Contenzioso di Kano: “i medici bianchi” della Pfizer in un crimine coloniale e razzista

(foto: Il Post)


In questi giorni sembra che la Pfizer poterà la salvezza nel nostro mondo occidentale con il suo vaccino, ma non sempre questo colosso farmaceutico ha portato salvezza nel mondo. Molti infatti sono stati i casi di corruzione, di lobbismo tra i governi neoliberisti e di malasanità, sfociando addirittura all’espropriazione del diritto alla salute. Uno dei questi è il “Contenzioso di Kano” che vide coinvolta la multinazionale Pfizer in molti casi giudiziari in seguito ad una sperimentazione umana non autorizzata su dei bambini della città di Kano, in Nigeria.

Era il 1996 e più di 12.000 persone morirono a causa di un’epidemia di meningite in Africa. Nel nord della Nigeria, a Kano, l’epidemia si stava riversando mietendo moltissime vittime e l’arrivo dei medici stranieri era visto dalla popolazione come una salvezza, perché potevano offrire gratuitamente cure che erano costosissime. Mentre l’organizzazione umanitaria di Medici Senza Frontiere aveva allestito un centro di cura, i ricercatori della Pfizer avevano istituito un reparto a parte, offrendosi di curare circa 200 bambini nell’ambito di un programma d’emergenza lanciato dall’OMS (Organizzazione mondiale della Sanità). In realtà stavano usando l’epidemia di meningite della Nigeria per condurre esperimenti su bambini con il Trovan, ritenuto dalla Pfizer un nuovo antibiotico sperimentale promettente. Gli analisti di Wall Street avevano affermato che Pfizer avrebbe potuto raccogliere 1 miliardo di dollari l’anno se il Trovan avesse ottenuto l’approvazione per tutti i suoi potenziali usi. Nello studio la trovafloxacina (contenuta nel Trovan) confrontata con il ceftriaxone considerato il gold standard della terapia della meningite meningococcica.

La compagnia non riusciva a trovare abbastanza pazienti negli Stati Uniti, quindi i suoi ricercatori erano venuti a Kano durante l’epidemia di meningite. Il protocollo prevedeva una randomizzazione in aperto con due bracci, rispettivamente trovafloxacina e ceftriaxone. Il ceftriaxone venne somministrato alla dose iniziale di 100 mg/kg, mentre le dosi successive vennero ridotte a 33 mg/kg.

Fu così che il Trovan, portò alla morte di cinque bambini, mentre molti altri rimasero vittima di cecità, malformazioni e paralisi. Nonostante ciò, secondo i medici della Pfizer, il test ebbe un buon risultato con un tasso di sopravvivenza del 94,4% rispetto a quello globale dell’epidemia, inferiore al 90%.

Nel 1996 il Trovan venne messo in commercio in Europa solo per gli adulti e nel 1998 venne ritirato dal mercato per l’alta tossicità. Il 17 dicembre 2000, il giornalista Joe Stephens scrisse un articolo sul Washington Post che ben descrisse la situazione di Kano, provocando l’interesse dell’opinione pubblica mondiale.

Tra i casi più problematici che vennero riportati vi fu quello di una bambina di 10 anni dal peso di 41 chilogrammi che nell’aprile del 1996 contrasse la meningite ma morì 3 giorni dopo aver preso una dose di 56 milligrammi dell’antibiotico sperimentale Trovan. Il suo nome non è mai stato noto, ma fu sostituito dai medici della Pfizer come paziente numero 0069 nel sito di test numero 6587. Un numero, tanto per svelare quanta considerazione avessero dei loro pazienti.

Nessuno può sapere se quella morte avvenne in conseguenza della sperimentazione, soprattutto visto che gli unici dati in possesso provengono dalle cartelle cliniche dei ricercatori Pfizer. Eppure il Washington Post nel corso degli anni si concentrò molto sugli esperimenti farmaceutici in Africa, Asia, Europa dell’Est e America Latina, rilevando un sistema di test in piena espansione, scarsamente controllati, dominato da interessi privati volti solo al favore economico. FDA e EMA da sempre richiedono che i pazienti debbano essere informati sui test e che debbano essere pienamente a conoscenza degli esperimenti, eppure l’indagine che nacque dai processi legati al “Contenzioso di Kano” e successivamente dal Washington Post, rilevò che in molti altri casi le regole non venivano applicate, non vi era nessun consenso informato e, pertanto, in che modo l’FDA o l’EMA approvano prodotti farmaceutici se manca la documentazione necessaria all’approvazione stessa?

