Sionismo e modernità coloniale

La resistenza palestinese è una lotta decoloniale contro il colonialismo dei coloni israeliani e l’imperialismo statunitense. Questa resistenza si confronta anche con la natura brutale della modernità coloniale, che trova un esempio nel sionismo.

Fonte:English version

Muhammad Ayyash – 16 gennaio 2024

Immagine di copertina: Screenshot di un video che mostra soldati israeliani che salutano la bandiera mentre cantano l’inno nazionale israeliano su una spiaggia di Gaza nel novembre 2023

La continua distruzione di Gaza è troppo difficile da descrivere ed esprimere a parole. Ciò che rende questo momento ancora più doloroso è che non è la prima volta che i palestinesi sperimentano un’operazione genocida. La Nakba del 1948 e la Nakba ancora in corso del popolo palestinese si aggiungono al dolore e all’orrore che i palestinesi di tutto il mondo stanno sperimentando e provando oggi. È fondamentale sottolineare inoltre che questa non è la prima volta che i popoli colonizzati, più in generale, sperimentano brutalità così inimmaginabili negli ultimi 500 anni circa di modernità coloniale.

La modernità coloniale è lo sviluppo della vita sociale, economica e politica moderna (lo stato nazionale, la proprietà privata, l’individualismo, la divisione capitalistica del lavoro, il diritto internazionale, ecc.) all’interno e attraverso il progetto coloniale europeo dal XV secolo in poi, segnato dal genocidio, dalla schiavitù, dal massacro e dallo sfruttamento di milioni di persone colonizzate.

Il sionismo, in quanto ideologia politica moderna, è figlio di questa modernità coloniale e probabilmente la sua manifestazione più chiara nel nostro mondo odierno. Seguendo le orme di altri progetti coloniali, il genocidio dei palestinesi colonizzati è sempre stato l’unica strada che il sionismo ha percorso.

L’ideologia sionista risale alla fine del 1800 quando emerse nell’Europa centrale e orientale. Ciò avvenne durante quello che può essere descritto come l’apice della modernità coloniale. Durante questo periodo, la razzializzazione coloniale degli esseri umani classificati in una chiara gerarchia era ben avviata ed era stata istituzionalizzata. Alla fine, questa forma di razzializzazione delle colonie, istituzionalizzata e resa operativa in modi mai visti prima nella storia dell’impero, si rivolse all’Europa.

A lungo considerate il capro espiatorio dei problemi dell’Europa, le comunità ebraiche europee, che erano europee come qualsiasi altro europeo, furono razzializzate come una “razza inferiore di semiti” che “diluisce la purezza della superiore razza bianca ariana”. Questa forma di razzializzazione culminò nella Germania nazista quando attuarono la loro imperdonabile “Soluzione Finale”. L’impero tedesco aveva precedentemente e imperdonabilmente scatenato questa stessa violenza genocida contro gli Herrero e i Nama nell’Africa sudoccidentale. L’Olocausto non fu un’anomalia della modernità, come sostiene la saggezza convenzionale nell’Euro-America, ma piuttosto, come era evidente alle popolazioni colonizzate brutalizzate dagli imperi europei, l’orribile manifestazione delle caratteristiche fondamentali della modernità coloniale.

Ben prima dell’Olocausto, il sionismo cercò di affrontare questa razzializzazione delle comunità ebraiche e di rispondere alla “questione ebraica” dell’Europa antisemita. La risposta del sionismo, tuttavia, è che invece di sfidare la spuria e violenta razzializzazione degli europei in “semiti” e “ariani”, invece di opporsi al progetto coloniale europeo e unirsi alle comunità colonizzate e razzializzate in tutto il mondo mondo per smantellare la modernità coloniale e il progetto coloniale euro-americano, questi  propose una risposta secondo la quale avrebbe aderito al progetto della modernità coloniale. Proponeva che gli ebrei europei lasciassero l’Europa e fondassero uno stato di tipo europeo nelle terre dell’“Oriente”.

Questo approccio segnò il destino del sionismo e il suo percorso ben prima che i sionisti iniziassero a colonizzare le terre della Palestina a partire dalle prime parti del XX secolo, e continuando fino ad oggi.

La terra, ovviamente, era già abitata da palestinesi che vivevano lì da secoli e avevano chiaramente sviluppato un’esistenza sovrana su quella terra, il che significa che avevano formato una relazione chiara e distinta tra il popolo palestinese e la terra.

