Nikolai, Yevgeny, Prilepin. Rus’

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di Gregorio Carboni Maestri

Nella dacia di K. E. Vorošilov, dalla quale passa anche Stalin, lavorano dei giardinieri, i Nisiforov. Hanno un figlio, Nikolai Egorovich, a malapena alfabetizzato, si sposa con Elena Stepanovna, cosacca-ucraina parlante il suržik. Abitano a Skopin, 250 km da Mosca, in una masseria nazionalizzata. Accoglienti, hanno anatre, conigli, suini, papere, pollame, vacche da latte e sanno cacciare. Nikolai parte alla Grande guerra patriottica come mitragliere. Vive gli orrori di Stalingrado. Durante un’offensiva nel Boristene, una granata colpisce il barcone su cui sta manovrando uccidendo gli altri militari. Nikolai viene catapultato in fiume. Non sa muoversi in acqua, si attacca a un tronco e se la scampa. Trova protezione nello stabile di una donna dove si eclissa per un po’, non inviando alcuna cartolina alla sua famiglia durante la guerra. Torna in servizio e termina il conflitto in Ungheria, con la vittoria di Budapest. Ricompare a casa sfigurato dalla fame. Nel ‘46 presta di nuovo servizio in Ucraina dell’ovest, dove guerreggia contro i banderisti, per i quali alimenta un ribrezzo assoluto. Da quella circostanza in poi usa “bandera” come il vocabolo più ingiurioso di tutti. Con Elena Stepanovna ha una figlia, Tatyana Nikolaevna.

Semyon Zakharovich è un individuo alto, vigoroso, con una voce profonda. Si sposa con Maria Pavlovna: donna osservante e paziente. A malapena alfabetizzata, comunica con un russo rimestato a vernacoli cosacchi. Nel ‘42, poco dopo il matrimonio, Semyon parte alla Grande guerra come artigliere. Riesce a inviare una cartolina a Maria nel primo anno di guerra: scrive dell’orrore delle battaglie, dei respingimenti dei carri armati nazi-fascisti. Le chiede di aspettarlo. Dopo sei mesi di combattimenti viene incarcerato in un campo tedesco fino alla fine del conflitto. Quando gli alleati liberano il campo Smyon è irriconoscibile, pesa 47 kg e torna a casa a zampe. Maria lo attende. Nel 1947 hanno un bambino, Nikolai Semyonovich Prilepin, che nasce nel paesello di Kalikino, bagnato un affluente del Don, 30 km a nord di Nižnij Novgorod, che da 10 anni si chiama Gor’kij, omaggio delle autorità operaie all’autore omonimo.

Nikolai cresce nell’URSS vincitrice. Ben nutrito, arriva a quasi un metro e novanta. Brillante, sogna di diventare pittore, compositore e verseggiatore. Compone nello stile di Nikolay M. Rubtsov. Sa fare di tutto: suona la chitarra e la fisarmonica a bottoni, esibendosi negli sposalizi della regione. Riceve richieste di dipinti dai locali ma il più delle volte dona le sue opere. Diventa insegnante di storia e dirigente di una scuola nel borgo di Vysokoye, prossimo a Ilyinka, dove vive. Ne prende cura al punto di scrostarla, tinteggiarla e sostituirne gli infissi quando necessario. Ha una piccola fattoria con galline, anatre e un appezzamento che ara con un cavallo e dove vive con Tatyana, figlia di Nikolai Egorovich ed Elena Stepanovna. Tatyana è infermiera in un ospedale rurale. Dopo la prima fanciulla, Yelena, Tatyana e Nikolai hanno un figlio che nasce il 7 luglio 1975 presso la maternità di Skopin. Si chiama Yevgeny Nikolayevich Prilepin. Nasce una settimana prima della storica missione congiunta Apollo-Sojuz. Yevgeny viene battezzato nella chiesa di Kazinka.

Fino all’adolescenza Yevgeny trascorre le estati nel villaggio del padre, a Kalinkino, che diviene una “madrepatria” poetica per lui. Yevgevy si sente al sicuro con suo papà Nikolai, che gli insegna a falciare, il lavoro contadino, ma anche ad amare la pittura, con una predilezione per Konstantin A. Korovin e Kuz’ma S. Petrov-Vodkin. Sua madre Tatyana gli legge Sergej A. Esenin. La nonna materna Elena gli fa conoscere il libro di Aleksej P. Capygin, Stepan Razin, sul rivoluzionario cosacco Sten’ka. Con il genero Nikolai, che suona la chitarra a sette corde, nonna-Stepanova canta canzoni ucraine suonando lei stessa la balalaika.

