Spiragli per i diritti dei Rider

La sentenza è di quelle destinate a mutare i rapporti di forza nel mondo dei rider. Il titolare di un’agenzia d’intermediazione del lavoro non solo è stato condannato per caporalato a 3 anni e 8 mesi, ma a risarcire con 10 mila euro a testa i 44 rider che si erano costituiti parte civile nel processo. E’ accaduto al tribunale di Milano, impegnato a definire una causa che indagava sui rapporti tra Uber e la società di pony express FlashRoad City-Frc.
La Guardia di Finanza ha appurato inoltre che le società hanno approfittato in particolare delle condizioni di estrema necessità di migranti e richiedenti asilo per pagarli 3 euro a consegna senza nessuna considerazione relativa al tempo impiegato e le difficoltà di traffico e di distanza per la consegna. Ma non finisce qui, perchè questa settimana inizia il processo a un’altra manager di Uber con la stessa accusa di aver esercitato caporalato sui fattorini.

Sempre a Milano pochi giorni fa il tribunale ha dato ragione a un rider che al momento di essere inquadrato da Just Eat come lavoratore subordinato è stato licenziato pretestuosamente prima ancora di prendere servizio. Adesso dovrà essere reintegrato. C’è poi la corte d’Appello di Palermo che a fine settembre ha confermato la sentenza di primo grado che ha ritenuto discriminatoria la condotta di Social Food nei confronti di un rider sindacalizzato, una vicenda che ha rilievo nazionale perchè il lavoratore aveva dissentito dalla sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro regolamentato da un contratto collettivo sottoscritto dall’Ugl e non riconosciuto dalla sua organizzazione sindacale, Nidil Cgil, che oggi denuncia come a un anno dall’applicazione dell’accordo, le condizioni di lavoro dei rider delle piattaforme aderenti ad Assodelivery, Glovo, Deliveroo, Uber Eats e Social Food, sono nettamente peggiorate sia dal punto di vista dei guadagni che dal punto di vista dei diritti.

Se qualcosa si muove in positivo per una categoria diventata essenziale per la nostra vita di tutti i giorni, a cui corrisponde invece un trattamento marginale sia economico che sindacale, non è che tutti i problemi siano risolti. La denuncia viene da Riders Union di Bologna, è del 18 settembre, il giorno dopo che Glovo affida a un rider in bicicletta un ordine da 38 bottiglie d’acqua da un litro e mezzo l’una per un totale di 57 kg, da consegnare a 3,5 km di distanza per poco tre euro circa. Se pensate che qualcuno della Glovo si sia reso conto della disumanità della richiesta sbagliate o siete inguaribili ottimisti. Il rider ha dovuto insistere per essere aiutato nella consegna ed è stato minacciato di perdere una delle due consegne che fa mediamente ogni ora. Solo alla fine sono stati convocati altri due ridere, che comunque, per tre euro l’ora si sono dovuti sobbarcare una consegna di venti chili a testa.

A metà settembre una risoluzione del Parlamento Europeo ha ribadito che i rider sono erroneamente classificati come lavoratori autonomi, privandoli così dell’accesso alla protezione sociale e ai diritti sindacali. La mozione sostiene la necessità d’introdurre per la categoria tutele che vanno dalle assicurazioni gratuite alla trasparenza ed equità degli algoritmi delle applicazioni che determinano l’assegnazione delle consegne. Inoltre sostiene che dovrebbero essere i datori di lavoro a dimostrare che non c’è un rapporto di lavoro, piuttosto che il contrario. Purtroppo però a fianco di questa mozione d’intenti va registrato che il quadro legislativo europeo non copre le nuove realtà di questo tipo di professioni, un buco nero che la Commissione europea ha promesso di comare entro la fine di quest’anno con un’iniziativa legislativa per migliorare le condizioni di lavoro dei lavoratori delle piattaforme. Ma siamo ancora lontani dalla decenza quotidiana per una categoria che accanto alle dichiarazioni d’intenti tutte da confermare vede intanto operare i tribunali con più efficacia degli organismi legislativi.

Gianluca Cicinelli

20/10/2021 https://www.labottegadelbarbieri.org

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