La Fornero versione pentastellata

pensionata al lavoro

Si è diffusa la voce di un Governo per il quale prima di tutti gli altri dovrebbero esserci gli italiani, un governo che non si fa problemi a lasciare barconi pieni di migranti nel Mar Mediterraneo, governo per il quale i diritti umani sono variabile dipendente dall’etnia o dal paese di provenienza.

Ma tra le voci, vere e presunte che siano, in corso d’opera ne troviamo una sulle pensioni, o meglio sulla lotta (si fa per dire) M5S-Lega sul “ricalcolo” delle cosiddette “pensioni d’oro”.

Esiste già un testo di legge depositato in commissione Lavoro alla Camera.

Ricorderete varie promesse – una di cui si è persa traccia è la riduzione degli stipendi dei parlamentari – tra le quali una mirante a limitare vitalizi e pensioni per ridurne le quote retributive se superiori a 4.500 euro netti al mese (90mila euro lordi l’anno). Già le due soglie, stando alla proposta di legge, risultano maggiorate rispetto a quelle di 4mila euro mensili netti (80mila annui lordi) previste nella prima bozza di fine luglio. Ritocchi di non poco conto e portati con lo sguardo puntato alle denunce dei redditi padane al fine di non intaccare i privilegi di quella classe media, imprenditoriale e non, che da anni ha dato forza alla Lega.

Ci sembra evidente il carattere strumentale di questa operazione da immagine. Non si vanno a colpire gli assegni previdenziali, o le rendite, superiori a una certa soglia, stabilendo il principio della solidarietà (con decurtazioni progressive) verso chi non possiede un reddito o per favorire il lancio del reddito di cittadinanza. Gli assegni infatti verrebbero calcolati in base all’età della pensione (penalizzando chi è andato prima e quindi rispondendo a una logica non di equità sociale ma punitiva verso quanti sono andati in pensione attorno ai 60 anni o poco prima), la scelta va verso l’utilizzo di una sorta di rapporto tra i coefficienti di trasformazione delle età dei pensionati rispetto a un’età predefinita.

Se l’obiettivo del Governo è rivedere (perché non parlano più da mesi di cancellarla) la Fornero applicando la quota 100, non è ancora chiaro il metodo con cui saranno valutate le varie situazioni, il pericolo è che si vada a colpire chi è andato in pensione prima solo perché non si è trattenuto al lavoro. Se così fosse, o sarà, saremo davanti al paradosso di assegni da 5\6 mila euro mensili che sarebbero ridotti in maniera diseguale a seconda dell’età pensionabile. Usare il condizionale è d’obbligo perché lo stesso Governo si arrampica sugli specchi dopo le roboanti promesse elettorali, resta il fatto che se una pensione è elevata e deve lasciare un contributo di solidarietà poco importa se chi la percepisce è del Nord o del Centro, se è andato in pensione prima o dopo, il solo parametro oggettivo è dato dall’importo dell’assegno previdenziale.

Le risorse risparmiate, ma nessuno ha idea quanto sia il loro ammontare, sembra siano destinate a un Fondo con il quale finanziare l’aumento a 780 euro le pensioni minime e delle pensioni sociali.

Il cantiere pensioni è ancora aperto ma sbaglieremmo a non collegarlo a quanto succederà ai contratti e al welfare poiché l’obiettivo è ricalcolare la spesa pubblica e la sua stessa distribuzione. Del resto in casa Lega si dice che il 55% della spesa pubblica va verso politiche sociali (leggi pensioni), sanità e spesa sociale, l’obiettivo sarebbe quello di risparmiare un po’ di soldi per investirli nel reddito di cittadinanza.

Ma quando si tratta di risparmiare, sappiamo, ahimè, quali sono le vittime predestinate. Nel governo non esiste accordo e armonia, non si dice ancora dove prenderanno i soldi necessari alla copertura della prossima legge di bilancio. I vari ministeri hanno già operato tagli, ora dovrebbero raschiare il fondo del barile, per questo si ipotizzano tagli lineari della spesa corrente tra l’1 e il 2%. Ma ogni volta che i governanti parlano di tagli agli sprechi l’obiettivo è sempre lo stesso: colpire il lavoro pubblico e i servizi sociali. Gli oggetti sacrificali sono i contratti pubblici e la spesa sanitaria.

Mentre Di Maio dichiara che il Ministro Tria dovrebbe trovare i soldi necessari a finanziare il reddito di cittadinanza, quest’ultimo ha promesso a Bruxelles di continuare sul percorso imboccato da Renzi e Gentiloni: la riduzione del debito. L’ennesima spending review torna ad essere una concreta possibilità.

Ma il fronte caldo resta quello previdenziale, e lo sarà ancora per settimane, del resto “senza alcuna riduzione attuariale” delle nuove pensioni, qualunque sia la decisione sulla quota 100 l’obiettivo del Governo resta quello diestendere il regime contributivo e allungare l’età lavorativa, obiettivi che poi erano gli stessi della Fornero.

Non sarà che i detrattori della ministra piangente si muovano sulla stessa linea dei governi voluti dalla Bce?

Federico Giusti

22/09/2018 www.lacittafutura.it

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