Sull’Ipocrisia e il Genocidio: come Gaza ha smascherato l’Occidente come mai prima d’ora

Il Genocidio israeliano a Gaza sarà ricordato come il tracrollo morale dell’Occidente.

Fonte: English version

Di Ramzy Baroud – 5 marzo 2024

Non appena è iniziata la guerra israeliana, in seguito all’Operazione Onda di Al-Aqsa del 7 ottobre, ogni quadro di riferimento morale o legale che Washington e i suoi alleati occidentali presumibilmente tenevano caro è stato improvvisamente abbandonato. I capi di Stato occidentali si sono precipitati in Israele, uno dopo l’altro, offrendo sostegno militare, politico e logistico, insieme ad un assegno in bianco al Primo Ministro israeliano di destra, Benjamin Netanyahu e ai suoi generali, per perseguitare i palestinesi.

Persone come il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, arrivarono addirittura a partecipare alla prima riunione del Consiglio di Guerra israeliano, in modo da poter prendere parte alla discussione che portò direttamente al Genocidio di Gaza.

“Sono qui davanti a voi non solo come Segretario di Stato degli Stati Uniti, ma anche come ebreo”, ha detto il 12 ottobre. L’interpretazione di queste parole è inquietante, non importa come vengano interpretate, ma in definitiva significa anche che Blinken ha perso ogni credibilità come americano, come politico o anche solo come essere umano imparziale.

Il suo capo, il Presidente Joe Biden, come in un ciclo infinito, ripete da anni che “non serve essere ebrei per essere sionisti”. Infatti, ha tenuto fede alla sua massima, dichiarando più e più volte:”Io sono un sionista”.

Come molti altri funzionari e politici statunitensi e occidentali, il Presidente degli Stati Uniti ha abbandonato del tutto le leggi internazionali e umanitarie, persino quelle del suo stesso Paese. La legge Leahy “vieta al Dipartimento di Stato e al Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti di fornire assistenza militare alle unità delle forze di sicurezza straniere che violano impunemente i diritti umani”. Invece, come Blinken, aderiva all’affiliazione tribale e alle nozioni ideologiche, che semplicemente aggiungevano benzina sul fuoco.

Sebbene siano “persone protette” ai sensi del Diritto Internazionale, i palestinesi sembrano superflui, di fatto, irrilevanti al punto che la loro morte collettiva appare fondamentale affinché Israele riacquisti la sua “deterrenza” e si protegga, nelle parole del Ministro della Difesa israeliano, Yoav Galante, contro gli “animali” di Gaza.

Se esistesse una parola più forte di ipocrisia, sarebbe quella da usare. Ma per ora dovrebbe bastare.

All’inizio della guerra, molti giustamente tracciarono un parallelo tra la reazione dell’Occidente a Gaza e la sua rabbiosa risposta alla guerra in Ucraina. Tuttavia, con l’aumentare del numero delle vittime, questo confronto sembrava inadeguato. Oltre 12.000 bambini sono stati uccisi a Gaza in 140 giorni di guerra, rispetto ai 579 nei due anni di guerra tra Russia e Ucraina.

Eppure, quando al capo della politica estera dell’Unione Europea, Josep Borrell, gli fu chiesto, a sorpresa, in un’intervista su Al-Jazeera il 20 novembre sulle violazioni del Diritto Internazionale a Gaza, ha offerto due risposte completamente diverse. “Non sono un avvocato”, ha detto, quando è stata messa in dubbio la legalità delle atrocità di Israele a Gaza. Quando l’intervistatore è passato a parlare dell’Operazione Onda di Al-Aqsa, Borrell non ha avuto scrupoli sulla questione. “Sì, lo consideriamo un Crimine di Guerra, l’uccidere civili in questo modo apparentemente senza alcuna ragione”, ha detto.

Interviste come queste non si sono quasi mai svolte nei media statunitensi, semplicemente perché pochi giornalisti dei media convenzionali si preoccupano o, più precisamente, osano mettere in discussione il macabro comportamento di Israele nella Striscia di Gaza.

