Roma in corteo, «non possiamo pagare mille euro al mese, per questo le case ce le siamo prese»

Non si tratta di trovare 200 case per liberare due palazzi occupati, ma metterne in campo 60mila per affrontare l’emergenza che riguarda le occupazioni, gli sfratti, i pignoramenti, le liste delle assegnazioni.

I Movimenti per il diritto all’abitare insieme ai sindacati conflittuali chiedono un piano straordinario per l’abitare che metta in campo progetti e risorse adeguate.  Solo a questa condizione sono disposti a sedersi a tavoli di trattativa.

Un lungo corteo si è mosso dall’Assessorato alla Casa del Comune di Roma per raggiungere la Regione Lazio. “Un piano straordinario per l’abitare…Ora!” era lo striscione di apertura, dietro al quale sfilavano tutte le occupazioni sotto sgombero, il sindacato Asia Usb, gli studenti e le studentesse dell’OSA, gli attivisti e le attiviste della Laboratoria Berta Caceres, da poco vittime di uno sgombero dalla struttura che avevano occupato, gli abitanti dei Piani di Zona e tanti e tante che una casa non riescono ad averla.

L’ultimo piano di interventi di sgombero degli immobili occupati stilato dalla Prefettura era del luglio del 2019. La crisi sanitaria però aveva determinato la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti fino a settembre del 2020, scadenza poi prorogata al 31 dicembre dello stesso anno.

Pochi giorni fa è intervenuta una novità. Il prefetto Matteo Piantedosi ha firmato il provvedimento che aggiorna la lista degli interventi di sgombero per «accelerare il processo di ripristino della legalità dando esecuzione con cadenza trimestrale ai provvedimenti di sgombero».

Sono 29 gli edifici da riportare alla “legalità”, fra cui compare anche l’immobile di via Napoleone III occupato dal 2003 da Casa Pound, di proprietà dell’Agenzia del Demanio, che non era in lista anche se a più riprese si era parlato dello sgombero di quella struttura.  

Occupa la prima posizione della lista l’immobile di via Prenestina 913, che apriva il corteo,  seguito da Villa Fiorita di via di Torrevecchia 156 e dall’occupazione di via delle Province 196. Nei  tre immobili abitano 200 famiglie alle quali si dovrà trovare una sistemazione. 

Quelle occupazioni però non sono solo case, ma molto di più. Il MAAM è da dieci anni un museo, che ospita una grande quantità di opere d’arte contemporanea.

All’interno del palazzo di via delle Province è stata creata la biblioteca Mondo piccolo, con circa 15mila volumi, a disposizione dei bambini che vivono nell’occupazione, ma anche dei loro compagni di scuola del quartiere.

Così come Spin Time Labs, inserito nella nuova lista, l’immobile di via Santa Croce in Gerusalemme  di proprietà di Invesire SGR SpA  è molto di più che la casa di 500 persone. Oltre agli sportelli sociali negli anni sono nate la falegnameria, l’osteria, la sala concerti che ospita un’orchestra sinfonica di 30 elementi e un collettivo di teatro.

«Tutta questa ricchezza che è stata costruita può essere cancellata oppure rappresenta un valore al quale la città non può rinunciare?» si chiede Andrea Alzetta di Action che ha ricordato come «Porto Fluviale, Spin Time, MAAM Metropoliz oltre a dare una risposta abitativa per chi ci vive, costruiscono relazioni, welfare comunitario, accesso alla cultura per garantire una vita più dignitosa nella città».

C’è una novità però. È un’importante sentenza emessa dal Consiglio di Stato il 16 marzo, che afferma che per procedere agli sgomberi si deve garantire i livelli essenziali di assistenza alle famiglie interessate dal procedimento e non esclusivamente i diritti della proprietà.

La legge 132 del 2018, alla quale fa riferimento la sentenza, prevede che «Il prefetto, qualora ravvisi  la  necessità  di  definire  un piano delle misure emergenziali necessarie per la tutela dei soggetti in situazione di  fragilità  che  non  sono  in  grado  di  reperire autonomamente una sistemazione alloggiativa alternativa,  sentito  il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, istituisce una cabina di regia incaricata di provvedere nel termine  di  novanta giorni. Della cabina di regia fanno  parte,  oltre  a  rappresentanti della prefettura, anche rappresentanti della  regione  e  degli  enti locali interessati, nonché degli  enti  competenti  in  materia  di edilizia residenziale pubblica».

