Un pilota israeliano obiettore riflette sullo stato del Regime Oppressivo e dell’Apartheid israeliani

Yonatan Shapira riflette sulla deriva israeliana verso il giudeo-nazismo, così come su un’intervista di “60 Minuti” con un soldato israeliano che dice che per bombardare case con bambini dentro, deve avere fiducia nei valori morali dei suoi comandanti.

Fonte: English version

Di Jonathan Ofir – 23 settembre 2023

Immagine di copertina: Gli israeliani protestano davanti alla Corte Suprema di Gerusalemme contro il piano del governo israeliano Benjamin Netanyahu di riforma giudiziaria, 11 settembre 2023. (FOTO: ILIA YEFIMOVICH/DPA VIA ZUMA PRESS/APA IMAGES)

Sono passati esattamente vent’anni da quando Yonatan Shapira, un ex pilota di elicottero militare israeliano, si rifiutò di prestare servizio nell’esercito israeliano (insieme ad una ventina di altri piloti) perché Israele bombardava indiscriminatamente i civili. La scorsa settimana, il programma di notizie “60 Minutes” ha mandato in onda un programma contenente un’intervista con un pilota di elicotteri israeliano che si oppone alla riforma giudiziaria e la cui unica preoccupazione nel bombardare abitazioni civili era se potesse avere fiducia nei valori morali dei comandanti che le danno gli ordini. Ho trovato il momento ideale per intervistare Shapira su come vede il movimento anti-riforma giudiziaria di Israele e come la società israeliana è cambiata dal suo rifiuto di due decenni fa.

Jonathan Ofir: Stiamo parlando insieme, due israeliani, ora in Scandinavia, tu in Norvegia, io in Danimarca. L’altro giorno,  il notiziario “60 Minutes” ha raccontato una storia sui manifestanti contro la riforma giudiziaria israeliana e si è concentrato su un gruppo chiamato Brothers in Arms (I Fratelli e Sorelle in Armi sono uno dei settori più influenti del movimento di protesta composto da riservisti e soldati dell’esercito). Sono stati intervistati tre rappresentanti, e c’è stato un momento cruciale in quell’intervista in cui il manifestante Shira Etting ha detto:

“Ero un pilota di elicotteri da combattimento. Se si vuole che i piloti siano in grado di volare e sganciare bombe e missili sulle abitazioni civili sapendo che potrebbero uccidere bambini, devono avere la massima fiducia nelle persone che prendono quelle decisioni”.

E il suo compagno, Ron Scherf, un comandante delle forze speciali, lo conferma: “nei loro valori morali”. E Shira Etting lo sottolinea di nuovo: “Esattamente”.

L’intervista arriva a quasi vent’anni dal tuo rifiuto di continuare il servizio militare come pilota di elicotteri nell’esercito israeliano e da quando sfidasti il comandante dell’aeronautica Dan Halutz chiedendogli se sarebbe disposto a bombardare comunque una casa sapendo che dentro ci sono dei civili, se fosse un’abitazione israeliana, e lui ha risposto di no.

Yonatan Shapira: Ho chiesto se avrebbero approvato il lancio di un missile per colpire qualsiasi bersaglio strategico o qualcosa del genere, sapendo che quello che chiamavano “danno collaterale” sarebbero stati civili israeliani, diciamo in una città israeliana come Tel Aviv. E in risposta alla mia domanda, ha detto che esiste una gerarchia del valore del sangue, ovviamente non ha detto valore del sangue, ma intendeva dire che il valore della vita è il seguente: in cima ci sono i cittadini israeliani; poi c’è l’esercito israeliano, i soldati; più sotto ci sono i civili palestinesi e alla fine i combattenti palestinesi. E quindi, non rischierebbe di lanciare un missile sapendo che ha buone possibilità di uccidere civili che appartengono dall’alto valore del sangue degli israeliani.

Ora, penso che se si torna indietro di vent’anni ascoltando quelle interviste che noi, io e i miei amici piloti cofirmatari della lettera, quando ci rifiutammo di continuare a prendere parte a questi crimini di guerra, probabilmente si troveranno dichiarazioni che non sono così diverse dalle parole di Shira, con una piccola differenza: pensavamo che non fosse normale, e per niente legittimo, sparare nelle case, sparare in un ghetto, sparare in un campo di concentramento in cui chiudiamo, umiliamo e opprimiamo le persone per decenni. Questo è il motivo per cui io e i miei compagni abbiamo deciso di non voler più prendere parte a questi orribili Crimini contro l’Umanità.

Jonathan Ofir: Il servizio di “60 Minutes” avrebbe dovuto valorizzare le forze che lottano per mantenere la democrazia in Israele, ma in realtà ha finito per condividere un’istantanea della degenerazione della società israeliana, di cui fa parte il gruppo di protesta Brothers in Arms. Cosa pensi sarà il catalizzatore di un vero cambiamento in Israele, e cosa può costringere queste persone a riconoscere che stanno normalizzando ciò che è disumano?