Questi farmaci travalicano le normative nazionali con una scarsa revisione governativa ed entrano nella totale revisione unicamente privata: il controllore è colui che produce, testa, vede. Le scarse risorse che FDA destina alla supervisione degli esperimenti all’estero, permettono alle case farmaceutiche di pagare i medici nei paesi del Terzo Mondo e nell’Europa dell’Est, per testare i propri farmaci a migliaia di soggetti umani.
Una fonte anonima inviò nel 2006 al Washington Post un rapporto molto lungo e dettagliato del governo nigeriano che venne nascosto durante le indagini degli avvocati dei bambini, che afferma:
“Pfizer non ha mai ottenuto l’autorizzazione dal governo nigeriano a dare il farmaco non provato a quasi 100 bambini e neonati. Pfizer ha selezionato i pazienti in un ospedale da campo nella città di Kano, dove i bambini erano stati trattati per un ceppo spesso mortale di meningite. All’epoca, Medici senza Frontiere distribuiva antibiotici approvati all’ospedale… L’esperimento di Pfizer è stato un processo illegale di un farmaco non registrato, un chiaro caso di sfruttamento dell’ignoranza”.

Pfizer fin da subito ha sostenuto che i suoi ricercatori hanno mostrato aiuto filantropico per combattere l’epidemia, quando in realtà si trattava di operazioni finalizzate al puro profitto: testare gratuitamente farmaci sperimentali per avere approvazione in patria per poi avviarne il commercio: una trama oscura del filantro-capitalismo. La commissione medica nigeriana infatti respinse totalmente questa ridicola spiegazione, dal momento che i medici della Pfizer se ne sono andati mentre “l’epidemia era ancora in corso” e l’esperimento ha violato la legge nigeriana, la Dichiarazione internazionale di Helsinki che disciplina la ricerca medica etica e la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia.

Le indagini conclusero con una conferma: la Pfizer non chiese mai il consenso dei genitori dei bambini nè del governo nigeriano per il trattamento sperimentale. Nel 2010 La Corte Suprema Nordamericana ha autorizzato il processo contro la Pfizer e quattro famiglie nigeriane hanno ricevuto un risarcimento di 175.000 dollari ciascuna da un fondo di 35 milioni di dollari creato da un accordo tra la casa farmaceutica e la città di Kano dove sono avvenute le sperimentazioni.

Ad oggi moltissimi nigeriani non hanno ancora avuto giustizia e rimangono ancora moltissimi misteri. Per esempio il fatto che siamo a conoscenza del rapporto del governo nigeriano grazie al Washington Post poiché la relazione rimane tutt’oggi riservata. Lo stesso capo del gruppo investigativo governativo, Abdulsalami Nasidi, dichiarò nel 2006 che il rapporto non è mai stato pubblicato e si presume, secondo i quotidiani nigeriani, che Nasidi ritrattò essendo stato l’obiettivo di minacce di morte ad oggi non specificate.

Solo il 10 dicembre 2010, secondo quanto diffuso dal sito Wikileaks, la Pfizer avrebbe tentato di ricattare le autorità nigeriane, secondo quanto pubblicato da un dispaccio dell’ambasciata americana di Abuja diffuso dal giornale inglese The Guardian. Nel documento riservato si rivela come la multinazionale abbia assoldato un investigatore privato per trovare prove di un eventuale corruzione del procuratore generale della Nigeria; Michael Aondoakaa ciò per indurlo ad archiviare il caso in oggetto. Inoltre, il documento cita che, sulla stampa locale, sono apparsi articoli di episodi di corruzione che avrebbero coinvolto il procuratore tra il febbraio e marzo del 2009.

Significativo è il servizio che fece Report su questo scandalo della Pfizer, facendo riflettere su come l’Africa sia un luogo geografico di sperimentazioni del neoliberismo per l’Occidente. In quella puntata vennero intervistate le vittime ed esponenti della popolazione che stavano mettendo anima e corpo in questa lotta di giustizia contro il colosso farmaceutico. Gli stessi nigeriani parlavano di “medici bianchi della Pfizer” che da occidentali si impossessano, in chiave neocolonialista, della vita delle persone e fa impressione come sia state le stesse famiglie nigeriane a leggerne un chiaro atteggiamento razzista che si concretizzava con “usano i neri tanto sono neri”. “Più interessante però è vedere come ancora oggi le case farmaceutiche, per la salute di alcuni distruggano quella di altri, attraversò una scienza che in verità è sempre più dipendente dall’accumulo capitalistico e si orienta attraverso dinamiche di classe e di razza molto ben definite. È la cosiddetta scienza capitalista, occidentale, suprematista e patriarcale di cui parla Vandana Shiva che ci invita a riflettere sui concetti di colonialità, decolonialità e scientificità di un sapere come universale, svelando la retorica del tecnocapitalismo come “il progresso e lo sviluppo” che, attraverso epistemi occidentali, porta con sé una forte visione razzista.

Molte volte ho sentito parlare persone che definivano le morti sul lavoro “un rischio del progresso” e mi batterò fino all’ultimo affinchè questo messaggio non passi per tutte queste situazioni. Se il “progresso” prevede la mercificazione della vita, vuol dire che è regresso o ancora peggio, come direbbe Pierpaolo Pasolini, “sviluppo”.

Lorenzo Poli

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

12 novembre 2020

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