A casa di Nikolai e Tatyana c’è un giradischi che suona tutto il giorno i primi LP di Alexander A. Dolsky. Tatyana riceve una lettera dal fratello dicendole che nella città di Dzeržinsk, dove vive, a 30 chilometri a ovest di Gor’kij, lo stato fornisce ai giovani proletari un alloggio gratuito. C’è molto lavoro. Nel 1984 papà Nikolai trasloca e trova subito un incarico presso un collegio professionale. Segue la famiglia. Tatyana trova subito lavoro nella fabbrica di stato Korund che produce prodotti chimici dal 1915 (corindone, acido minerale, acido solforico, nitrico, esplosivi e superfosfato) che le fornisce un appartamento. I muri dell’appartamento sono ricoperti di libri e collezionpoesie. A 9 anni Yevgeny non si fa più leggere Sergej Esenin (noto come Yesenin) ma lo legge lui stesso, rimanendo folgorato dalla sua scrittura e imparando a memoria le sue poesie. Riscopre anche il libro sul rivoluzionario cosacco Sten’ka e La vita e le strane sorprendenti avventure di Robinson Crusoe, L’isola del tesoro, i libri di Alessandro Dumas, Arkadi Gaïdar. Conan Doyle, Giulio Verne, Jack London, Joseph Rudyard Kipling e Mark Twain e inizia a scrivere le sue prime poesie. La prima delle quali si conclude con: “Amo la Rus’, lo giuro”.

Studia con la sorella presso la scuola nella piazza Mayakovsky con, al centro, la scultura dello scrittore dello stesso nome. Papà Nikolai gli regala una macchina da scrivere e Yevgeny inizia a scrivere antologie di poeti simbolisti, futuristi e acmeisti, come A. Blok e V. Bryusov, V. Majakovskij, V. Kamensky, S. Gorodetsky, A. Akhmatova, M., Belyy, Sologub, K. Balmont, V. Chlebnikov, B. Livshits, N. Stepanovic Gumilëv e I. Severjanin. A 12 anni cerca compulsivamente pubblicazioni di questi autori tra le riviste o edizioni rare nelle biblioteche e archivi della città. Papà Nikolai rilega poi queste antologie, creando una raccolta inedita ai tempi in URSS di cui una copia finisce nella biblioteca della facoltà di filologia.

Nel 1989, al cinema, vede Ascensore per l’inferno di Alan Parker, riguardandolo decine di volte. La cultura occidentale, per nulla censurata in URSS, al contrario dell’Occidente con quella sovietica e il giovanotto inizia ad appassionarsi anche per la musica dell’ovest, collezionando dischi dei A-ha, Cure, Bryan Ferry, Depeche Mode, Chris Isaak, Iggy Popk Marc Almond, continuando ad ascoltare cantautori sovietici, riempiendo la camera di loro poster. Inizia a suonare la chitarra e conosce quello che diventa uno dei suoi migliori amici, Hans, con cui ascolta musica e beve le prime birre e compone una scaletta di decine di pezzi coi quali si presentano in rassegne rock.

Durante gli anni ‘90 scopre la poesia greca (Ghiannis Ritsos, Tasos Livaditis), Henry Miller e quello che diventa il suo scrittore preferito, Gajto Gazdanov. Nel 1990 compra per caso un libro dell’enfant terrible e mondialmente noto Eduard Limonov (Eduard V. Savenko), anch’esso di Dzeržinsk ma emigrato nei paesi a economia di mercato l’anno della nascita di Yevgeny, vivendo da émigré tra Nuova York e Parigi e rinunciato alla cittadinanza sovietica in favore di quella francese. Yevgeny viene travolto dalla sua scrittura. In piena vittoria dell’imperialismo occidentale sulle repubbliche socialiste, Limonov rientra in Unione sovietica nel 1991, ri-ottenendo la nazionalità. Fonda il quotidiano Limonka e il Partito nazional bolscevico, formazione trasversalista rivoluzionaria, anti-atlantista e stalinista con elementi di estrema destra, mescolando estetiche naziste a simboli comunisti. Limonov pubblica articoli anti-perestrojka ai quali Yevgeny aderisce incondizionatamente.

Lo stato operaio continua a crollare e con esso il mondo di Yevgeny. Crolla sotto i piedi della sua famiglia e di tutto un popolo, ignaro della tragedia che sta per abattersi sulle repubbliche popolari e sul destino del proletariato mondiale. Il papà Nikolai non aderisce all’ardore degli esagitati della “democrazia occidentale” che invade gli animi dei tanti attorno a lui. Disilluso e afflitto dai sogni sbriciolati, beve sempre di più, perdendo la battaglia contro l’alcolismo latente, come molti durante gli anni della controrivoluzione.