Yonatan Shapira: Per me, l’unica cosa che può accadere per salvare questo Paese è collaborare con i palestinesi che vivono in questa regione e fare di questa lotta una lotta per la vera democrazia e l’uguaglianza per tutti. I suoi leader, a mio parere, i leader che accoglierei sono i cittadini palestinesi dello Stato non democratico di Israele e gli israeliani che si stanno rendendo conto che essere un cittadino suprematista bianco o ebreo è totalmente illegittimo. Ma forse, in qualche strano modo, quei fratelli d’armi e quelle forze in Israele oggi si troveranno in prima linea a combattere nella guerra civile contro le potenze più naziste. E questo sarà il loro processo per rendersi conto di quanto sia brutale il sistema.

Forse è lì che stiamo andando: una guerra civile in cui da una parte ci sono l’estrema destra e i fanatici, e dall’altra ci sono queste persone che cercano di proteggere quella che non è mai stata una democrazia. E nel frattempo, forse, rendendosi conto che l’intero sistema è truccato, il tutto non è mai stato una democrazia.

Ho avuto una conversazione interessante con un mio amico, che non è mai stato d’accordo con me, abbiamo prestato servizio insieme nella stessa squadriglia. Lungo il corso di tutti questi ultimi vent’anni ho cercato di convincerlo a rifiutare. E per qualche ragione siamo comunque riusciti a restare in contatto, molte persone non volevano parlarmi, incontrarmi o continuare ad essere amici. Perché era chiaro nel nostro rapporto che rimango in contatto con loro perché ho ancora qualche speranza di poterli convincere a smettere di uccidere o a smettere di far parte di un’organizzazione terroristica omicida come l’esercito israeliano. Ma in una recente conversazione che ho avuto con un amico, che ora non vola più nell’Aereonautica: era un pilota di soccorso come me, ma poi è diventato un pilota della polizia sotto Itamar Ben-Gvir, il fanatico Kahanista che ora è Ministro, ed è ovviamente devastato dalla situazione attuale, mi diceva che forse è ora di andarsene, ma non solo di lasciare la polizia, di lasciare il Paese, perché non ha speranza. E gli ho detto no, non farlo. Avresti dovuto andartene prima e protestare contro questi crimini. Ora, devi restare lì, e probabilmente dovrai affrontare lo scontro più pericoloso, perché ora alcune forze all’interno dell’esercito e della polizia si stanno rendendo conto che sarà un sistema nazista in piena regola, quindi toccherà a voi combattere, magari per fare cose di cui noi, come attivisti non violenti, non abbiamo mai voluto far parte. Sono rimasti nel sistema così a lungo che non hanno il privilegio di andarsene adesso, prendendo la loro pensione di lusso e i loro pacchetti pensionistici. Potrebbero essere quelli che devono restare adesso e combattere perché nei prossimi anni sarà sempre più folle.

Ma ovviamente nessuno vuole farlo. Ma per me, in modo contorto e forse divertente, guardando Dan Halutz, il Generale che mi licenziò personalmente, era il simbolo di ciò contro cui combattemmo o contro cui lottammo all’epoca, vent’anni fa, quando presentammo la lettera dei piloti, ora è a capo di almeno 1.700 ex piloti ed equipaggi dell’Aeronautica militare ancora attivi che chiedono di rifiutarsi di obbedire agli ordini. Anche se non per le giuste ragioni, la storia ci scorre davanti e, in un certo senso, a volte scarica la responsabilità di alcune azioni sulle spalle di quelle persone che sono state cieche per tutti questi anni e forse lentamente, lentamente inizieranno ad aprire gli occhi.

Mi rivolgo a chi prima guardava le persone come te e me come super-super estremisti che parlavano di Israele come di uno Stato di Apartheid. Ora, è l’ex comandante del Mossad a dire che, sì, Israele sta imponendo l’Apartheid nei Territori Occupati. Quindi stanno accadendo alcune cose, e non tutte sono negative in un certo senso, e forse saranno quei criminali che sono rimasti nel sistema per così tanto tempo, che in un certo senso dovranno farlo: combattere quella vera battaglia.

Jonathan Ofir: Voglio chiederti riguardo al principio del deferimento della responsabilità morale, perché questo è ciò che è al centro di ciò che Shira Etting stava dicendo in “60 Minutes”. Deve avere la massima fiducia nelle persone che prendono quelle decisioni. Non importa quali siano queste decisioni. Ora, hai parlato del tuo amico che ora è pilota della polizia, da quello che ho capito, mi sembra che il suo problema sia che ora riceve ordini da Itamar Ben-Gvir, il kahanista, e forse quegli ordini saranno il stessi ordini che ha ricevuto dieci anni fa, ma ora li riceverà da un giudeo-nazista certificato, giusto? Quindi questo sta creando un enorme problema tra le persone, e questo è ciò che sta dicendo Shira Etting: se fosse Dan Halutz a darle l’ordine di uccidere una famiglia con bambini, allora probabilmente si sentirebbe meglio.