I sionisti capivano molto bene che dovevano espellere il popolo indigeno palestinese per insediare gli ebrei europei e creare l’entità sionista. Senza l’impero britannico, che vedeva il progetto sionista come una risorsa per i suoi interessi imperiali nella regione e come un alleggerimento della “questione ebraica”, questo sarebbe stato impossibile da realizzare. Da qui ebbe inizio il “rapporto speciale” tra le forze imperiali occidentali e il progetto sionista. Erano “speciali” perché entrambi facevano parte dello stesso progetto di modernità coloniale. Gli stessi identici metodi di razzializzazione e colonizzazione che caratterizzarono l’Impero britannico e l’Impero statunitense finirono per caratterizzare il progetto sionista. La disumanizzazione razzializzata, le violenze genocide e le tecniche per nascondere la brutale realtà del razzismo e del colonialismo sono essenzialmente tutte le stesse.

Eppure, vengono avanzate alcune argomentazioni tipiche secondo cui il sionismo e Israele non costituirebbero  una colonia di coloni.

Il primo è che gli ebrei sionisti non avevano una madrepatri. Questo punto di discussione omette il punto critico secondo cui, come tutti i movimenti coloniali di coloni, il movimento sionista ha goduto del sostegno imperialista degli imperi euro-americani, a cominciare da quello britannico e ora dal figlio del colonialismo dei coloni britannici su Turtle Island, l’impero statunitense. Non importa che la colonia di coloni non riproduca la nazionalità di una madrepatria nella colonia, perché questo è ciò che distingue il colonialismo dal colonialismo di coloni. Le colonie di coloni tendono spesso ad avere rapporti conflittuali con il centro imperiale sulla questione della nazionalità e sugli interessi strategici, che in alcuni casi portano addirittura alla guerra, come nel caso degli Stati Uniti.

Il secondo punto di discussione è che gli ebrei europei sono originari di quella terra e stanno semplicemente tornando nelle loro terre d’origine. Nessuno nega la lunga storia dell’esistenza ebraica su queste terre. In effetti, queste terre hanno ospitato una moltitudine di religioni e culture, e questo dovrebbe essere celebrato. La realtà dell’esistenza umana è interconnessa e ibrida, e dovremmo tenerne conto. Ma il sionismo non fa questo. Prende questo complesso edificio di ibridità e mescolanza e afferma che solo la storia ebraica su queste terre conta. Trasforma la meravigliosa interconnessione di molteplici storie in una mono-storia distorta che riconosce solo la presenza ebraica e, in modo più critico, avanza l’idea che solo la sovranità ebraica israeliana può esistere su queste terre. Ciò cancella il popolo palestinese e cerca di espellerlo dalle sue terre e dalla storia. Solo il pensiero razziale assolutista, che è un punto fermo del progetto di modernità coloniale, può portare a questo tipo di progetto politico di eliminazione di massa. L’indigeneità non riguarda “chi era lì per primo”, “l’abitante originario” o “sangue puro”, ma riguarda una posizionalità politica che resiste alla modernità coloniale e propone un’alternativa ad essa, motivo per cui solo i palestinesi possono occupare la posizionalità di indigeni in questo caso.

Il terzo punto è che, a differenza del progetto coloniale dei coloni europei, gli ebrei non cercano la ricchezza ma piuttosto la sicurezza. La realtà è che tutte le colonie di coloni hanno un misto di coloni con intenzioni e motivazioni diverse. Sebbene sia difficile misurarlo esattamente, molti coloni non migrano con l’intenzione di espellere gli abitanti nativi, rubare le loro terre e generare ricchezza per sè stessi, ma sono piuttosto motivati dal desiderio di sfuggire alle persecuzioni nelle loro terre d’origine. Certamente molti migrano con  in mente le suddette intenzioni, o con quelle che diventano le loro intenzioni dopo essere arrivati nelle terre colonizzate. Ma la questione di quanti rientrano in quale categoria non è così rilevante, perché la cosa più importante è che il progetto politico sia coloniale. Cioè, tutti i coloni, indipendentemente dalle loro intenzioni e motivazioni, vengono arruolati nel progetto coloniale da parte dello stato colono e delle sue istituzioni. Ciò vale, ad esempio, sia per la colonia colonialista del Canada, sia per quella israeliana.

Infine, e in relazione al terzo punto, considerato che lo Stato israeliano è composto non solo da ebrei europei ashkenaziti ma anche da ebrei mizrahi provenienti da tutto il mondo arabo, dall’Iran e da altri Paesi, non può essere definito un progetto europeo. Che gli ebrei israeliani siano Ashkenazi o Mizrahi, sono tutti arruolati nel progetto coloniale dei coloni israeliani, e quel progetto è politico sul modello dei progetti coloniali europei. Poiché il sionismo è un progetto europeo ed è intriso del pensiero razziale della supremazia bianca, ovviamente troviamo un razzismo strutturale e interpersonale contro gli ebrei mizrahi e gli ebrei neri in tutto lo stato e la società israeliani. Ma tutte queste forme di razzismo intra-sociale sono secondarie rispetto al fondamento della razzializzazione disumanizzante dei palestinesi: cioè, l’idea razzista secondo cui i palestinesi costituiscono una razza umana inferiore agli ebrei. Pertanto, la supremazia bianca dell’Europa viene qui replicata principalmente come supremazia ebraica su e contro i palestinesi colonizzati. Oggi vediamo in piena evidenza le conseguenze devastanti di questa razzializzazione. Uno dei motivi per cui la maggioranza degli israeliani sostiene questo genocidio è perché sono stati condizionati per decenni a pensare che i palestinesi non vivano una vita umana. Pertanto, diventa più semplice per loro pensare che non è possibile uccidere ciò che non ha mai avuto una vita umana.

