DEPRESSIONE E MOBBING SEMPRE PIU’ CONNESSI.

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Mobbing sul lavoro, ma anche in ambito sociale, e depressione sono strettamente legati a tal punto che oggi abbiamo perfino una Assicurazione INAIL che riconosce la malattia professionale causata dalle attività svolte, e subite, nei luoghi di lavoro

Anni fa uscirono statistiche per denunciare l’abuso di psicofarmaci, altre inchieste hanno documentato le crescenti sindrome depressive causate dal lavoro dove la tanto decantata mobilità e produttività hanno alimentato dinamiche spesso opprimenti.

La sindrome depressiva in questo caso è legata a una condotta vessatoria subita dal lavoratore, ma prima dell’indennizzo bisogna dimostrare la fondatezza e l’avvenuta vessazione.

Tutto parte dall’ennesima sentenza di Cassazione che riconosce a un lavoratore non solo la natura della depressione ma obbliga l’INAIL alla copertura assicurativa. Si tratta di una novità rispetto al testo unico del 1956 (perché non aggiornarlo) che disciplina infortuni e malattie professionali. Si parla infatti di indennizzo da parte dell’INAIL riconoscendo la depressione per mobbing come vera e propria malattia professionale.

Il ragionamento da fare è tuttavia un altro, si interviene dopo anni di vessazione e di mobbing, anni di cause lunghe e costose, si obbliga alla copertura assicurativa ma cosa facciamo concretamente per prevenire il diffondersi delle malattie professionali?

In agricoltura chi contestava l’uso del glisofato è stato vittima di derisioni salvo poi scoprire la pericolosità dei diserbanti per la nostra salute. Che l’INAIL debba allargare il proprio raggio di azione è indubbio come anche la necessità, e l’urgenza, di rivedere l’elenco delle malattie professionali riconosciute visto che all’appello ne mancano diverse (basterebbe guardare fuori dall’Italia giusto per non ripetere quanto accaduto con l’eternit, bandito negli USA, ma per anni consentito nelle lavorazioni in Italia).

Esistono vari fattori di rischio, da quello più tangibile legato alla lavorazione a un rischio collegato alla mansione, ma non direttamente dipendente. Un po’ come accaduto con il fumo passivo…

Poi ci sono altri fattori di rischio, quelli sociali sovente ignorati, per esempio l’infortunio in itinere, giusto per ricordare come la tutela del lavoratore sia una disciplina complicata e bisognosa di continui aggiornamenti che invece tardano sovente ad arrivare.

E’ sicuramente un passo avanti che la copertura assicurativa riguardi malattie diverse da quelle professionali incluse nelle tabelle ministeriali, sarebbe utile e doveroso aggiornare le stesse tabelle con sguardo acuto e non solo secondo logiche di contenimento del danno o del costo.

Non sempre è facile dimostrare la causa di lavoro connessa a una malattia o patologia: ormai le malattie connesse alla natura psichica del lavoro sono sempre più diffuse e collegate all’organizzazione capitalistica del lavoro che mette a rischio non solo la nostra salute e sicurezza ma è fonte di continuo disagio e stress.

Lavorare stanca e probabilmente è un bene, ma lavorare in condizioni diverse, con orari ridotti e senza il costante ricorso alla competizione interna, rimuovere le sostanze nocive e le lavorazioni pericolose dovrebbe essere un obiettivo da perseguire ogni giorno, non solo per il sindacato ma anche per l’INAIL.

E l’assicurazione ben venga, ma la sua istituzione non risolve i problemi troppe volte dimenticati.

CASSAZIONE

ASSICURAZIONE INAIL PER LA DEPRESSIONE DERIVANTE DA MOBBING SUL LAVORO E’ MALATTIA PROFESSIONALE SE DOVUTA ALL’ORGANIZZAZIONE DELL’ATTIVITÀ SVOLTA

La sindrome depressiva causata dalla condotta vessatoria subita dal lavoratore deve essere indennizzata dall’INAIL quale malattia professionale, anche se non è compresa nelle Tabelle del Decreto del Presidente della Repubblica 1124/65 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali).

Con la sentenza 20774/18 depositata ieri, la Suprema corte ha cassato la decisione della Corte d’appello di Perugia (che a sua volta aveva confermato la sentenza del Tribunale) relativa alla causa promossa da un dipendente contro il suo datore di lavoro e l’INAIL.

Secondo i giudici dei primi due gradi, l’assicurazione obbligatoria gestita dall’INAIL non copre le malattie professionali derivanti da “situazioni di costrittività organizzativa”, ma solo quelle connesse, direttamente o indirettamente, alle lavorazioni individuate dall’articolo 1 del D.P.R. 1124/65.

La copertura assicurativa scatterebbe solo a fronte di malattie conseguenti ad attività specifiche e rimarrebbero escluse quelle derivanti dall’organizzazione del lavoro.

La Cassazione è di diverso orientamento, ma per giungere alla conclusione ripercorre l’evoluzione della normativa e della giurisprudenza relative all’ambito di tutela dell’assicurazione contro le malattie professionali.

La Suprema Corte inizia con il ricordare che, per costante e risalente orientamento giurisprudenziale, si considera non solo il rischio specifico proprio della lavorazione, ma anche il “rischio improprio” cioè quello “non strettamente insito nell’atto materiale della prestazione ma collegato con la prestazione stessa”. Rientra in tale estensione dell’ambito applicativo, per esempio, la tutela contro la malattia riconducibile al fumo passivo di sigaretta riconosciuta ai lavoratori ad esso esposti durante l’attività svolta.

Analoga evoluzione richiamata dalla Cassazione è quella dell’infortunio in itinere, che è svincolato dalla specifica attività svolta. E inoltre una “ulteriore estensione dell’ambito della tutela assicurativa è stata realizzata sulla scorta della nozione di rischio ambientale” che tutela i lavoratori presenti nello stesso luogo, a prescindere dalla manualità della mansione effettivamente svolta.

Viene poi richiamata la Sentenza 179/88 della Corte costituzionale, a seguito della quale l’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali vale anche per le malattie diverse da quelle incluse nelle tabelle, purché sia provata la causa di lavoro, come confermato dall’articolo 10, comma 4, della Legge 38/2000.

La conclusione di questo ragionamento, per i giudici di Cassazione, è che tutte le malattie di “natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile al rischio del lavoro, sia che riguardi la lavorazione, sia che riguardi l’organizzazione del lavoro e le modalità della sua esplicazione” sono indennizzabili, anche perché il lavoro riguarda sia la sfera fisica che quella psichica delle persone. Quindi ogni tecnopatia conseguente all’attività svolta è assicurata all’INAIL.

Federico Giusti

28/8/2018 SGB Sindacato Generale di BAse

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