europa, cioè il teatro scelto da Washington per i prossimi conflitti ad alta intensità, quelli cioè che nascono in forma convenzionale ma non escludono il ricorso alla dimensione nucleare tattica. D’altra parte gli USA hanno sì bisogno della guerra permanente per poter sopravvivere politicamente ed economicamente, ma la vogliono lontano da casa loro.

Questa nuova installazione sembrerebbe fugare le preoccupazioni UE per un possibile passo indietro statunitense dai teatri europei. E’ perciò incomprensibile l’agitazione in Europa per la minaccia che un’eventuale ritorno di Trump alla Casa Bianca porterebbe alla solidità dell’Organizzazione Atlantica. E’ vero che Trump è un corpo estraneo all’establishment che è in mano ai grandi produttori di armi, ai giganti della Silicon Valley  e alle banche che dominano Wall Street, è anche vero che ha un’idea meno messianica della “esportazione della democrazia globale” e ritiene che gli Stati Uniti debbano concentrarsi più sulla difesa dei loro interessi strategici che non impegnarsi nel ruolo di gendarme mondiale; ma questo non comporta un disimpegno perché con repubblicani o democratici cambia poco, non si riduce l’ansia di dominio statunitense sulle risorse globali.

C’è il rischio che proponga una diversa ripartizione dei costi e che dunque la contribuzione europea all’Alleanza vada aumentata, così da ridurre le spese per gli USA, che comunque svolgono un ruolo determinante nella gestione generale della struttura, ma da qui a prefigurare un disimpegno ce ne corre. Durante la sua precedente presidenza, del resto, la NATO non ha subito nessun ridimensionamento, proprio perché chiunque sieda alla Casa Bianca è perfettamente conscio di come il suo dominio strategico sul piano militare e politico risieda proprio nel mantenerla in vita.

Washington poi, oltre a un sistema internazionale a sua salvaguardia, vi coglie anche l’utilità economica, dato che l’innalzamento delle tensioni comporta un aumento globale delle spese militari. Che se per tutti i paesi del mondo rappresentano una distrazione della spesa pubblica a danno del welfare, per gli USA sono il traino fondamentale per la loro tenuta sistemica. In questo senso davvero la NATO non può essere messa in discussione da nessun presidente USA. Semmai può essere indicata come portavoce di quel sistema di regole che sottintendono l’Ordine Unipolare, sintesi politica del domino anglosassone.

La NATO è stata ed è l’estensione della politica statunitense, l’anello di sicurezza dei suoi interessi. La narrazione che la voleva strumento grazie al quale gli Stati Uniti difendono l’integrità territoriale e politica dell’Occidente è falsa; è invece sempre stata lo strumento con il quale l’intero Occidente difende gli interessi e le prerogative di dominio degli Stati Uniti sull’intero pianeta. Nel modello tutti sono sacrificabili ma non gli USA e quindi gli ordini sono chiari: attaccare chiunque minacci la posizione degli Stati Uniti.

Questo 75° compleanno vede però una situazione militare internazionale mai così vicina al punto di non ritorno, ovvero al confronto militare diretto con Russia e Cina, inevitabile per garantire la sopravvivenza dell’Ordine Unipolare Occidentale del quale la NATO è garante politico e militare.

La risposta che Washinton offre al bisogno generale di mutamenti della governance internazionale, che pur tra contraddizioni e step non sempre lineari segnano questa nuova fase della storia, è quello della resistenza ad oltranza contro i mutamenti possibili ed il rafforzamento del sistema delle regole che fa da cornice al modello unipolare. Due sono le regole: gli interessi strategici dell’Occidente sono l’Alfa e l’Omega dell’Ordine Mondiale e il comando universale degli Stati Uniti ne è condizione necessaria per la loro vigenza.

