Il diritto alla salute mentale, per tutti

L’attuale logica della salute mentale – basata sulla risposta individuale, per lo più episodica, declinata in ambito privatistico,  affidata alle dinamiche del mercato e alla disponibilità di spesa dei singoli –  configura una grave, inaccettabile disuguaglianza sanitaria.

Di recente è stata presentata la Consensus Conference sulle terapie psicologiche per ansia e depressione dell’Istituto Superiore di Sanità (1), promossa dal Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università degli Studi di Padova. Citare questo lavoro come dato di partenza mi pare importante per lo sforzo che ha richiesto e per il tentativo di andare al di là di una generica promozione delle terapie psicologiche e del lavoro degli psicologi con i cosiddetti ‘disturbi mentali comuni’ (OMS). Vero è che queste condizioni sono emerse con prepotenza durante il Covid, quando sono state viste negli angusti spazi privati e nella contrazione dello spazio pubblico, e a volte finalmente comunicate. Ma sono esplose soprattutto dopo, in relazione all’emergere di effetti soprattutto di ordine relazionale e sociale sulla salute mentale a più lungo termine, che hanno impattato soprattutto i gruppi di popolazione più vulnerabili. Tra questi, esemplarmente, i giovani, soprattutto nella fascia scolare e universitaria, la cui condizione evolutiva va accolta e compresa, ma non immediatamente sottoposta a codifiche e risposte di ambito ‘psi’.

Ciò ci riporta agli sforzi di analisi, anche politica, che la pandemia ha comportato relativamente ai gap di cura e trattamento esistenti in Italia in tutto l’ambito della salute e in medicina, e che sono culminati in due eventi, nel 2021 (la Conferenza Nazionale ministeriale sulla Salute Mentale) e nel 2022 (il Summit Globale sulla salute mentale ospitato a Roma sempre dal Ministero della Salute). La stessa OMS ha finalmente, sulla scorta dell’art. 25 della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità, affermato senza indugio, nel Report Mondiale sulla Salute mentale (2), che è necessario garantire un diritto alla salute mentale per tutti, in maniera universalistica, almeno come aspirazione e come meta ideale. Ciò non elude il fatto che il disagio e la sofferenza umana, il dolore stesso in quanto percepito soggettivamente, sono esperienze ineliminabili e legate al vissuto del singolo, ma sottolinea che le società e gli stati dovrebbero offrire risposte tese ad alleviarne l’impatto sui loro cittadini e a garantire cure laddove necessarie e utili.

Roberto Mezzina

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29/5/2023

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