Il male invisibile. Ogni giorno indosso la mia maschera per trovare la forza

La mia vita non è cambiata, continuo con i ritmi di sempre pur sapendo che ogni giorno perdo un piccolo tassello del mio puzzle. Ogni mattina al risveglio sento sgretolarsi qualcosa di me: la convinzione che non le permetterò di cambiarmi. Trovare l’energia per sollevarsi da letto è sempre più difficile e alcune volte non ci sono alternative: mi arrendo ai dolori e bloccata per ore nella stessa posizione attendo che i miei muscoli smettano di urlare e la mia mente ritrovi lucidità. Non si vede, non lascia segni sulla pelle o causa ferite che gli altri possono vedere. E’ un solitario dolore disperato. Una battaglia impari: più mi sforzo di resisterle e più Lei si accanisce sul mio corpo. L’energia è sempre più preziosa: non bisogna sprecarla ma usarla con accortezza. Nulla è più banale: la giornata va organizzata in modo da ridurre gli “sprechi”. Ogni variazione dell’ultimo momento è destabilizzante, sgretola tutta una rassicurante e accurata programmazione. Le giornate si accorciano: quando arriva la sera il mio corpo grida così forte che non posso più fingere e allora accade che all’improvviso concedo un attimo a me stessa.

Questo è il momento peggiore: sento le urla del mio io, usurato, rassegnato, ormai privo di forze e stremato dalla mia caparbietà. I dolori mi bloccano il corpo e la mente. Le lacrime sciolgono la maschera che erigo intorno a me per proteggermi dalla quotidianità. Mi svuoto di tutto e di tutti. Lentamente ritrovo quel minimo di forza che mi permette nuovamente di sollevare lo sguardo e riposizionare quella maschera che mi protegge all’apparenza dagli sguardi attoniti di chi non conosce o difficilmente comprende questa malattia subdola. Cerchi di fare una vita come tutti: puoi camminare, vai al lavoro, a fare la spesa, esci persino con i tuoi amici la sera. «Come puoi essere malata? Starai sicuramente inventando una malattia o esagerando!». Inutile descrivere quanta rabbia e quanto dolore queste frasi provochino, soprattutto perché alla fine ci si crede e ci si convince di non valere nulla.

Eppure, dietro un’apparenza di vita normale, c’è una grande sofferenza quotidiana: anche i gesti più piccoli diventano operazioni difficili che richiedono un grande sforzo e una grande fatica. E si arriva a un punto che non ce la si fa più. Se una persona “normale” a fine giornata crede di essere stanca, dovrebbe sapere come si sente chi ha questa malattia. Si arriva al punto di non riuscire più ad andare al lavoro e a gestire la casa. E’ stata definita una malattia fantasma, perché in passato si è perfino dubitato che esistesse davvero e i disturbi da cui è caratterizzata vengono spesso ritenuti di tipo psicologico. Capita che non venga riconosciuta, che sia scambiata per altre condizioni con sintomi simili. Anche i medici, e perfino gli specialisti la conoscono poco. A soffrirne sono per la stragrande maggioranza (l’80-90 per cento) donne. Dolori in tutto il corpo.

Una delle difficoltà nel riconoscere questa malattia è che non esistono test clinici per diagnosticarla, dato che non sono state individuate alterazioni riscontrabili con esami strumentali o di laboratorio. La diagnosi si basa esclusivamente sui sintomi, sullo studio della localizzazione dei dolori e sull’esclusione di malattie che presentano alcune analogie, come la polimialgia reumatica, per esempio, in cui però risultano alterati gli indici dell’infiammazione, l’artrite reumatoide o l’ipotiroidismo. Le cause. Non si sa perché insorga la fibromialgia. Ad accomunare chi ne soffre spesso c’è un trauma fisico, oppure un’infezione, un lutto. In Europa 14 milioni di persone soffrono di Fibromialgia, una patologia caratterizzata da dolori muscolari cronici e diffusi. Il Parlamento europeo, nel 2008, l’ha riconosciuta come malattia estremamente invalidante. Il governo italiano, invece, si ostina a non farlo, nonostante a soffrirne, in Italia, siano almeno in 2 milioni. La conseguenza è la negazione del diritto delle persone fibriomialgiche a una buona qualità di vita.

Marilena Pallareti

Docente

Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute

Pubblicata sull’ultimo numero della rivista www.lavoroesalute.org

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