Quando collochiamo correttamente il progetto sionista all’interno di questo quadro più ampio della modernità coloniale, iniziamo a capire perché lo Stato israeliano si sta comportando oggi in questo modo sfrontato e genocida. Non è possibile dare un senso al suo agire  dal punto di vista di uno stato liberale democratico che si limita a proteggere la propria sicurezza. L’uccisione di massa indiscriminata di civili palestinesi non è chiaramente una via verso la sicurezza. Ma si può comprendere questo comportamento come la continuazione di un progetto coloniale genocida che è parte integrante della modernità coloniale. L’uccisione indiscriminata di massa di civili palestinesi diventa, nella visione del mondo coloniale, un’azione “razionale” per raggiungere l’obiettivo finale di una maggioranza ebraica che abita tutte le terre dal fiume al mare.

Al contrario, si può intendere la resistenza palestinese solo come una lotta decoloniale contro il colonialismo dei coloni israeliani e contro l’imperialismo americano nello specifico, ma anche contro la modernità coloniale più in generale.

Questa è la lotta che non solo i palestinesi, ma milioni di persone in tutto il mondo stanno portando avanti. In precedenza ho accennato al fatto che il sionismo è emerso in quello che può essere descritto come l’apice della modernità coloniale. Non posso dire “apice” con certezza perché ci troviamo in un momento in cui la modernità coloniale potrebbe rinnovarsi. Il genocidio israeliano del popolo palestinese è visibile a tutto il mondo. È terrificante per quella che sembra essere la maggioranza del mondo sulla base delle proteste mondiali a cui stiamo assistendo, ma sta anche inviando un messaggio ai sostenitori della modernità coloniale in Europa occidentale, Nord America e altrove, che il genocidio coloniale dei coloni è oggi ancora possibile. Israele sta attualmente fornendo un modello per tali aspirazioni coloniali, e questo potrebbe incoraggiare ulteriori progetti genocidi e coloniali, non la loro fine.

Se il 19° secolo vuole essere l’apice della modernità coloniale, allora i milioni di persone in tutto il mondo che vogliono decolonizzare veramente questo ordine mondiale imperialista devono prendere posizione e porre fine all’era della modernità coloniale. Stiamo vedendo questa linea di rottura tra l’Occidente imperialista e gran parte del mondo neocolonizzato alla Corte Internazionale di Giustizia, dove il Sudafrica accusa Israele di genocidio contro i palestinesi. Gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Germania si oppongono al caso portato avanti dal Sud Africa, mentre molti paesi del Sud del mondo, come Namibia, Bolivia, Colombia, l’Organizzazione per la cooperazione islamica e altri, lo sostengono. Sono necessarie ulteriori azioni lungo questa linea di faglia. Non c’è tempo da perdere. La presa di posizione contro la modernità coloniale deve essere presa adesso. Ciò significa niente meno che la fine dell’imperialismo occidentale guidato dagli Stati Uniti.

Nello specifico, ciò significa porre fine al potere e al dominio delle multinazionali (come la campagna contro Starbucks), una riforma radicale delle Nazioni Unite che inizi con l’abolizione del Consiglio di Sicurezza e la creazione, al suo posto, di un sistema democratico, la formulazione di  piani economici localizzati per le politiche regionali, stabilità e prosperità che includono il rifiuto di pagare i “debiti” ai paesi occidentali e alle istituzioni finanziarie che per secoli hanno derubato la maggioranza del mondo; lo smantellamento dei sistemi culturali ed educativi che pongono al centro l’Occidente; la riconsiderazione dell’ambiente naturale come un grande dono che sostiene e consente alla vita umana di non vedere solo  “risorse” estratte incautamente, il riemergere e il fiorire delle sovranità indigene su Turtle Island e altrove, tra molte altre cose.

Se vogliamo prendere qualcosa da questo momento di insondabile orrore e dolore, che questo qualcosa sia il rinnovamento dell’appello alla liberazione decoloniale in tutto il mondo: costruiamo un mondo che sia, di fatto, ospitale non solo  per la moltitudine di esseri umani, ma per tutte le vite.

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestinadd.org

25/1/2024 https://www.invictapalestina.org/

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