Nell’agosto 1991, Yevgeny Nikolayevich, di passaggio a Mosca, tornando da una vacanza in Crimea, incrocia varie euforiche e colorate manifestazioni pro-capitaliste, provando un indefinibile impulso di rifiuto. Dopo la maturità, Yevgeny s’iscrive a filologia all’università Nizhny di Gor’kij, che diventa la sua città ma sogna di diventare un famoso musicista con Hans. Nel 1991 Gor’kij ridiventa Nižnij Novgorod.

Nel 1994, si moltiplicano le visite dei capi di stato dell’Impero come Bill Clinton ed Elisabetta II, in una Russia umiliata dall’alcolizzato Yeltsin e diventata un banchetto, oggetto di predazioni da parte di multinazionali ed ex burocrati stalinisti. La fabbrica chimica Korund è svenduta agli austriaci. Si firma il Memorandum di Budapest che vieta a Russia, Regno Unito e Stati Uniti di “minacciare o usare la forza militare o la coercizione economica” contro Ucraina, Bielorussia e Kazakistan “eccetto in difesa della propria o in conformità con la Carta delle Nazioni Unite”.

Muore il papà Nikolai. Ha 47 anni, non farà in tempo a vedere la classe operaia ridotta a stato di coma profondo.

Yevgeny si laurea in filologia e alla scuola di politica pubblica e sopravvive lavorando come operaio, caricatore in un panificio e come guardia privata. Si arruola come caposquadra nell’Unità speciale mobile della polizia (OMON). Nel ‘96 si iscrive al Partito nazional-bolscevico, nello stesso anno parte come soldato in Cecenia dove combatte per 4 anni. Torna a Gor’kij-Nižnij Novgorod dove collabora con il quotidiano Delo, proprietà dell’ex burocrate tardo-stalinista S. Kiriyenko, riconvertito a politico reazionario. Usa vari pseudonimi, e inizia a diventare noto come Eugene Lavlinsky. Un anno dopo diventa editore del corriere ma, scontento con il posizionamento retrogrado del giornale, intensifica il lavoro di scrittura personale. Scritti inizialmente intimi che, man mano, ruotano sempre di più attorno a questioni autobiografiche e sulla barbarie della guerra cecena.

Nel 2005 presenta il suo primo libro, Patologie (traduzione italiana di Enzo Striano, 2011, Voland). È l’anno nel quale s’intensifica lo spezzatino di quel che rimane del Partito comunista della federazione russa, con la fuoriuscita di un gruppo che forma poi il partito socialdemocratico Patrioti di Russia. Nascono altri partiti con fusioni e aggregazioni trasversali. Uno di questi é Russia giusta, partito socialdemocratico-keynesiano con fazioni conservatrici, nato dalla fusione di Madrepatria, Partito russo della vita e Partito del pensionati e che aderisce all’Internationale socialiste. A partire dal 2006, anno di pubblicazione di San’kja Prilepin partecipa con i nazional-bolscevichi alla coalizione-ombrello L’altra Russia che riunisce parte degli oppositori a Putin e organizza cortei noti come “dei dissidenti”, rastrellando rappresentanti di movimenti umanitari, liberali, moderati, nazionalisti, socialisti, radicali, centristi, estremisti di destra e di sinistra (come le Avanguardie della gioventù rossa) e comunisti (ma non il Partito comunista), singoli cittadini e celebrità. Nel 2007, anno di pubblicazione del romanzo Il peccato il Partito nazional-bolscevico è proibito per le sue ambiguità naziste. Un anno dopo Prilepin intensifica l’attività di scrittura e pubblica la raccolta di novelle Stivali pieni di vodka calda; il saggio Sono venuto dalla Russia e Guerra seguiti nel 2009 da Terra Tartarara la raccolta di interviste Il compleanno del cuore. Conversazioni sulla letteratura russa e Rivoluzione.

Nel 2010 le marce de L’altra Russia s’interrompono. Due anni dopo, con la pubblicazione del romanzo Scimmia nera Prilepin, ormai noto come Zakhar Prilepin, scrive un breve saggio “Lettera al compagno Stalin”, biasimo stalinista indirizzato alla società liberal e occidentalista russa, lamentando l’ingratitudine dei post-sovietici nei raffronti di Stalin e dei successi dell’URSS. Sostiene che ci sia una volontà di cancellare la sua figura dalla memoria col ricorso a ricostruzioni storiche revisioniste e di minimizzare le sue azioni verso il popolo. L’autore afferma che ci siano esempi in cui vengono aumentati i numeri delle vittime del dittatore. Nello stesso anno, pubblica Complice dell’epoca: Leonid Leonov, biografia del romanziere sovietico Leonid Leonov, che ne segue la vita dall’infanzia fino alla morte, esplorando il coinvolgimento nella politica sovietica e la sua lotta personale con la burocrazia e il suo ruolo nell’evoluzione della letteratura sovietica.