Tuttavia, quando si sono presentate tali opportunità, la flagrante ipocrisia era impossibile da nascondere. Come, ad esempio, nei confronti di Matthew Miller, Portavoce del Dipartimento di Stato americano, in risposta alle accuse di stupro sia a Gaza che in Israele. Quando, il 18 febbraio, gli è stato chiesto delle accuse di stupro di donne palestinesi da parte dei soldati israeliani a Gaza, la sua risposta è stata che gli Stati Uniti hanno esortato Israele a “indagare in modo approfondito e trasparente sulle accuse credibili”.

Confrontate questo con la sua risposta a una domanda sulle accuse non verificabili di aggressioni sessuali da parte di israeliani contro palestinesi, sebbene sfatate anche dagli stessi media israeliani. “Hanno commesso uno stupro. Non abbiamo alcun motivo per dubitare di questi rapporti”, ha detto in una conferenza stampa il 4 dicembre.

Tali esempi vengono prodotti quotidianamente da centinaia di capi di Stato occidentali, alti funzionari e organizzazioni dei media. Anche adesso, quando il bilancio delle vittime ha battuto tutti i primati di brutalità nella recente storia umana, continuano a parlare del “diritto di Israele di difendersi”, ignorando volontariamente il fatto che Israele ha rinunciato a questo diritto non appena ha intrapreso questa prolungata aggressione, a partire dal 1948.

Infatti, il Diritto Internazionale sulle regole di guerre e occupazioni militari si colloca all’interno di un quadro, in particolare stabilito dalla Quarta Convenzione di Ginevra, che esiste per difendere i diritti degli occupati, non il diritto dell’occupante.

Questa verità consolidata nel tempo è ovvia per la stragrande maggioranza dell’Umanità, tranne Washington e pochi altri.

Mentre decine di inviati da tutto il mondo testimoniavano davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dal 19 al 26 febbraio, protestando contro l’orribile violenza di Israele, l’Occupazione prolungata e il Sistema Razziale di Apartheid, gli Stati Uniti hanno inviato il loro rappresentante alla più alta Corte del mondo per fare pressione allo scopo di ottenere qualcosa di completamente diverso.

Con il titolo ironico di “Consigliere Legale Sostituto per il Dipartimento di Stato Americano”, Richard Visek ha stranamente esortato la Corte Internazionale di Giustizia a ignorare del tutto il Diritto Internazionale. “La Corte non dovrebbe ritenere che Israele sia legalmente obbligato a ritirarsi immediatamente e incondizionatamente dai Territori Occupati”, ha detto.

Per troppo tempo, ma soprattutto a partire dal 7 ottobre, i governi occidentali, a cominciare da quello degli Stati Uniti, hanno violato fino all’ultimo l’insieme di etiche, morali e leggi che essi stessi hanno sviluppato, redatto, promosso e persino imposto al resto del mondo per molti decenni. Attualmente stanno praticamente smantellando le proprie leggi e gli stessi principi etici che hanno portato alla loro istituzione.

Ora che alcuni capi di Stato occidentali hanno iniziato a sentirsi sempre più a disagio di fronte all’enormità del Genocidio di Gaza, alcuni, anche se timidamente, stanno dichiarando che Netanyahu potrebbe “spingersi troppo oltre”. Anche così, nemmeno una totale ammissione di responsabilità cancellerebbe il fatto che sono partecipanti attivi alla Campagna di Morte di Netanyahu.

Alla fine, il sangue del numero spaventosamente alto di vittime palestinesi sarà diviso equamente tra Tel Aviv, Bruxelles, Londra, Sidney e tutti gli altri apologeti del Genocidio. Un crimine di questa portata non sarà mai dimenticato né perdonato.

Ramzy Baroud è un giornalista e redattore di The Palestine Chronicle. È autore di sei libri. Il suo ultimo libro, curato insieme a Ilan Pappé, è “La Nostra Visione per la Liberazione: Leader Palestinesi Coinvolti e Intellettuali Parlano”. Ramzy Baroud è un ricercatore senior non di ruolo presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), dell’Università Zaim di Istanbul (IZU).

Traduzione di Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

7/3/2024 https://www.invictapalestina.org/

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