Scandalo dei ‘diplomifici’ o scandalo delle scuole private?

Dal “Corriere” a “Repubblica” è una sola la voce di condanna che si leva in questi giorni contro lo “scandalo” dei diplomifici napoletani denunciato dall’inchiesta “Maturità: Il boom dei diplomi facili” di “Tuttoscuola”. Il “formidabile dossier” (per usare la definizione usata dal “Corriere” per definire l’inchiesta della nota rivista scolastica) rivela che nelle 82 scuole paritarie dell’area vesuviana e delle province limitrofe (Caserta e Salerno) risultano 23.000 iscritti al solo quinto anno. A livello nazionale, nei sei anni che vanno dal 2015-16 al 2022-23 l’incremento di iscritti registrati nelle scuole paritarie tra il quarto e il quinto anno delle superiori è stato di 166.314 (dai 125.998 iscritti al quarto ai 292.312 al quinto: +132%): di questi 166 mila, circa 105 mila riguardano istituti paritari della Campania, pari ad un incremento del 691%.

Un ruolo decisivo nell’organizzazione di questo sistema truffaldino è giocato dalle cosiddette “scuole-ponte”: scuole private sparse nelle varie regioni, collegate con le scuole paritarie, che assicurano a queste ultime gli iscritti, che vengono seguiti durante l’anno, e che alla fine indirizzano gli studenti verso i diplomifici dove andranno a sostenere l’esame di idoneità e poi l’esame di maturità.
“Tuttoscuola” lamenta lo smantellamento della figura degli ispettori scolastici e l’assenza di adeguati controlli, ricordando che “Negli anni novanta dello scorso secolo gli ispettori erano 696. Ne sono rimasti in servizio soltanto 24 titolari, alcuni dei quali prossimi alla pensione, ai quali si aggiungono 59 dirigenti tecnici con incarichi triennali. […] Dovrebbero vigilare su circa 8 mila istituzioni scolastiche statali (che gestiscono 40.466 scuole o “punti di erogazione del servizio”) e circa 12 mila scuole paritarie. 83 ispettori per 20 mila scuole”.

Se, almeno in apparenza, appare unanime la condanna di quanto emerso dall’inchiesta di Tuttoscuola, che in verità non ha fatto che confermare con l’aiuto di dati aggiornati quanto più volte emerso dalle indagini degli ispettori dello stesso Ministero negli ultimi anni, del tutto divergenti risultano gli insegnamenti che Governo e Chiesa cattolica traggono da questa inchiesta e le indicazioni per debellare questo fenomeno. Per Valditara, infatti, elencando “i tanti interventi del Governo” si tratta di arrivare «a una piena parità scolastica»; per la FIDAE – la Federazione delle scuole cattoliche primarie e secondarie-, che ringrazia l’azione del Ministro, l’auspicio è la “stabilizzazione dei contributi statali rivolti alle paritarie”. Suor Anna Monia Alfieri, membro della Consulta di Pastorale scolastica e del Consiglio Nazionale Scuola della CEI, si spinge oltre e, facendo finta di dimenticare il “senza oneri per lo Stato” dell’art 33 della Costituzione, arriva a reclamare l’attuazione delle tradizionali rivendicazioni della Chiesa Cattolica: “garanzia del diritto alla libertà di scelta educativa da parte dei genitori”, “ Stato non più, come lo è attualmente, gestore pressoché unico del servizio d’istruzione”, ma solo “garante e controllore”, dando per scontato che “lo Stato [assegni] alla famiglia una quota capitaria da spendere per l’istruzione presso una scuola pubblica, statale o paritaria”.

Insomma, contro ogni evidenza e contro ogni logica, nel persistente silenzio del PD e del centro–sinistra, per la Destra al Governo e per i rappresentanti degli interessi delle scuole cattoliche, lo scandalo delle scuole paritarie si combatte…. rafforzando le scuole paritarie attraverso leggi e finanziamenti dello Stato.
Ma è davvero uno “scandalo” quello denunciato da Tuttoscuola e da buona parte della grande stampa nazionale, o non invece lo sviluppo, la quasi naturale evoluzione di un sistema economico-sociale che nel corso degli anni ha sempre più penalizzato la scuola statale attraverso il progressivo sottofinanziamento del sistema scolastico, il succedersi di “riforme” che hanno dequalificato la formazione degli insegnanti, rafforzando il carattere classista della scuola italiana?

Tutto questo, non è frutto del caso, ma di scelte politiche dirette e indirette, in gran parte condivise da trent’anni a questa parte dai governi di centro-destra e centro-sinistra. All’insegna di una nuova concezione di “scuola pubblica non più gestita solamente dallo Stato”, ma in realtà volta a favorire le scuole private, la legge 62/2000 (“Norme per la parità scolastica…”) varata dal centrosinistra di D’Alema-L. Berlinguer ha costituito la pietra miliare e nello stesso tempo il grimaldello per scardinare la distinzione costituzionale tra scuola statale e scuola privata, con la nuova legge considerate entrambi come parte del “sistema nazionale di istruzione”.
Con il varo della “legge di parità”, dunque, non solo si è data legittimità ad ogni provvedimento a favore delle scuole private paritarie (dai finanziamenti statali a quelli delle regioni e degli enti locali), ma si è abbassata la guardia anche verso tutto quello che possiamo chiamare “mercato dell’istruzione”, con il moltiplicarsi di centri di formazione, scuole per il “recupero anni”, etc., sino al proliferare di “università telematiche”, che in cambio di ricche tasse di iscrizione rilasciano titoli accademici legali, riconosciuti dal MIUR.

Se così stanno le cose, il problema non è semplicemente quello di “ distinguere il grano dal loglio, il buon seme dalla zizzania”, come se si trattasse di mettere un po’ d’ordine e fare un po’ di pulizia in un ambiente fondamentalmente sano (come suggerisce la stessa inchiesta di Tuttoscuola), di eliminare alcune “mele marce”, che secondo la Presidente della FIDAE “mettono a rischio e inficiano tutto il grande lavoro” delle scuole paritarie cattoliche, o di affidarsi all’“operazione legalità contro i diplomifici” preannunciata con grande squillo di trombe dal ministro Valditara al Meeting di Comunione e Liberazione. Si tratta, invece, di inaugurare una politica scolastica che, assieme a provvedimenti immediati da mettere in campo per affrontare, con la legislazione esistente, la piaga dei diplomifici, si proponga di avviare una stagione nuova per la scuola pubblica statale.
C’è bisogno di una politica fatta non solo di scelte coraggiose sugli investimenti, a partire dall’edilizia scolastica e dal diritto allo studio, ma soprattutto di una riforma degli indirizzi educativi e delle finalità formative, per una scuola che miri a superare le divisioni di classe, quelle già esistenti e quelle che le classi dominanti intendono perseguire con la scuola del “capitale umano”.

Luigi Saragnese

28/8/2023 http://www.rifondazione.it/

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *