Unitevi alla ribellione

Saremo a Roma dal 29 al 31 ottobre 2021 per dire ai Governanti dei Paesi del G20, presenti nella capitale per il Vertice, che sono i primi responsabili della gravità della crisi climatica e ecologica in atto.

Il Gruppo dei 20 è infatti responsabile del 75% delle emissioni globali e il principale finanziatore di progetti legati a petrolio, gas e carbone. Gli stati che compongono il Gruppo propugnano il mito della crescita economica infinita, adottano il PIL come unico parametro di misurazione del benessere e trascurano deliberatamente che il modello da loro imposto si sostenga solo con la depredazione di risorse naturali e l’estrattivismo, con maggiori emissioni di CO2, con programmi neoliberisti e una insopportabile ingiustizia tra paesi poveri e ricchi.

Il Vertice G20 è l’ennesimo appuntamento autoreferenziale, a porte chiuse, dove le maggiori potenze economiche del mondo lasciano fuori gli altri 188 Stati del mondo e tutt* noi.

Così facendo asserisce implicitamente che il denaro domina il mondo e decide sul destino di tutte e tutti. Si attacca pervicacemente a uno status fallito.

Questo è inaccettabile in un momento storico che ha già decretato l’implosione del capitalismo, del liberismo, della crescita infinita. 

Un sistema basato esclusivamente sulla crescita economica risponde a un impulso egoistico, cieco e primitivo, espressione di un patriarcato che pervade tutto e di uno sprezzo verso la persona e la natura inaccettabili.

Dalla Cop26, in fermento per il prossimo appuntamento di novembre, giungono notizie allarmanti: Greenpeace UK ha svelato che proprio alcuni Paesi del G20 (Brasile, Argentina, Australia, Giappone, Stati Uniti e altri), grandi estrattori di petrolio, carbone, gas e produttori di intensivo animale e vegetale, stanno facendo pressioni per moderare i moniti presenti nell’ultimo rapporto IPCC e per sminuire le previsioni catastrofiche degli scenari paventati nel rapporto in base al grado di impegno che gli Stati del mondo saranno in grado di attuare per contenere il riscaldamento climatico. 

Nulla di nuovo in sintesi, è l’altra faccia del famoso business as usual: si oppongono alla cessazione di estrazione delle fonti fossili, alla necessaria “dieta verde” e spingono per un’apertura sul nucleare

Ancora, il “2021 Production Gap Report” diffuso dall’Unep il 20 ottobre scorso, evidenzia come i governi stiano pianificando di produrre entro il 2030 il 110% in più di combustibili fossili, rispetto al necessario per limitare il riscaldamento globale a 1,5%.

Anche l’Italia sta pianificando di aumentare la produzione di gas addirittura fino al 2040. 

La narrazione che si sta affermando lascia sempre più spazio al potere salvifico della tecnologia e alla competenza dei tecnocrati. Ne sono un esempio il tentativo di inserire il finanziamento dei progetti ENI di cattura e stoccaggio della CO2 nel PNRR, bocciati dall’Unione Europea [Il Fatto Quotidiano, 2021], o il riproporre il nucleare come fonte di energia pulita [Progetto reattore Natrium, The Guardian 2021]. 

Questo sebbene i principali driver dell’aumento delle emissioni siano i consumi [Nature, 2020] e la tecnologia [The New European, 2020]. 

La verità è che l’umanità dispone di mezzi e risorse per attuare il cambiamento necessario. Purtroppo la volontà politica è la grande assente.
L’equità tra i popoli e l’equilibrio ambientale si raggiungerà solo se i Paesi più ricchi del mondo rinunceranno ai loro privilegi e ridurranno il loro abnorme impatto sulla crisi climatica e ecologica. 

Un dato esemplificativo: se l’impronta carbonica media globale è attualmente di 4 tonnellate di CO2, sono i paesi ricchi a far impennare la media (Italia, Francia, Regno Unito 7 tonnellate CO2 procapite, Germania 9, USA 16) e i paesi poveri a contenerla (Bangladesh 0,29 ton.Co2 annue procapite). 

