Porsche, deforestazione made in Italy. Allarme per il bosco pugliese minacciato dal cemento

Diventa un caso politico internazionale il piano di sviluppo di Porsche per le piste di collaudo nel Salento, tra Nardò e Porto Cesareo. Il piano, che prevede l’ampliamento del circuito Nardò Technical Center con la distruzione di duecento ettari di bosco in un’area tutelata, è stato approvato dalla Regione Puglia l’estate scorsa nonostante le valutazioni negative di incidenza ambientale. I pareri negativi sono stati aggirati dichiarando il “rilevante interesse pubblico” (di cui anche l’Unione Europea chiede chiarimenti) e compensando il disboscamento con presunte opere di rinaturalizzazione su terreni espropriati ai cittadini. Dopo il ricorso al Tar che denuncia il danno ambientale irreversibile in un’area protetta, la mancata valutazione delle alternative e il mancato dibattito pubblico, il caso del bosco d’Arneo approda a Stoccarda, dove ha sede Porsche.

AUTO PULITE, PROMESSE SPORCHE
Sette consiglieri della coalizione di sinistra presentano una mozione al consiglio comunale di Stoccarda per evidenziare come l’abbattimento dell’ultimo residuo di una foresta secolare, in un’area naturalistica e paesaggistica ecologicamente significativa, contraddica gli obiettivi di sostenibilità di Porsche. Il 5 marzo il gruppo politico Sos Linke Puls Fraction di Zuffenhausen chiede che venga convocato in aula il management di Porsche per chiarire se siano state valutate alternative per attuare il piano senza intaccare il bosco e con quali argomentazioni tali alternative siano state respinte. Inoltre, le misure compensative prevedono interventi di rimboschimento su circa cinquecento ettari, ma si chiede a Porsche di specificare come verrebbe realizzata la rinaturalizzazione promessa (con quali risorse idriche, a spese di chi e per quanto tempo le giovani piante dovrebbero essere irrigate affinché almeno il novanta per cento possa sopravvivere). A sostegno della mozione, l’associazione Arge Nord Ost organizza un sit-in insieme ad altri ambientalisti locali davanti la sede di Porsche a Zuffenhausen, durante il quale i cittadini tedeschi chiedono “come sia potuto accadere che Porsche abbia ottenuto i permessi necessari”.

Le tre maggiori associazioni per la tutela della natura del Baden-WürttembergNABU, BUND e LNV, scrivono una lettera aperta al ceo del gruppo Volkswagen Blume e al ceo di Porsche Engineering Eberl per chiedere l’immediata sospensione dei piani di disboscamento, e il 15 marzo una loro delegazione è stata ricevuta dalla multinazionale. Le tre associazioni, con un totale di settecentomila membri, hanno costituito insieme al comitato Custodi del bosco d’Arneo una “Alleanza d’azione contro la distruzione dell’ambiente e della natura da parte di Porsche, a casa e all’estero”. In poche settimane la petizione tedesca raggiunge ottantaquattromila firme, che si aggiungono alle oltre quarantunomila già raccolte dal comitato. Le voci per la difesa del bosco d’Arneo arrivano nella patria di Porsche anche attraverso i media: ne hanno parlato un programma d’inchiesta di ARD Tv Mediathek su Das Erste, prima rete televisiva pubblica tedesca, i quotidiani Stuttgarter Zeitung e Süddeutsche Zeitung Magazin.

Per fare spazio alle piste di prova per auto elettriche, le “auto del futuro”, Porsche viene meno agli obiettivi di tutela della natura e del paesaggio. Le promesse di sostenibilità restano vuote frasi fatte per addobbare i protocolli aziendali. Il gruppo Porsche ha istituito un sistema di gestione della conformità ambientale e ha un consiglio interno per la sostenibilità dal 2016. “Lasciare un mondo migliore per le generazioni future: ai nostri occhi, questa è la sfida più grande del nostro tempo. La sostenibilità non è una moda passeggera, ma è saldamente ancorata alla Volkswagen come uno dei cinque principi della gestione aziendale”. Questo si legge nel rapporto sulla sostenibilità del 2022 del Gruppo Volkswagen, di cui fa parte Porsche. “La sostenibilità significa mantenere a lungo termine sistemi ecologici, sociali ed economici sostenibili a livello globale, regionale e locale”.

Villa triste

poche cose son rimaste
le domande le risposte
le bugie che mi diceste.

(Tito Schipa)

MUTISMO ASSORDANTE
Con l’approssimarsi della sentenza del Tar al ricorso depositato, il comitato, insieme a Italia Nostra e al Gruppo di intervento giuridico, inoltra alla Regione Puglia la richiesta di sospendere i lavori di ampliamento, ribadendo gli impatti ambientali drastici e irreversibili. Cittadini, enti e istituzioni del Salento sembrano però indifferenti.

Italia Nostra sollecita i comuni di Nardò e Porto Cesareo a verificare se le opere già esistenti all’interno di NTC rispettino le concessioni urbanistiche rilasciate, ma i due municipi non danno risposte, accampando la scusa che la richiesta di Italia Nostra non segnalava abusi edilizi specifici di cui accertare la regolarità (come se fosse facile guardare all’interno del perimetro dell’anello delimitato da muraglioni e filo spinato).

