Perchè una legge di salario minimo?

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Nel costruire questa iniziativa di legge popolare, per cui occoreranno almeno 50000 fime certificate, abbiamo volutamente scelto di limitare il campo, non perchè non sappiamo come la questione salariale sia legata a tante altre: i livelli di occupazione,le leggi sul mercato del lavoro, la precarietà,la contrattazione e il nodo della rappesentanza, il fisco ma perché la drammaticità della questione salariale nel nostro paese rende necessaria una iniziativa precisa e concentrata sull’aumento delle retribuzioni minime a livello generale. La esperienza di anni ci dimostra che ognuna delle altre questioni ,irrisolte per scelte politiche e per rapporti di forza, complicherebbe oggi la costruzione di una proposta chiara e mobilitante, quale deve essere una proposta che si rivolge ai lavoratori e ai cittadini.

Il nostro punto di partenza, comune almeno nelle dichiarazioni ad altre iniziative di legge, ce ne sono
almeno 5 depositate in parlamento, sta nell’articolo 36 della costituzione comma primo che recita
“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.”

Un principio che proprio perché di livello costituzionale non dovrebbe ammettere deroghe, ma che nella realtà è largamente disatteso.

Come dimostrano non solo la esperienza comune, quanti conosciamo che, pur lavorando, portano a casa salari o stipendi da 600/700/800 €, al di sotto della soglia di povertà per il singolo individuo, non parliamo per una famiglia.

Rimanendo al solo mondo del lavoro, ma ovviamente dovremmo anche occuparci di chi non lavora (da cui tutta la vicenda del reddito di cittadinanza e simili), i dati sono emblematici: da uno studio UE 1 su 4 lavoratori è sotto la povertà, 1 lavoratrice su tre,1 giovane su due.

Cioè parliamo di 5 milioni di lavoratori!
E lo rilevano non solo alcune forze politiche, ma anche la Cgil che parla, pur in termini generici, di salario minimo nelle conclusioni del congresso ma anche i tribunali che cominciano a pronunciarsi contro i salari inadeguati.

D’ALTRA PARTE L’Italia è l’unico paese in cui i salari hanno perso potere di acquisto in 30 anni, -2,9 % contro gli aumenti in tutta Europa: Francia +31,1, Germania +33,7%, Spagna +6,2% per restare a quelli più paragonabili a noi.

E l’inflazione dell’ ultimo periodo aumenta questa tendenza, se neanche un terzo della inflazione è stato recuperato nel 2022 dalla contrattazione .

A fronte di questa situazione non episodica ma ormai duratura occorre dare una risposta precisa e rapida, innalzare i redditi più bassi!

Salario minimo significa la retribuzione di base per lavoratori di tutte le categorie, stabilita per legge che non può essere ridotta da accordi collettivi o da contratti privati.Una soglia sotto la quale il datore di lavoro non può scendere.

Non si tratta di disquisire in astratto sulla contrattazione o sul cuneo fiscale, ma di reagire al fatto che i salari diminuiscono e crescono contemporaneamente profitti e rendite, come rendiconta anche in questi giorni, il sole 24 ore .

Allora la nostra proposta chiede una cosa fondamentale.
Ogni lavoratore di cui all’art. 2094 c.c., visto l’art. 36, comma 1, della Costituzione ha diritto, con riferimento alla paga base oraria, ad un trattamento economico minimo orario non inferiore a 10 EURO lordi l’ora.

Cioè nessuna retribuzione può stare sotto i 10 € l’ora, lordi, cioè comprensivi di tasse econtributi.
E a pagarlo deve essere il padrone, non lo stato se no è un’altra cosa, magari giusta ma che non incide sulla distribuzione della ricchezza tra lavoro e capitale!

Abbiamo scelto il salario orario per non introdurre, come altri fanno riferendosi al trattamento complessivo, variabili come tredicesima, pdr, o altri istituti,qualcuno ci ha messo anche il welfare contrattuale per definire il livello minimo.

Perchè 10 €? Ci sono proposte che indicano 9 (5s),9,5 (Pd) o 10 (SI). Altri (ancora PD e ItaliaVivA) non scrivono un valore ma demandano a commissioni o alla contrattazione.
A noi sembra di estrema concretezza dire quale ci sembra oggi il valore del minimo per vivere, assumendolo come diritto per ogni lavoratore.