Prilepin scrive anche per la stampa cosiddetta rosso-bruna, prima Limonka (sostituito, dopo la sua chiusura da Linea generale) e in periodici di tradizione soviet’ come la Gazzetta letteraria (Literaturnaya Gazeta), L’Amicizia dei Popoli (fondata nel ‘39 come almanacco dell’Unione degli scrittori dell’URSS); Roman gazeta (la gazzetta sovietica delle novelle, fondata nel ‘27), Novy Mir (Nuova parola, fondata in epoca comunista), il Pioniere russo e Russian life (nota prima come USSR, poi Soviet Life) ma anche in riviste liberal conservatrici come Snob. Partecipa anche a tradizionali seminari e forum di giovani scrittori moscoviti. Si muove però sempre più a destra o su posizioni transversaliste conservatrici, aderendo a gruppi di riflessione culturale come Izborsk Club, di area governativa-militare.

Con il golpe statunitense dell’Euromaidan a Chiovia, nel 2014, si scaturisce il processo rivoluzionario nell’est operaio dell’Ucraina, la “Piccola Russia”, con la proclamazione d’indipendenza della Repubblica popolare di Donetsk [RPD]. In questo contesto, nel 2015, Prilepin diventa consigliere di Aleksandr Zacharcenko e nel 2016 crea e guida, da vicecomandante con il grado di maggiore, il 4° battaglione di ricognizione e assalto delle forze speciali dell’esercito della RPD. Battaglione di volontari noto come Battaglione Prilepin. In Ucraina é ricercato per terrorismo. Nell’estate 2018 torna in Russia e in autunno il suo battaglione viene sciolto.

Qualche settimana dopo il suo rientro si unisce al Fronte popolare panrusso, coalizione transversalista pro-Putin social-conservatrice, patriottico-nazionalista, pan-slavista e antioccidentale. Eduard V. Savenko, anti-putinista e ormai anche anticomunista, lo espelle da Drugaja Rossija (L’altra Russia). Un anno dopo il Nostro crea il movimento trasversalista patriottico-conservatore e social-antiliberista Per la verità che si fonde, nel 2020, con i Patrioti di Russia e con Russia Giusta.

Con l’aggravarsi della situazione in Ucraina e l’intensificarsi della penetrazione dell’OTAN, l’imminente collocazione di armi nucleari in territori ucraini e la messa in pericolo della sicurezza nazionale russa, nel febbraio 2022 inizia l’Operazione militare speciale che Prilepin sostiene apertamente. Il suo partito, ora denominato Russia giusta – Per la Verità, viene espulso dall’Internazionale socialista. L’Unione Europea sancisce durissime e inedite sanzioni anti-russe, delle quali anche Prilepin è oggetto. Dopo il Capodanno 2022-23, Prilepin si arruola presso la Guardia nazionale russa e torna a combattere in Ucraina.

Il 6 maggio 2023 Prilepin rientra verso casa, sulla strada verso Gor’kij-Nižnij Novgorod. É in macchina con la guardia del corpo e amico Sasha. L’auto viene fatta esplodere da un attentatore, Alexander Permyakov, forse legato a Ates, che agisce sotto ordine di Chiovia. Sasha muore sul colpo. Yevgeny rimane gravemente ferito. Al risveglio dal coma farmacologico dichiara: “con [mia figlia] Sanya stavamo iniziando a costruire una cappella nel nostro villaggio. La finirò e sarà in onore di Sant’Alessandro. Informo i demoni che non riusciranno ad intimidire nessuno. Dio esiste. Vinceremo.”

Prilepin è vivo, ha 47 anni. Ma non si sa quale dei Prilepin sia sopravvissuto, se il piccolo Yevgeny, che sogna, nei giorni dell’estate, fissando l’immensità russa e il sole al crepuscolo nei colli di Kalinkino, se il nipote dei veterani dell’URSS vittoriosa, se il lettore compulsivo di poesie dell’Epoca d’argento russa, se il soldato in Cecenia; Zachar, scrittore anti-perestrojka o se la celebrità sempre più nazionalista e confusa. Quel che è certo, è il coma abissale nel quale sprofonda sempre più la pace tra i lavoratori del mondo, quella pace per la quale morirono i tanti nonni nella Grande guerra. E su questo, per ora, né Sant’Alessandro né Dio potranno farci alcunché.

Gregorio Carboni Maestri

Collaboratore redazione Lavoro e Salute

9/5/2023

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