Quando Ciampi salvò il Servizio sanitario nazionale.

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Il 1992 fu un anno disastroso per l’economia italiana e per i suoi conti pubblici. Per conseguire il pareggio di bilancio il governo di allora, presieduto da Giuliano Amato, varò una manovra finanziaria da 100 mila miliardi di lire, la più importante dal dopoguerra, che prevedeva fra l’altro il prelievo forzoso del 6‰ dai conti correnti delle banche italiane, eseguito (all’insaputa dei correntisti) nella notte di venerdì 10 luglio 1992 e legittimato con decreto d’urgenza pubblicato alla mezzanotte tra il 10 e l’11 luglio. A ciò si aggiunse l’uscita della lira dallo Sme (il Sistema monetario europeo, che legava le valute partecipanti a una griglia di cambio predeterminata) e la svalutazione della moneta nazionale che sarà del -32,2% contro dollaro e del -29,8% contro marco tedesco.

La crisi dei conti pubblici non risparmia la sanità: nel 1991 si segnala un consistente divario tra stanziamenti del Fondo sanitario nazionale (82 mila miliardi di lire) e la spesa rendicontata dalle Regioni, con un disavanzo che raggiunge gli 11 mila miliardi di lire, e che comporterà nell’anno successivo, il 1992 appunto, un ripiano di 5.600 miliardi di lire[1]. Inoltre si registra un incremento della spesa sanitaria pro-capite di oltre il 50% nel periodo 1985-1991[2], legato a una serie di fattori: l’aumento dell’offerta sanitaria e dei bisogni di assistenza, anche in relazione alla transizione demografica e epidemiologica, l’introduzione di nuovi farmaci e nuove tecnologie, ma anche gli scarsi controlli sulla spesa, gli sprechi, i clientelismi e la corruzione pervasiva (come rivelerà l’inchiesta di Mani pulite).

Riguardo alla spesa sanitaria di quel tempo nel confronto internazionale, l’Italia si trova in una posizione mediana: ampiamente superata da Germania e Francia (per non parlare degli USA) e più in alto rispetto a Gran Bretagna e Spagna (Tabella 1)

Tabella 1. Indicatori di spesa sanitaria. Italia e altri paesi selezionati. 1992
Spesa sanitaria totale pro-capite $ PPP Spesa sanitaria totale come % del PIL Spesa sanitaria pubblica come % della spesa sanitaria totale
Italia 1.406 7,1 80,8
Germania 1.908 9,0 81,4
Francia 1.589 9,0 75,9
Gran Bretagna 1.079 6,0 83,8
Spagna 992 6,7 77,1
USA 3.144 12,2 43,1

Fonte, OECD Health Data, 2016.

È in questo contesto di gravi difficoltà finanziarie e di crisi politica che nel dicembre del 1992 – sotto il governo di Giuliano Amato – viene approvata la prima legge di riordino del Servizio sanitario nazionale (Decreto legislativo 502/92, del 30.12.1992). Si tratta di un provvedimento che riforma profondamente la legge istitutiva del SSN, la L. 833 del 1978.  Il punto decisivo del cambiamento lo si trova all’articolo 1 della L. 502, dove si legge: “L’individuazione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza assicurati dal  Servizio  sanitario nazionale,  per  il  periodo  divalidità   del   Piano   sanitario    nazionale,    è    effettuata contestualmente all’individuazione   delle   risorse    finanziarie destinate  al  Servizio  sanitario  nazionale,  nel  rispetto   delle compatibilitàfinanziarie definite per l’intero sistema  di  finanza pubblica nel Documento di programmazione  economico  finanziaria”. Viene per questo radicalmente modificato il meccanismo di finanziamento del sistema sanitario: i fondi alle Regioni vengono erogati in relazione al numero degli abitanti (quota capitaria) e non più sulla “spesa storica” e il “piè di lista”.  La responsabilità del pareggio di bilancio viene attribuita alle Regioni e i Comuni vengono privati di ogni competenza e responsabilità in campo sanitario.

Il secondo punto fondamentale del riordino è la trasformazione delle Usl in aziende (Art. 3. 1-bis. In funzione del perseguimento dei loro fini  istituzionali, le  unità  sanitarie  locali  si  costituiscono   in   aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale.). Anche qui, rispetto alla L. 833/78, si assiste a un cambiamento radicale: l’organo collegiale di governo (Comitato di gestione) viene sostituito da una figura monocratica (Direttore generale); è prevista la separazione dalle Asl degli ospedali maggiori, che si costituiscono in aziende autonome che vengono remunerate a prestazione; si stimola l’ingresso del mercato nel settore sanitario, lo sviluppo della competizione tra pubblico e privato e anche all’interno dello stesso settore pubblico.

Questo secondo aspetto è invece legato al contesto globale, alla vittoria del neo-liberismo e all’affermazione dell’idea della salute come merce e della sanità come fonte inesauribile di profitto. In un articolo di Lancet del 2001 si legge al riguardo: “Negli ultimi due decenni, la spinta verso riforme dei sistemi sanitari basate sul mercato si è diffusa in tutto il mondo, da nord verso sud, dall’occidente all’oriente. Il “modello globale” di sistema sanitario è stato sostenuto dalla Banca Mondiale per promuovere la privatizzazione dei servizi.   (…) Questi tentativi di minare alla base i servizi pubblici da una parte rappresentano una chiara minaccia all’equità nei  paesi con solidi sistemi di welfare in Europa e Canada,  dall’altra costituiscono un pericolo imminente per i fragili sistemi per i paesi con medio e basso reddito”[3].