Per contrastare il cambiamento climatico, ci dicono gli scienziati, dovremmo raggiungere un equilibrio di 2 tonnellate CO2 procapite tra tutti i cittadini del mondo. 

E’ evidente che l’impegno deve essere globale, non possiamo contare su sparute buone pratiche. C’è bisogno di concertazione internazionale spinta e accelerata, di ricerca, di finanziamenti mirati, di sostegno all’innovazione, di ridistribuzione, di intersezionalità in uno scenario geopolitico assolutamente fragile, pervicacemente attaccato a logiche di potere e di accumulo. 

Da decenni i paesi del G20 ignorano gli effetti del collasso climatico perché questi colpiscono principalmente i paesi più poveri, fragili e depredati che poi, fatalmente, alimentano la massa di profughi in fuga. 

Ormai è chiaro che non c’è una parte “giusta” del mondo dove stare per salvarsi, gli effetti si stanno riversando con maggiore violenza anche in occidente. Inondazioni, alluvioni, caldo mortale, siccità, devastazioni di raccolti, perdita di biodiversità… E la stessa pandemia Covid-19. 

Il virus Sars-Cov-2 ci ha insegnato che deforestazione, commercio sconsiderato di animali e allevamenti intensivi, hanno scatenato zoonosi devastanti e lo faranno sempre di più. 

Tutto sempre rigorosamente made in men

Il rapporto Ipbes su Biodiversità e pandemia, nell’ottobre 2020 ci metteva in guardia anche sulle risposte offerte: “Le attuali strategie sanitarie concentrate solo a controllare le pandemie dopo la loro comparsa, sperando poi in vaccini e terapie, non sono un modo realistico per evitare l’era delle pandemie”. Lo stesso rapporto precisava che sarebbe utile parlare di sindemia cioè “l’interazione della malattia da coronavirus con l’aumento continuo delle malattie croniche e dei loro fattori di rischio, tra cui obesità, iperglicemia, inquinamento atmosferico.” Per questo “una gestione a valle e biomedica dell’emergenza, concentrata sulle sole modalità del contagio e su come interromperlo, non arriva alle cause ed è destinata a fallire”. 

La società del benessere e dell’opulenza è in realtà una società profondamente malata. Viviamo in un sistema tossico, mangiamo cibo spazzatura, lavoriamo in ambienti insalubri, respiriamo aria inquinata.  

Da qui la profonda necessità di ribellione

Azioni di disobbedienza civile nonviolente scandiranno i lavori del Vertice perché la politica ha fallito e elude una reale democrazia partecipativa. Coinvolge un numero ristretto di uomini ricchi e potenti la cui separatezza dalla cittadinanza sarà evocata dalla cortina di ferro e dal massiccio dispiegamento di forze che blinderà Roma.

Mura che escludono, che negano il dialogo. 

Extinction rebellion chiede piuttosto di introdurre le assemblee dei cittadin* per una gestione collettiva che superi il fallimento della democrazia rappresentativa. 

XR sta tracciando un percorso diverso, chiede un mondo in cui vivere seguendo una cultura sana, creativa, resiliente e adattabile. Chiede di compiere scelte profonde, difficili ma necessarie, chiede di serrare quell’inaccettabile forbice tra opulenza della sfera ricca e miseria e sfruttamento del resto del globo. Chiede di partecipare alle decisioni di una politica palesemente inadeguata a tutelare gli interessi di tutt* gli esseri umani.

Non c’è più tempo. L’Onda Lunga della Ribellione di Extinction Rebellion, iniziata il 1 aprile sul tema della Finanza Fossile, per indurre i correntisti a disinvestire dagli istituti di credito che continuano a finanziare carbone, petrolio e gas, continuata al G20 Economia di Venezia, poi al G20 Ambiente di Napoli, alla preCop26 a Milano, sarà ora a Roma, per il Vertice del G20 dal 29 settembre al 31 ottobre per poi andare a Glasgow in occasione della COP26.

C’è bisogno delle energie di tutte e tutti, unitevi alla ribellione

Extinction Rebellion Italia

26 Ottobre 2021

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