Legambiente (ormai nota per la solerzia a supportare conciliazioni con ogni tipo d’imprenditoria) bastano quattro mesi per cambiare idea sul piano di ampliamento di NTC: un progetto che a settembre suscitava forti perplessità, dovute all’abbattimento di “ampie aree attualmente occupate da un ecosistema boschivo unico nel suo genere”, ora diventa opportunità di proporre all’azienda una maggiore tutela ambientale. A guardare bene, però, troviamo tra i componenti dell’associazione personalità che hanno un rapporto professionale con Porsche. Mario Zambrini, ex membro del comitato scientifico di Legambiente, è socio fondatore e amministratore delegato di Ambiente Italia, società che ha redatto il rapporto ambientale presentato in sede di Vas (Valutazione ambientale strategica). Sempre Zambrini fa parte di AzzeroC02, società di cui è socia la stessa Legambiente insieme a Kyoto Club, il cui attuale vicepresidente è Francesco Ferrante, direttore generale per quasi dieci anni di Legambiente. Ferrante però è anche consulente esterno di Porsche nel progetto di espansione di NTC. Come può Legambiente mantenere spirito critico sul progetto se i suoi stessi vertici hanno rapporti d’affari con il proponente del progetto?

Basta allargare lo sguardo all’Europa perché emergano interrogativi fratelli. Un mese fa il Parlamento europeo ha approvato la proposta di legge sul ripristino della natura, la nature restoration law, ma ora l’approvazione definitiva è ostacolata da inattese posizioni contrarie, tra cui quella dell’Italia. Con questa legge, gli stati membri sono chiamati a elaborare un piano nazionale per il ripristino degli ambienti naturali volto, tra le altre cose, a migliorare la biodiversità delle foreste. Come ripristinare la biodiversità in un’area cementificata dove le specie vegetali e animali saranno già scomparse?

Distruggono il mondo in pezzettini
distruggono il mondo a colpi di martello
ma non mi importa
per me fa lo stesso.

(Boris Vian)

Arriva trionfante la presa di posizione a sostegno di Porsche degli operatori del settore turistico del versante ionico. Con una lettera aperta a pagina intera sul Quotidiano di Pugliaalbergatori e ristoratori evidenziano le ricadute positive sul territorio del programma di potenziamento di NTC e spingono per la sua attuazione. Le trenta sigle firmatarie elogiano il piano che prevede “il più ampio progetto di rimboschimento degli ultimi cinquant’anni” e regala “oltre cinquecento ettari di nuovo verde”, offrendo l’occasione di “armonizzare sviluppo industriale e conservazione ambientale, a beneficio delle nostre comunità”. Basta poco perché il massacro ambientale diventi una boccata d’ossigeno per lo sviluppo del territorio, subdolo greenwashing che dimentica come la riforestazione sia fattibile risparmiando gli ettari di bosco e le specie animali che lo abitano. È l’ennesimo ricatto: interessi privati in cambio di posti di lavoro e promesse di sviluppo, fedeli al mantra unanime “il turismo ci salverà”. Chissà se poi gli indotti del turismo fuori stagione saranno davvero in crescita, considerando che Porsche ha pianificato anche la costruzione di mense e strutture per la permanenza nella sua cittadella dell’auto. Chissà quanto è davvero ambito un posto di lavoro nell’anello, lì dove un mese fa è morto a trentasei anni Mattia Ottaviano, mentre lavorava come collaudatore. Era alla guida di una moto che ha preso fuoco scontrandosi con un’auto durante un test, era sotto contratto con una società esterna che lo pagava molto meno della norma per la mansione per la quale lavorava.

“Capire l’uso capitalistico dell’arretratezza significa capirne la sostanza politica, […] l’uso politico ai fini di dominio di classe che di essa viene fatto”. Sono passati più di cinquant’anni da Stato e sottosviluppo di Ferrari Bravo e Serafini, eppure è ancora necessario parlare di arretratezza, non in termini oggettivistici, del tipo “reddito medio pro capite”, “reddito prodotto”. “Essa è, prima di tutto, arretratezza organizzativa e politica della classe operaia delle zone sottosviluppate, incapacità di ostacolare effettivamente, da parte proletaria, lo sviluppo capitalistico, le sue ragioni, le sue esigenze, incapacità di scindere i propri interessi di classe da quelli dello sviluppo della società capitalistica, di riaffermarli continuamente contro quello sviluppo”.

TETTI RAMPANTI
Porsche pare prendere esempio da Tesla, la casa automobilistica californiana di Elon Musk. Quattro anni fa Tesla disboscava novantadue ettari di foresta a Grünheide, vicino Berlino, per fare spazio alla fabbrica di auto elettriche e il governo del Brandeburgo aveva scavalcato l’opposizione popolare per permetterlo. Ora Tesla vuole espandersi per oltre centoventi ettari nell’area naturale adiacente alla fabbrica con ulteriori danni alle foreste e alla salute dei cittadini (la gigafactory è infatti costruita in un’area di protezione delle falde acquifere). La popolazione locale ha votato contro il progetto e da fine febbraio un centinaio di ambientalisti hanno occupato la foresta destinata alla distruzione, costruendo case sugli alberi per boicottare l’espansione. Anche qui le autorità locali pongono l’accento sulle opere che Tesla realizzerebbe a favore della comunità e sull’ecosostenibilità dell’azienda di e-car. Attori e sfondi apparentemente diversi ma la lotta tra capitalismo globale ed ecosistemi locali resta immutata, quanto la questione di ciò che conta come sostenibile e di chi lo decide. (chiara romano)

Siamo figli dell’epoca,
l’epoca è politica. […]
Ciò di cui parli ha una risonanza,
ciò di cui taci ha una valenza
in un modo o nell’altro politica.
Perfino per campi, per boschi
fai passi politici
su uno sfondo politico.

(Wislawa Szymborska)

26/3/2024 https://www.monitor-italia.it/

Immagine: archivio disegni napolimonitor

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