Proprio in quest’ottica uno dei principali leader del neo-liberismo di quel tempo, la britannica Margaret Thatcher nel 1991, varò una legge di riforma sanitaria da cui il governo Amato trasse non poche ispirazioni, tra cui quella dell’aziendalizzazione della sanità e della separazione degli ospedali dalle Asl[4].

Ma la novità più sconvolgente delle L. 502/92 è anche quella meno nota: si trova all’articolo 9 dal titolo “Forme differenziate di assistenza”, che prevedeva “l’affidamento a soggetti singoli o consortili, ivi comprese le mutue volontarie, della facoltà di negoziare, per conto della generalità degli aderenti o per soggetti appartenenti a categorie predeterminate, con gli erogatori delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale modalità e condizioni allo scopo di assicurare qualità e costi ottimali. L’adesione dell’assistito comporta la rinuncia da parte dell’interessato alla fruizione delle corrispondenti prestazioni in forma diretta e ordinaria per il periodo della sperimentazione”.

Articolo sconvolgente si diceva, perché prefigura la creazione di un sistema sanitario parallelo e alternativo al servizio sanitario nazionale, in mano alle assicurazioni e alle mutue volontarie, e che di fatto sancisce la fine del sistema sanitario unitario e universalistico introdotto con la L. 833/78.

Articolo sconvolgente, ma pochissimo noto, perché (fortunatamente) non è stato mai applicato. Infatti quell’articolo fece la fine del suo artefice, il Ministro della sanità del governo Amato, Francesco Di Lorenzo (Partito Liberale). Di Lorenzo fu spazzato via dallo scandalo di Tangentopoli, subendo una condanna definitiva (5 anni) per associazione a delinquere finalizzata al finanziamento illecito ai partiti e corruzione in relazione a tangenti per un valore complessivo di circa quattro miliardi di lire, in parte ottenute da industriali farmaceutici dal 1989 al 1992, durante il suo ministero.

Anche per questo, nell’aprile 1993 il governo Amato si dimise e fu sostituito dal  governo presieduto da Azelio Ciampi (Ministro della sanità, Maria Pia Garavaglia). Il nuovo governo decise di mettere subito mano alla L. 502/92, con lo scopo principale di eliminare l’art. 9. Per questo fu varato un nuovo decreto legislativo, N. 517/93, del 7 dicembre 1993, in cui quel nocivo articolo fu rimosso e sostituito con un altro dedicato a Forme integrative di assistenza sanitaria (“Fondi integrativi sanitari finalizzati a fornire prestazioni aggiuntive rispetto a quelle assicurate dal Servizio sanitario nazionale”), vedi nota finale.

Tra gli innumerevoli motivi per cui dobbiamo essere enormemente grati al Presidente Ciampi c’è indubbiamente anche questo: aver salvato i principi su cui era stato fondato il Servizio sanitario nazionale.     

Naturalmente i nostalgici dell’art. 9 di Di Lorenzo non mancano, anzi probabilmente sono molto più numerosi di quanto si possa pensare, ma non escono allo scoperto. Per ora.

Nota Finale. Decreto Legislativo 517/93

ARTICOLO 9.  FORME INTEGRATIVE DI ASSISTENZA SANITARIA

  1. Possono essere istituiti fondi integrativi sanitari finalizzati a fornire prestazioni aggiuntive rispetto a quelle assicurate dal Servizio sanitario nazionale. Le fonti istitutive dei fondi integrativi sanitari sono le seguenti: a) contratti e accordi collettivi, anche aziendali, ovvero, in mancanza, accordi di lavoratori, promossi da sindacati firmatari di contratti collettivi nazionali di lavoro; b) accordi tra lavoratori autonomi o fra liberi professionisti, promossi da loro sindacati o associazioni di rilievo almeno provinciale; c) regolamenti di enti o aziende o enti locali o associazioni senza scopo di lucro o società di mutuo soccorso giuridicamente riconosciute. Il fondo integrativo sanitario, autogestito ovvero può essere affidato in gestione mediante convenzioni con società di mutuo soccorso o con impresa assicurativa autorizzata. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, con regolamento emanato dal Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sono dettate disposizioni relative all’ordinamento dei fondi integrativi sanitari. Il regolamento disciplina: 1) le modalità di costituzione, in linea con i principi fissati dall’articolo 4, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124; 2) la composizione degli organi di amministrazione e di controllo; 3) le forme di contribuzione; 4) le modalità della vigilanza facente capo al Ministero della sanita; 5) le modalità di scioglimento. Le società di mutuo soccorso giuridicamente riconosciute che gestiscono unicamente fondi integrativi sanitari sono equiparate ai fondi sanitari di cui al presente articolo.

Bibliografia

  1. Censis. Rapporto sulla situazione sociale del Paese. Franco Angeli, 1992, p. 304
  2. Ibidem, p. 326
  3. Whitehead M, Dahlgren G, Evans T. Equity and health sector reforms: can low-income countries escape the medical poverty trap? Lancet 2001; 358: 833-36.
  4. Maciocco G. Politica, salute e sistemi sanitari. Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2009, p. 148.

Gavino Maciocco

19/9/2016 www.saluteinternazionale.info

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