Requiem per un’illusione

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In questi giorni bui e tristi si fa un gran parlare di occidente e in particolare di “valori occidentali”. Si deduce, in genere, senza che venga esplicitato , che i valori occidentali siano sopratutto democrazia e libertà; pare che questi valori si possano dispiegare solo nel modello economico del capitalismo e del neo liberismo, casualmente caratteristici dei paesi “occidentali”.

Questo scontro di civiltà tra “occidente” e “non- occidente” , fino alla dissoluzione dell’Urss corrispondeva a una contrapposizione capitalismo- socialismo ( pur ricordando che il non – occidente comprende anche modelli politici ed economici diversi, riconducibili al colonialismo e quindi di nuovo all’occidente ).
Identificare il capitalismo come civiltà o come barbarie può sembrare una presa di posizione ideologica, ma certamente negli ultimi anni anche le menti meno sensibili al socialismo, se funzionanti, dovrebbero aver elaborato un certo scetticismo nella formula capitalismo = civiltà.

Nel nostro paese, ad esempio, dopo un momento in cui l’ubriacatura del consumo ha annebbiato le coscienze, dopo l’ingresso in Europa, dopo le crisi economiche internazionali, abbiamo cominciato a vedere sulla nostra pelle che l’Europa non è una dolce mammina e che quando le cose vanno male nei mercati oltreoceano per noi sono dolori. In Italia poi, gli sventurati hanno scelto di farsi rappresentare e guidare dal fior fiore della politica, estromettendo dal parlamento tutte le forze anticapitalistiche che in passato hanno rappresentato un argine alla barbarie. Così, lentamente prima e poi con notevole accelerazione il capitalismo si è “ evoluto” assumendo tratti sempre più pericolosi.

Neo liberismo, globalizzazione e il “ socialismo dei ricchi” alla base dei trattati europei hanno reso il mondo un unico grande mercato, in cui gli individui, e gli Stati, sono funzionali al capitale, nella veste di produttori e di consumatori. Dopo la seconda guerra mondiale, nell’occidente liberale e sviluppato si è generata l’idea di un sistema sicuro, in crescita, permeato di benessere e libertà individuali, democratico, avanzato, il migliore dei mondi possibile, come si suol dire.

In questa parte del mondo molti (non tutti) hanno vissuto come in un luna park, pensando di aver conquistato la pace perpetua, il benessere materiale, il diritto al consumo illimitato, la completa libertà di espressione. Come il viscido Omino di burro del Paese dei balocchi, il capitale ha predisposto un mondo “ da bere” coccolando e assecondando le più infantili pulsioni individualistiche (è tutto mio, tutto qui a mia disposizione, gli altri miliardi di esseri umani e gli altri esseri viventi del pianeta non contano niente. Io, io, io- e i miei- stiamo a posto ). Nessun freno, nessuna autoregolazione, nessun rispetto per l’ambiente, per le risorse, per gli animali, per chi produce quello che consumiamo, per il lavoro altrui. Solo il sistema capitalista, sempre più spinto, può realizzare questo paradiso in terra, ma non per tutti, naturalmente. Ma se siamo tra quelli che godono, va bene così. È il vantaggio di essere occidentali. Dall’altra parte, il gelido e austero comunismo, che priva di tutto, di ogni agio ed ogni libertà. Il luna park contro il collegio. A furia di questa “ narrazione” non del tutto veritiera, come ben sanno tutti i Pinocchio e i Lucignolo, dopo la disgregazione del blocco sovietico, si è diffusa una crescente corsa verso il miraggio del mondo “libero e felice ” da parte dei paesi in cui il comunismo andava esaurendosi. Intanto, accanto alle disillusioni di chi, nel passaggio da una sfera d’influenza all’altra non ha tratto chissà quale vantaggio, i più fortunati, gli europei cresciuti a pane e Usa, hanno via via visto complicarsi le faccende, tra una crisi economica e l’altra, tra delocalizzazioni e privatizzazioni, con lo sfaldamento progressivo dello stato sociale dettato dai vincoli dell’Unione Europea.

Nel nostro paese la qualità della vita è peggiorata , il futuro si è fatto sempre più cupo, si è poveri pur lavorando, non si può andare in pensione ed i figli sono destinati a stare peggio dei genitori, si tolgono risorse a scuola e sanità pubbliche, non esistono più politiche abitative. A cosa si riduce oggi il nostro benessere ? E quanto è democratico un paese in cui l’ astensionismo è altissimo, la partecipazione attiva dei cittadini alla politica è bassa, i sindacati sono in crisi e i governi sempre più spesso tecnici ? E di quale libertà si parla, se non esistono realmente le pari opportunità oltre al genere, anche relative ai territori ? Se esistono squilibri territoriali fortissimi, nei servizi, nelle scuole, nelle opportunità lavorative?

Quale libertà si esercita se non si può pianificare la propria vita perché il lavoro non si trova ? Quale libertà concrete, sul piano dei diritti civili, nella vita e nella morte? La libertà d’espressione dovrebbe valere sempre, ma quando si contesta il potere, o si rivendicano diritti, scatta la repressione. Ne sanno qualcosa gli attivisti notav , i lavoratori che lottano per il posto di lavoro, gli studenti. La democrazia è limitata alla scelta tra il male minore, alle istanze proletarie è negata la rappresentanza. Il consumismo che ci si può ancora permettere è limitato a merci scadenti, con alto tasso di sfruttamento di altri lavoratori. La libertà di pensiero presuppone l’esistenza di pensiero critico, fortemente disincentivato; la libertà di espressione vale solo quando non si esprimono tesi “pericolose”.