Il suo Strategic Concept si esprime nel disegno strategico di ampliamento verso Est; l’idea USA è di spostare gradualmente il centro delle operazioni NATO ed il relativo comando politico verso i paesi assetati di revanscismo russofobico, come la Polonia e i Baltici, ai quali aggiungere Romania e Moldavia nel ruolo di primi attaccanti e assegnando a Londra il coordinamento delle operazioni che, comunque, resterebbe in capo agli Stati Uniti per quanto attiene la direzione strategica.

La guerra come unica soluzione

La nuova gigantesca base in Romania chiude ogni retorica sulla difesa della democrazia e mostra senza ritegno il suo vero volto, rilanciando apertamente la sfida alla Russia nel confermare l’allargamento ad Est quale strategia centrale dell’Alleanza Atlantica. C’è poi, però, il bilancio degli ultimi 4 anni di sconfitte sul campo, dall’Afganistan alla Siria all’Ucraina. In tutti e tre i teatri l’intera NATO è stata coinvolta e ovunque sconfitta sul terreno. Dunque a tanta esibizione muscolare corrisponde, per ora, altrettanta vocazione alla sconfitta sul terreno.

E’ un’Alleanza che è ormai solo un agente per la destabilizzazione permanente globale e che vede nella separazione tra Russia e Cina la parte conclusiva del piano iniziato in Ucraina che vedeva come primo step la separazione tra Russia e Unione Europea, Germania in particolare.

Ottenuta questa grazie ad una classe dirigente europea stupida e corrotta, l’attenzione si è spostata sullo scontro diretto con i due competitor globali. La Cina viene minacciata con Taiwan e con le sanzioni economiche ma ormai è troppo tardi per qualunque efficacia: Pechino è ovunque nel mondo agente di primaria grandezza nelle relazioni finanziarie e commerciali. Sul piano militare Washington ritiene che per quanto enormemente cresciuta militarmente, sia ancora tecnologicamente inferiore e le 20 basi militari nel Mar della Cina esprimono la parte militare della minaccia, proprio mentre chiedono spudoratamente di interrompere l’alleanza con Mosca che mette a rischio la superiorità bellica della NATO. Alla Russia, che ha dimostrato l’inefficacia e la logica di minoranza delle sanzioni USA (149 paesi non vi hanno aderito) viene inviato il seguente messaggio: non importa quale sia il tuo peso militare, storico, economico e politico; o abbandoni la partnership economica, politica e militare con la Cina che ci minaccia tecnologicamente ed economicamente e diventi una nostra alleata (colonia), o verrai coinvolta in una guerra permanente il cui livello è appeso alle circostanze, dove nessun piano può essere escluso.

Il messaggio è chiaro: la rappresentanza di 700 milioni di persone affronterà anche militarmente i restanti 5 miliardi di abitanti della terra pur di non condividere con il Sud globale il governo del pianeta. Ma la sconfitta in Ucraina pesa moltissimo, sia per l’esito militare che per quello economico. Spacciare i veti del Congresso per la distanza che separa Kiev dalla sconfitta totale è ridicolo: in due anni hanno avuto il quadruplo di quanto si discute oggi e hanno perso ogni giorno uomini, mezzi e territori. La verità è che la Russia non è stata battuta e non è andata in default, anzi conquista territori e ha la crescita economica maggiore di tutta l’Europa. Nessuna delle previsioni vittoriose NATO si è avverata e l’Occidente in generale esce drammaticamente ridimensionato nel suo ruolo d’interdizione planetaria, ovvero nella sua capacità di determinare gli eventi; in una parola, di esercitare il potere.

Il mondo nato nel 1989 si avvia ad essere sostituito da un mondo nuovo. Vale la pena ricordare le parole del grande intellettuale italiano e fondatore nel 1921 del Partito Comunista, Antonio Gramsci, per il quale “tra un mondo vecchio che sta morendo e uno nuovo che sta nascendo, c’è un intermezzo. Ed è lì, in quell’intermezzo, che agiscono i mostri”.

Fabrizio Casari

7/4/2024 https://www.altrenotizie.org/

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