FERMIAMO QUESTA MATTANZA!

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ORE 10 – VIA ARCIVESCOVADO 9
Nell’ambito della giornata nazionale in tema di redditi, occupazione, diritti sociali, politiche fiscali, riconversione ecologica dell’economia giovedì 5 dicembre, a partire dalle ore 10,15, Rifondazione Comunista di Torino terrà un flash mob davanti all’Ispettorato del Lavoro in Via dell’Arcivescovado, 9/c, sul tema della sicurezza del lavoro. Una iniziativa che vuole ricordare la strage della ThyssenKrupp – era la notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 – di 12 anni fa in cui morirono sette operai, arsi vivi. I manager tedeschi dell’azienda, nonostante una condanna a 12 anni, sono ancora a piede libero. Un vero e proprio scandalo. Così come è uno scandalo che in Italia, sui luoghi di lavoro, si continui a morire (tre morti al giorno) per assenza di misure di prevenzione, di controlli antinfortunistici, di forme di sfruttamento che non tengono in alcuna considerazione i diritti alla salute e alla sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori. Oltre alla protesta contro questa mattanza sui luoghi di lavoro Rifondazione Comunista davanti all’Ispettorato del Lavoro Rifondazione Comunista, nel corso della prossima settimana, sarà presente davanti ai principali luoghi di lavoro di tutta l’area metropolitana per presentare le proprie proposte in materia di politiche sociali e del lavoro di contro alle politiche portate avanti da tutti i governi in questi anni . Tra queste: abrogazione del Job Act, ripristino art. 18, salario minimo orario di nove euro, abolizione della Fornero, piano del lavoro basato sulla riconversione ambientale e sociale dell’economia, progressività fiscale e tassazione dei grandi patrimoni.

FERMIAMO QUESTA MATTANZA!

Sono passati 12 anni – era la notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 – da quando un inferno di fuoco si scatenò nello stabilimento Thyssenkrupp di Torino, in cui morirono arsi vivi sette operai (4 bruciati vivi, altri 3 dopo giorni di terribile agonia) Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Giuseppe Demasi. Una strage, nonostante la condanna i due manager Espenhahn e Priegnitz sono ancora in libertà in Germania, alla pari della libertà di cui godono tanti imprenditori italiani che fanno profitti sulla pelle dei lavoratori.
Si dovrebbe lavorare per vivere e non per morire ma gli infortuni mortali sul lavoro sono aumentati nonostante sia diminuito il lavoro

Lo conferma il numero di morti quotidiani, una media di tre al giorno. Dal 2009 sono oltre 17 mila morti in Italia. 1.133 solo nel 2018 e 600 mila infortuni, con 7-8 mila morti all’anno per tumori da attività lavorativa pregressa. Ad oggi, inizi dicembre, 1326 lavoratori (compresi i morti sulle strade e in itinere) e quasi 700 morti sui luoghi di lavoro, oltre 40 in Piemonte e 14 solo a Torino.

Sono dati allucinanti, inconcepibili. Non stiamo parlando di soldati in guerra, bensì di uomini e donne che semplicemente lavorano per tirare a campare in un paese, dove vivere dignitosamente e arrivare alla fine del mese è cosa assai ardua.
Il lavoro è un diritto inalienabile, così come lo è tornarvi a casa, sani e salvi.

Fabbriche, cantieri, magazzini, ovunque si dovrebbe mettere chi produce nelle migliori condizioni, tutelandoli da possibili incidenti, ma finanche preservandoli dal contatto e la respirazione dai vari gas e sostanze tossiche, nocive ecc., ma assistiamo ogni giorno solo all’indignazione di chi dovrebbe far rispettare le leggi, per costringere gli imprenditori a non badare solo al proprio tornaconto ma garantire la sicurezza dei loro dipendenti, compresi gli esterni (cioè quei lavoratori non assunti direttamente) e inchiodarli alle loro la responsabilità.

I lavoratori hanno il diritto di ricevere tutte le dotazioni necessarie per lavorare in piena sicurezza: (mascherine, scarpe ed elmetti antinfortunistici, guanti, estintori non scaduti, vie di fuga costantemente libere ecc..) ma su questi obblighi è venuto meno il controllo degli organi preposti anche perché ci sono sempre meno Ispettori della Sicurezza che si occupano dei controlli e delle opportune verifiche circa la correttezza e l’effettivo rispetto delle norme e delle misure di prevenzione.
Anche questo dato ci parla della non volontà dello Stato e delle Regioni di imporre agli imprenditori il rispetto delle condizioni di lavoro e della stessa vita dei lavoratori.

Senza il conflitto contro questo sistema produttivo, per il controllo sindacale dell’organizzazione sul lavoro, non basterebbero neanche 10mila ispettori in più.

Sta alla popolazione, ai sindacati, non limitarsi all’indignazione ma stare vicini ai lavoratori con azioni di sostegno, perché senza questo sostegno anche gli Ispettori sono isolati nella loro azione e subiscono pressioni e boicottaggi, da imprenditori e istituzioni.

Rifondazione Comunista di Torino

Torino, 4 dicembre 2019

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