Un tavolo in effetti è al lavoro per mettere a punto un piano per trovare sistemazione alle famiglie che saranno sgomberate. In tutte le situazioni si torna a parlare di fragilità e non di diritti negati. Da anni non esiste più una politica di edilizia pubblica, che consenta l’accesso alla casa a ogni individuo.

Centinaia di famiglie si troveranno in mezzo alla strada con gli sgomberi programmati se non si troveranno soluzioni per consentire il passaggio da casa a casa come è avvenuto per l’occupazione di via Caravaggio, anche se a quelle famiglie è stato annunciato che la loro sistemazione non era, come pensavano, definitiva. Così come per gli sgomberati di Cardinal Capranica che si vedono rifiutare la residenza dai Municipi perché l’assegnazione dell’alloggio è per due anni e non definitiva.

La mancanza di una residenza non consente di avere accesso ai servizi e ricorda Paolo Di Vetta «spinge le persone a commettere il reato di indicare una falsa residenza , pagando chi mette a disposizione un indirizzo» e conclude «l’articolo 5 in questa città non deve esistere più».

I Movimenti per il diritto all’abitare continuano a chiedere che si avvii un piano di acquisizione di immobili che a Roma ci sono e sono vuoti, nel patrimonio disponibile o in quello degli enti. Un piano che consenta di trovare soluzioni strutturali non solo per chi vive nelle occupazioni, ma anche a tutti coloro che sono sotto sfratto o in graduatoria in attesa di un’assegnazione.  

«Servono 60mila alloggi e non 200 case per Province e Villa Fiorita – dichiara Paolo DI Vetta – per evitare conflitti fra chi è in graduatoria da anni e chi ha occupato immobili vuoti. Non si tratta di trovare una casa qui e una casa là, ma costruire un programma che garantisca una soluzione duratura. Noi non usciremo dalle nostre occupazioni finché non saranno messi sul piatto i 60mila alloggi che servono per un piano straordinario che risolva il problema una volta per tutte».

Non sono solo gli enti locali a dover fare la loro parte, ma della materia dovrebbe occuparsi il Governo. Il tema dell’edilizia residenziale pubblica deve tornare al centro del dibattito politico e bisogna aggiornare la legislazione in materia. Il PNRR poteva rappresentare l’occasione per avviare questo programma e invece non è avvenuto.

Nunzio D’Erme, occupante di via Bibulo e sindacalista USB, ricorda come perfino l’ONU, al quale si erano rivolti per segnalare la questione degli sfratti, abbia interpellato il Presidente del Consiglio e il Ministero dell’Interno per chiedere chiarimenti sulle modalità utilizzate.

«Devono trovare palazzi veri, non sbattere le persone  a Acilia, a Santa Palomba, a Nettuno, a Aprilia o a Rocca Cencia sulle discariche. Ci sono i soldi per acquisire palazzi, valorizzando quello che c’è, magari espropriando i grandi proprietari immobiliari di questa città. Poi si parla di oligarchi, anche noi abbiamo i nostri oligarchi. Del Vecchio, Benetton, Caltagirone non sono oligarchi? A loro dobbiamo togliere le case.  Il movimento di lotta per la casa si deve unire ai lavoratori, agli studenti, ai precari, ai disoccupati, a chi si organizza per cambiare questa città.”

Poi indicando lo schieramento di polizia che circonda il palazzo della Regione dice “ Il governo Draghi ha tagliato le risorse per gli ammortizzatori sociali, per la scuola, la sanità mentre ha aumentato la spesa militare e per chi protesta la risposta sono i carabinieri».

La manifestazione si conclude con l’annuncio di aver ottenuto due appuntamenti molto importanti. Il 28 aprile finalmente si siederanno intorno allo stesso tavolo la Regione, il Comune insieme ai rappresentanti dei movimenti e i sindacati. Mentre il 3 maggio ci sarà l’incontro con il sindaco Gualtieri.

Rossella Marchini

15/4/2022 https://www.dinamopress.it

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