10 euro sono, equiparando all’orario standard 1700 € mensili lordi,cioè 1400 netti. Per combinazione il valore della soglia di povertà con un figlio.

La proposta indica un riferimento contrattuale per stabilire la retribuzione proporzionata e sufficiente ed è quello al contratto con il trattamento economico di miglior favore ma che rispetti il minimo di 10 € l’ora.
Mentre si conferma l’applicabilità di tutti gli istituti dei contratti applicabili.

Qui acune differenze con altre proposte la prima è che noi proponiamo un minimo che vale per tutti i lavoratori, senza distinzione di contratto e questo rafforza il concetto di unità in contrasto con spezzetamenti e divisioni che si moltiplicano con le contrattazioni disarticolate.

La seconda è che tutte le altre , per definire il minimo, si appoggiano ai contratti stipulati dalle associazioni datoriali e dei prestatori comparativamente più rappresentative dimenticando non solo la incertezza,data la storica assenza di un criterio certo per definirla (da cui i criteri variabili interpretativi della giurisprudenza) ma anche per la turbolenza che percorre la contrattazione (in Italia sono depositati al Cnel più di 1000 CCNL, di cui un terzo firmati dai confederali e fioriscono accordi, magari siglati da sindacati pesanti, che escludono, vedi Stellantis o comparti della PA, forze sindacali significative).

Per non parlare, ma è una personale osservazione, il residuale uso della democrazia e del voto dei lavoratori.

Ma c’è una ragione più concreta per cui mettiamo al centro la indicazione precisa di una cifra ed è che, anche solo restando ai contratti maggiormente rappresentativi, ce ne sono molti, che coinvolgono milioni di lavoratori, con minimi che sono ben sotto il livello di allarme.E anche contratti centrali nella storia contrattuale italiana ,come quello dei metalmeccanici, hanno livelli minimi al di sotto di quelli individuati dalla proposta.

Quelli del turismo, delle cooperative socio assistenziali, della ristorazione, del tessile, delle pulizie.
Per non parlare della vigilanza che prevede 4,60 € ora.

Cosi basso da farlo bocciare come costituzionalmente inadeguato dal tribunale di Milano.

Questo, pur con il massimo di attenzione verso la contrattazione collettiva, dimostra come il solo riferimento alla contrattazione, pur comparativamente più rappresentativa, non è garanzia di adeguatezza e va introdotto, con forza di legge, un valore di riferimento per noi i 10 euro all’ora.

A puro titolo informativo applicando le consuetudini europee che indicano il valore del salario minimo al 50-60 % del salario medio globale in italia arriveremmo ad un valore di 8.80 € ora.

La nostra proposta si applica a tutto il lavoro subordinato, pubblico e privato e il valore dei dieci euro deve essere rivalutato ogni anno, sulla base dell’indice Ipca integrale, quindi con i prodotti energetici,quello che ci pare garantisca la maggiore rappresentazione dei bisogni popolari(in particolare abitazione e beni essenziali)

Anche qui si privilegia un meccanismo automatico, memori della esperienza di chi cancellò la contingenza ipotizzando grandi sviluppi della contrattazione e che sappiamo come è finita.

Altri due punti da segnalare.
Il primo la applicabilità ai rapporti di lavoro non subordinati in particolare alle collaborazioni comprese quelle organizzate attraverso piattaforme.Lo scopo è chiaro la esecutività è complessa.

L’altro sono le sanzioni per chi non applica il salario minimo o utilizza soggetti che non lo applicano.
Sanzioni pecuniarie crescenti e pesanti ma anche l’esclusione dalle gare pubbliche e dalle agevolazioni pubbliche e il divieto di stipulare contratti a tempo determinato .
Infine è previsto il tempo di 6 mesi per l’adeguamento dei contratti i cui minimi sono sotto il trattamento minimo legale di 10 euro ora.

Partire dal salario è il primo passo per difenderlo e noi ci proviamo!

Giorgio Pellegrinelli

Dipartimento lavoro PRC/SE

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