Con la guerra in Ucraina, è caduto l’ultimo brandello di sicurezza. Finora, le numerose guerre – dette missioni di pace – lontane da casa , hanno prodotto qualche funerale di stato, qualche commozione nazionale ma sono rimaste circoscritte agli “ addetti ai lavori”. Questa volta è molto diverso, non solo per la vicinanza, dal momento che il nostro pesante coinvolgimento nei bombardamenti della vicinissima Jugoslavia è passato abbastanza sottotraccia, il Donbass non ha suscitato particolare clamore mediatico e via di seguito. Oggi, invece, la questione Ucraina , ci pone in una situazione molto diversa, non tanto per la collocazione geografica, ma perchè, in un momento di grande stravolgimento degli assetti economici delle grandi potenze ( avanzata della Cina, decadenza degli Usa e dell’Europa ) il futuro ( se ci sarà un futuro) appare molto meno occidente-centrico.

Da qui la necessità, per la Nato, braccio armato degli Usa, di segnare dei punti, determinando il progressivo accerchiamento della Russia utilizzando ovviamente l’Europa dell’Est , e l’Ucraina in particolare, da un lato armandola subdolamente, dall’altro assecondandone le aspirazioni europeiste. Con molte ombre su laboratori biologici e su qualità e quantità degli armamenti disposti negli scorsi mesi o anni, si è esercitata questa operazione di trascinamento dell’Ucraina e della Russia in una pericolosissima tenzone culminata, a fine febbraio, nell’invasione armata da parte della Russia.

Si tratta, evidentemente di un livello di scontro molto pericoloso, sia per la minaccia nucleare, sia per la contrapposizione netta tra “ sfere d’influenza”, che non sono più , però quelle della guerra fredda che hanno dominato per anni i nostri incubi. L’Urss non esiste più, Putin non è comunista, la Russia e le varie ex repubbliche socialiste hanno adottato modelli economici ed anche culturali assimilabili al nostro (la Cina meriterebbe un discorso a parte ) . tuttavia, la polarizzazione dell’opinione pubblica cui si assiste in queste settimane, la “ narrazione” che viene propagandata e strombazzata da tutti i media , giornali, social continua ad opporre i valori occidentali che dovrebbero essere garantiti all’Ucraina, all’oscurantismo dittatoriale ed efferato dei rossi russi. Incredibilmente, la condanna del mostro sovietico (!), sulla scia di una reazione emotiva francamente mai vista prima, per orrori analoghi o anche peggiori perfino da noi perpetrati, impedisce e mette al bando ogni analisi del contesto. Per cui, se si invoca la pace, si è filoputiniani.
La resistenza ucraina deve essere sostenuta, e il nostro governo ha preso e sta prendendo decisioni molto gravi in merito, senza tanti scrupoli costituzionali. Chi dissente, chi si oppone a interventi armati , sta col mostro. I paladini della giustizia e della libertà, i difensori degli oppressi ( non tutti però, solo questi ) fremono per ristabilire l’ordine.

In questo clima assurdo, di doppia morale, o forse di nessuna morale, in cui ci sono profughi e profughi, gli uni da ricacciare indietro per mare o per terra, da ignorare completamente e gli altri da accogliere, proteggere, salvare, legalizzare, il paese si divide tra buoni e cattivi, eroi ed egoisti, democratici e, udite udite, comunisti. In un delirio sapientemente condotto, i governanti democratici , liberi e belli, fanno la voce grossa, impegnano risorse, commutano sanzioni, cancellano corsi universitari, censurano, escludono atleti, ripudiano scrittori, rimuovono Marx e Gagarin, il mite Gagarin, colpevole di essere stato russo, da vivo. Un ignobile tentativo di cancellare ed oscurare , un genocidio culturale per punire quello che il virtuoso occidente fa da sempre, nei modi più disparati, con le bombe e senza bombe. Se non è follia questa…

E il popolino, istruito da intellettuali d’accatto e giornalisti prezzolati, si avvia ad accogliere con fervore umanitario quella che sarà, nel migliore dei casi, una tragedia estesa e duratura. Nel peggiore, la fine dell’umanità. Peggiore dal punto di vista dell’umanità, perchè il pianeta, probabilmente, si scrollerà di dosso, nel giro di qualche centinaia di anni questo ammasso di DNA inutile e cattivo che siamo diventati, insieme alle nostre fantastiche invenzioni e ai nostri rifiuti, e tornerà a splendere meravigliosamente, forse per ricominciare.

Che fare, quindi ? Da comunisti -non putiniani- possiamo solo cercare di dare una lettura diversa sulle cause , gli obiettivi e le conseguenze di questa guerra e di un suo malaugurato allargamento. Cause ed obiettivi tutti interni al capitalismo, che ora vede scontrarsi potenze economiche tra loro, e sempre, naturalmente ,ai danni della classe lavoratrice e dei popoli di ogni paese coinvolto, direttamente o no.

La catastrofe nucleare, stile Hiroshima forse non è nelle intenzioni delle parti contendenti, ma non bisogna dimenticare che il “progresso” ha consentito un assortimento di armamenti vario e ampio, e per distruggere una città, un popolo, un paese, esistono molti modi. E distruggere localmente genera anche profitto, a saperlo fare. Di certo, pagheremo in termini di miseria garantita, di arretramento sociale, di aumento delle tensioni, della criminalità, qualunque siano gli esiti di un conflitto, di certo, assisteremo a un aumento dei nazionalismi, forieri di altre guerre. E non sarà certo per la minaccia comunista . Questa è l’ora del disincanto, la fine dell’ illusione eurocentrica, ma non si sa se e cosa potrà iniziare.

Loretta Deluca

Insegnante. Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute

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