Produttività e profitto VS lavoro sicuro
Dalle prime indagini sembrerebbe che il macchinario che ha ucciso Luana D’Orazio, la ventiduenne morta sul lavoro in provincia di Prato, fosse privo delle adeguate protezioni. Non ci vuole molto a formulare questa ipotesi anche senza andare sul posto: i macchinari ben progettati e costruiti e ben mantenuti, non uccidono.
A me non piace
commentare i singoli infortuni senza conoscerne con certezza le
dinamiche ma questa tragica vicenda ci ricorda che in Italia, molto
spesso, gli infortuni e le morti sul lavoro sono legate all’utilizzo di
macchinari e impianti tutt’altro che all’avanguardia, con sistemi di
sicurezza assenti o inadeguati.
Ma l’uso di tecnologie obsolete non
giustifica affatto la scarsa sicurezza, dal momento che è preciso dovere
del datore di lavoro l’adeguamento di attrezzature e impianti alle più
recenti norme di sicurezza.
Rischio di essere noioso, ma va detto ancora una volta che questa questione si inserisce nella logica del modello produttivo del nostro Paese che compete sui bassi costi di produzione agendo sulla limitazione dei diritti, la compressione dei salari, mantenendo bassi gli investimenti e con l’intensificazione dei ritmi di produzione e l’allungamento dei tempi di lavoro.
Ognuno di quegli elementi di compressione dei costi costituisce un fattore di rischio per la sicurezza dei lavoratori: limitando le possibilità di rivendicare il diritto all’incolumità e alla tutela della salute da parte dei lavoratori, per la minore attenzione che si riesce a prestare nell’esecuzione delle operazioni a causa della fatica fisica e mentale, per la carenza di sistemi e procedure di prevenzione e protezione, per l’assenza di una adeguata valutazione dei rischi ed una corrispondente progettazione della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Provate a mettere insieme questi elementi e il rischio di infortunarsi lavorando ad un macchinario sarà dietro l’angolo, il rimanerne uccisi sarà un’ipotesi da mettere sempre in conto.
Questi fattori di rischio si rintracciano o si notano soprattutto nelle imprese di piccole dimensioni ma la rincorsa criminale alla produttività non assolve affatto ed anzi coinvolge anche le imprese più grandi, nel momento in cui impongono, attraverso esternalizzazioni e subappalti, una competizione tutta giocata sulla compressione dei costi; e coinvolge la politica, che è responsabile, con i suoi provvedimenti, di incentivare la limitazione dei diritti e dei salari dei lavoratori, e attraverso la politica economica e sociale di promuovere compromessi al ribasso per i lavoratori e una struttura produttiva a basso valore aggiunto.
Al lavoratore, nel frattempo, viene chiesto da ogni parte di dare sempre il massimo, di essere sempre disponibile, anche puntandogli contro l’arma del ricatto salariale e occupazionale, cioè mettendolo di fronte alla scelta tra l’accettare la probabilità di un incidente anche gravissimo e la possibilità di ritrovarsi senza salario.
La morte a causa di lavoro, in questo sistema, è perciò un rischio calcolato, per usare un termine in voga in questo periodo. E per questo è un sistema criminale. Morti e infortuni sono messi in conto. La produttività e il profitto sono le variabili indipendenti. “E se qualcuno muore, pazienza”.
Carmine Tomeo
5/5/2021
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