Sono sei i lavoratori morti in questo Venerdì Santo, ma loro non risorgeranno: a due di questi viene negata addirittura la dignità della morte.

Osservatorio Nazionale morti sul lavoro

Luca Bertolo non aveva neppure 17 anni guidava il muletto che  si è ribaltato ed è morto schiacciato. Secondo una prima ricostruzione, il giovane stava guidando il mezzo che si trovava nel capannone di famiglia tra le campagne di Nole e Villanova Canavese, quando alla fine di una piccola discesa il muletto si è ribaltato travolgendolo. Come non classificare questa giovane vittima come “morto sul lavoro”? Ma mi prende un grande senzo d’angoscia, “ho un nipote della stessa età” e immagino il dolore immenso dei genitori e della madre che è proprietaria del capannone, e anche dei nonni che avranno la mia età. Ma io personalmente sono vicino a questa mamma; lei non poteva sapere, perchè nessuno ne parla, che questi mezzi sono mortali, che sono pericolososissimi, che uccidono anche senza commettere errori. Ma sono Cristi in Croce anche gli altri cinque lavoratori (no cari media, informatevi prima di “sparare” inesattezze sul numero di morti, parliamo di vite perse). Due di questi sono immigrati, Uno era albanese che è morto a Trento, si chiamava Sander Cerri e aveva 39 anni. ma anche un altro giovane di 23 anni, Salvatore Pirras ha perso la vita mentre stavano smontando un ponteggio: gli è caduto addosso un grosso tubo di metallo. Giuseppe Venezia di anni ne aveva 57, è di Avellino, ma è morto travolto da un carico di bidoni a Cesena. Giuseppe Semprini aveva 67 anni, stava tagliando un albero ed è stato travolto, la tragedia in provincia di Rimini. Del romeno morto a Sirmione di Brescia non conosciamo ancora l’identià, aveva 54 anni ed è morto cadendo da un lucernario. Come potete vedere i morti sul lavoro di venerdì sono sei e non quattro come scrivono tutti i media. Eppure in un’intervista al TG1 ho elencato il numero delle vittime, ma nel TG1 hanno continuato a dire che sono quattro. Che dire? Non ho parole. In questo grande dipinto degli anni ottanta, un operaio è in Croce, ma è solo una tuta vuota, già da quegli anni era cominciato un grande distacco tra il mondo del lavoro e la Società, ora è diventato enorme. La tuta vuota e i morti per infortunio che sono sotto la Croce stanno appunto a significare la grande solitudine del mondo del lavoro, e a chi muore lavorando non si dà neppure la dignità quando muoiono lavorando.

Carlo Soricelli

18/4/2022 https://cadutisullavoro.blogspot.com

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