Israele potenza militare in crisi politico-economica

Israele, inarrestabile macchina da guerra, inciampa nella sua storica frammentazione politica e negli integralismi religiosi che ora la governano, mentre la sua economia al quinto mese di semi paralisi rischia una crisi irreversibile, molto oltre il declassamento di una delle grandi agenzia internazionali di rating.
Nei primi tre mesi, l’erario ha sborsato 260 milioni di dollari al giorno. Solo quest’anno la campagna militare assorbirà 19 miliardi. E a Gaza distrutta la povertà è cresciuta del 48%, ormai alla fame.

Netanyahu vattene

Sempre più diffuse espressioni di protesta in tutta Israele a chiedere la sostituzione di un governo che tanti ritengono responsabile dei fallimenti che hanno portato al massacro del 7 ottobre. Solo una piccola minoranza di israeliani ritiene di aspettare la scadenza naturale del mandato al 2026 con il 71% per elezioni presto, praticamente subito. E siamo di fatto già in campagna elettorale nascosta. Chiaro segno di ‘crescente impazienza’ -segnala Haaretz-, è il ritorno di manifestazioni antigovernative ogni sabato sera.

La catastrofe che si prepara oltre la guerra

«Drammi umani ed economici si sommano, perché le guerre hanno un impatto devastante non solo sulle persone, ma anche sui beni. Il conflitto a Gaza non fa eccezione ed è un salasso per entrambi i contendenti», la premessa di Francesco Palmas su Avvenire nell’analizzare i dati poco noti del vivere civile oltre la guerra. «Più a lungo durerà e maggiore sarà il danno, anche per Israele, soprattutto se si profilasse un’occupazione postbellica della Striscia. E i dati finora disponibili, parziali e frammentari, sono già allarmanti».

Primi 100 giorni di guerra

Nei i primi 100 giorni di guerra, quei 350mila riservisti che Israele teneva sotto le armi, costavano all’erario 260 milioni di dollari al giorno, equivalenti a un miliardo di shekel, un punto e mezzo di ricchezza nazionale. Con la smobilitazione parziale, coincisa con una fase meno cruenta delle operazioni, fattura dimezzata ma sempre enorme. E la Banca centrale israeliana, forse con qualche sconto politico, sostiene che il conflitto distruggerà un punto di ricchezza anche nel 2024 e che, fra il 2023 e il 2025, costerà quasi 56 miliardi di dollari.

Solo quest’anno, muovere le armi, usarle, retribuire i riservisti e sostenere gli sfollati di casa, assorbirà 19 miliardi, un’enormità per un’economia che produce poco più di 500 miliardi l’anno.

Miliardi di guerra tolti a cosa?

E quei soldi, sottratti ad altre voci di spesa, fanno prevedere aumenti di tasse, a detrimento del benessere generale. Mentre l’agenzia Bloomberg calcola che, per coprire il deficit esploso con la guerra (4,4% del Pil nel 2023 e 6,6% nel 2024), Israele dovrà finanziarsi sui mercati, emettendo titoli per 58 miliardi di dollari, ma a caro prezzo. Il recente declassamento da parte di Moody’s, rende il debito pubblico dello Stato ebraico, più costoso. Un conto salato, destinato a salire ulteriormente, «perché quella di Gaza è guerra fra le più esose della storia militare israeliana».

Pasqua senza pace

Analisi Stratfor, in genere molto prudente, ritiene che, se il conflitto durasse oltre le festività pasquali, i pellegrinaggi nei luoghi sacri ne risentirebbero, colpendo ulteriormente l’industria turistica, il cui peso sull’economia nazionale è il 2,8% del Pil e il 6% della forza lavoro. Perfino l’export di armamenti calerà: in tempi normali il 2% del Pil e il 5% delle esportazioni. E ‘Rand Corporation’, prevede un impatto da 400 miliardi di dollari e perdite che dureranno per almeno quattro anni. Anche se la Banca centrale israeliana prevede comunque una crescita del Pil sia quest’anno (2%) sia nel 2025 (5%), ma la valutazione è di lettura politica fragile, nella imprevedibilità di quale governo gestirà il dopo guerra che dovrà pur arrivare.

Mamma America come e quanto

«Lo Stato ebraico ha sempre superato le guerre con un’economia più forte», sostiene lo storico Claudio Vercelli. Ma questa è una guerra diversa. Certo gli aiuti statunitensi di 3,8 miliardi di dollari l’anno, aumentati di 14,5 miliardi a novembre e di altri 14, se mai passerà il disegno di legge al Congresso, danno un sostegno decisivo. Armi a parte.

Dramma a Gaza, per ciò che ne resta

Ma il vero dramma riguarda Gaza, per la catastrofe umanitaria, psicologica ed economica in cui è precipitata, oltre i 30mila morti e le altre decine di migliaia di dispersi di cui è impossibile una contabilità reale. «L’inferno sulla terra» di cui parla la commissaria delle Nazioni Unite per gli aiuti palestinesi che Israele-Usa negano all’Onu.

Meno ai già poveri è fame e malattie

«Se Israele non ha problemi a far volare cacciabombardieri da 33mila dollari l’ora e a sganciare ordigni da 22mila dollari l’uno, la guerra ha ben altro costo per Gaza», l’amara annotazione di Francesco Palmas. Numeri delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo: nel 2023, il portafoglio già misero di ogni abitante della Striscia si è alleggerito del 26%, scendendo a un terzo del valore del 2005, e i quattro quinti delle perdite sono dovuti alle distruzioni di guerra. Il reddito pro capite si è ridotto a 929 dollari l’anno e la povertà è cresciuta del 48%. La ricchezza nazionale, già misera, ha perso altri 655 milioni di dollari (-24%).

Lavoro per vivere

Oltre 182mila posti di lavoro sono andati distrutti e, a dicembre, la disoccupazione riguardava già il 79,3% degli individui. Secondo le Nazioni Unite, occorreranno decenni perché la Striscia si riprenda dallo choc dei bombardamenti, tornando ai livelli di ‘welfare’ pre 7 ottobre, già allora non invidiabili. Rapidi aiuti per sopravvivere, popolo di senza casa e Gaza un cumulo di rovine: l’80% degli edifici è distrutto o danneggiato e il sistema sanitario è al collasso, complici gli oltre 200 attacchi israeliani a ospedali, cliniche e centri di cura. Sul futuro -ancora indefinito il suo ‘Status’ futuro, spazi e libertà concesse- nessuna previsione credibile possibile.

«Le guerre sono solo terrore, morte e mal-affare anche per le economie», conclude Avvenire. In apparente contrasto con quanto ci ha svelato il Wall Street Journal nel pezzo precedente. Ma lì si parlava di economia Usa e guerra d’Ucraina in Europa. Vendere armi per guerra lontane da casa propria, è altro mercato e altra morale.

Ennio Remondino

19/2/2024 https://www.remocontro.it/

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