Yonatan Shapira: Cosa che in realtà ha fatto: dare l’ordine di uccidere i civili, quindi sì, è assolutamente giusto. Penso che l’automenzogna, l’autoinganno, si stiano sgretolando. E non è più possibile sostenerli quando il tuo comandante o il tuo ministro è un Kahanista suprematista ebreo neonazista in piena regola. Sì, penso che in un certo senso, ovviamente, guardo la cosa in modo molto distaccato, ma in un altro modo, alcune altre voci dentro di me dicono che forse è quello che dobbiamo vedere, forse è quello che questi ragazzi avevo bisogno di vedere, per ricevere ordini da questi nazisti, non da comandanti tipo Amos Oz che mandano i militari a bombardare Gaza mentre leggono una poesia, forse c’è bisogno di questi fanatici estremisti, nazisti, come si vuole chiamarli, in veste di comandanti, per svegliarsi.

Poiché è un momento molto critico, penso che la gente parli di tutte le proteste, e io sono assolutamente a favore della protesta, ma abbiano delle incertezze; quando siamo cresciuti in Israele, da bambini abbiamo imparato che i nazisti si devono combattere, non si negozia con i nazisti, quando i nazisti sono al potere, li combatti. E sai, ora vivo a Oslo in Norvegia, e non sembra che abbiano alcuna motivazione per esercitare pressioni su Israele. Il livello di ipocrisia è semplicemente incredibile. Continuerebbero a fare qualunque cosa dica loro il Dipartimento di Stato americano. Continuano a commerciare armi per vendere petrolio e difendere politicamente e diplomaticamente Israele. Proprio mentre parliamo, qualche giorno fa, la Ministra degli Esteri norvegese è tornata da un incontro con il Ministro degli Esteri israeliano. Quindi, vedo, si tratta dell’Occupazione israeliana, dell’Apartheid, comunque lo chiamiamo, Pulizia Etnica, come progetto comune, non solo di Israele, ed è davvero importante perché, per alcune persone nel Movimento di Solidarietà Palestinese in tutto il mondo, è facile guardare persone come te e me e attribuire la responsabilità di questi crimini a noi, alle nostre famiglie e alla nostra società. E io dico, no, non possono farlo. La continuazione di questa Pulizia Etnica in corso è in gran parte responsabilità di ogni Stato in Europa, degli Stati Uniti, ovviamente, dell’Australia, di tutti questi Paesi che sono totalmente parte del meccanismo che la rende possibile.

Quindi, l’ultima cosa che voglio infondere, nei cuori delle persone quando ascoltano te e me, è questo senso di discolpa: sostengo la Palestina, sono dalla parte buona. E laggiù, il pazzo fascista Israele è… no, è un progetto comune che non potrebbe mai continuare così a lungo senza la partecipazione attiva di tutti i Paesi europei, specialmente di quelle belle e pacifiche socialdemocrazie in Scandinavia, dove ci sono tutti questi progetti, il sostegno umanitario e tutto il resto. No, no, e ancora no, sono tutti parte attiva nella Pulizia Etnica in corso in Palestina.

Hanno qualche adesione formale che finanziano e danno dei soldi qua e là. E invitano tutte queste belle organizzazioni a parlare qui e a dare un po’ di sostegno umanitario. Ma dietro le quinte, sono loro la ragione per cui tutta questa follia continua. E ultimamente, è diventato sempre più importante per me dirlo, perché ho capito che questa è la vera ragione per cui continua, ci si deve rivolgere all’industria degli armamenti, al proprio Paese, ai nostri ministri che ne traggono profitto, noi semplicemente abbiamo scoperto qualche giorno fa che il marito della Ministra degli Esteri norvegese, ex Primo Ministro, si occupa delle scorte dei produttori di armi norvegesi, tutti beneficiano direttamente o indirettamente dall’uccisione di bambini palestinesi, che Shira e i suoi amici stanno uccidendo direttamente. Ma il proiettile viene anche da qui.

Jonathan Ofir: Quindi forse anche queste persone, e soprattutto negli Stati Uniti dove viene trasmesso il programma “60 Minutes”, stanno trovando in questi Fratelli in Armi una sorta di ammortizzatore morale?

Yonatan Shapira: Forniscono le armi di questi Fratelli in Armi. Quando guardano Shira parlare dell’uccisione di bambini palestinesi, dovrebbero sapere che il missile è fabbricato nel loro Paese. In molti casi, i missili Hellfire, ad esempio, sono prodotti in America, credo. E l’esplosivo viene fabbricato a 40 minuti da qui, vicino a Oslo, in un’azienda chiamata Chemring Nobel, che in realtà era precedentemente di proprietà della famosa famiglia Alfred Nobel, e si chiama ancora Nobel. Ed è lì che producono gli esplosivi che finiscono nella testata dei missili che Shira e i suoi amici stanno sparando contro le abitazioni di Gaza. Quindi sono tutti fratelli d’armi dei Fratelli in Armi israeliani.

Jonathan Ofir è un direttore d’orchestra, musicista, scrittore e blogger israelo-danese, che scrive regolarmente per Mondoweiss.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

24/12/2023 https://www.invictapalestina.org/

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