Stati Uniti. Aborto sotto assedio

Il 24 giugno la Corte Suprema degli Stati Uniti ha annullato il diritto all’aborto a livello federale. E fra poco meno di un mese in tredici dei venti Stati a guida repubblicana – dove l’interruzione di gravidanza era già sottoposta a restrizioni – scatterà il divieto ad abortire sancito nel 1973 dalla storica sentenza RoevsWade (che concesse la libertà di abortire a Jane Roe). Un ritorno al passato che non stupisce. Da anni negli Usa il diritto delle donne all’aborto è stato sottoposto a un’ondata di misure restrittive che in più della metà degli Stati aveva già limitato la possibilità di interrompere la gravidanza. Per anni, fuori dalle cliniche dove si praticano aborti manifestanti anti-abortisti del movimento “pro-life”, per la difesa della vita, si davano appuntamento per fermare le donne che entravano e si scontravano, talora anche fisicamente, con esponenti del movimento “pro-choice”, fautori della libera scelta. [1] La pressione psicologica degli attivisti anti-aborto era affidata a cartelloni con gigantografie di feti (più che di embrioni), a slogan e crocefissi branditi come armi, e c’era chi circondava minacciosamente le auto di medici o pazienti per impedire loro di aprirsi un varco. Molte cliniche dove si pratica l’interruzione di gravidanza negli ultimi anni hanno chiuso i battenti: la Jackson Women’s Health Organization, unica clinica del Mississippi dove lo si faceva, al centro del caso che ha ribaltato Roe. chiuderà tra pochi giorni.

La marcia indietro nel tempo in fatto di interruzione di gravidanza si basa sulla nuova sentenza, nota come DobbsvsJackson Women’s Health Organization, votata da sei dei nove giudici della Corte Suprema. Ha esultato Donald Trump che aveva nominato durante la sua presidenza tre giudici dichiaratamente conservatori: Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett che costituiscono la super maggioranza conservatrice della Corte Suprema, assieme all’afroamericano Clarence Thomas scelto da Bush padre, al presidente equilibrista John Roberts e all’arcigno Samuel Alito voluti da Bush figlio. “Tutti e tre i neoeletti sono cinquantenni perciò destinati a restare in carica a lungo, orientando la Corte per i decenni a venire. L’unico modo per correggere lo squilibrio sarebbe aumentare il numero dei giudici, ma i Democratici non hanno la forza per imporre la modifica”.[2] Adam Liptak, corrispondente della Corte Suprema per il New York Times così descrive i cinque giudici nominati dai repubblicani  (oltre al presidente John Roberts), che hanno portato a sovvertire la RoevsRade: una maggioranza “impaziente e ambiziosa”. [3]“L’approccio più cauto di Roberts di modificare lentamente la legge è stato respinto e  hanno preferito sovvertire un diritto costituzionale per impostare la cosa come loro credono debba esserlo. Fare altrimenti, ritengono, sarebbe stato disonesto”.[4]

Gianna Milano

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4/7/2022

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