La misericordia? Un altro bel sorriso di quel simpaticone di Bergoglio!

La scelta del Vaticano di indire un Giubileo straordinario è una occasione davvero ghiotta per tentare di fare il punto su questo primo biennio di pontificato di Francesco I, un papa che ha acceso così tante speranze soprattutto a sinistra. Archiviato un po’ troppo in fretta il dossier sul suo ruolo nel periodo della dittatura argentina, la sinistra continua con un atteggiamento di forte apertura di credibilità nei confronti di un “pastore” che a veder bene più in là di qualche bella e colorita parola sul capitalismo e sulle guerre non è mai andato. Che ne è del dossier Unicef sulla pedofilia? Boh. 
Perché il Vaticano si è rifiutato di ottemperare alle richieste di fornire le “liste nere”? Insomma, nella buona sostanza siamo ancora al “quel gran simpatico di Bergoglio”. E niente di più. Lasciamo stare le facili critiche sul Giubileo straordinario, o meglio, sulla “grande opera” della Chiesa di Roma, che va ad aggiungersi all’Expo, nel tentativo di drogare l’asfittica economia del Bel Paese e racimolare qualcosa per sé, visto che dentro lo Ior il gioco comincia a farsi duro. In fondo si è trattato del più classico “Do Ut Des”: io vi faccio vedere due o trecento conticini strani dello Ior e voi mi fate un bel servizio a Roma con il Giubileo straordinario sulla misericordia. Stop. Dopo resteranno solo macerie e costi che qualcun altro pagherà. 

Il punto da discutere, credo sia proprio il passaggio sulla misericordia, da portare a tutti, credenti e non. E’ un concetto di una potenza straordinaria. Ma va maneggiato con cura. La misericordia, in buona sostanza, è l’incontro con l’altro. Ma, ancora di più, soprattutto in un frangente storico così drammatico, è l’unico atto reale che può correggere l’orologio della storia, le cui lancette più che portate indietro andrebbero quanto meno regolate. Non c’è niente di più universale in questo momento che la misericordia. E’ il messaggio più “antipolitico” che si possa immaginare perché dice alla politica che non c’è più spazio per quel tirare a campare senza “visioni”. Il baratro è davanti a noi. E non si può più fingere. 

La misericordia ha bisogno di due ruoli: il sofferente e il misericordioso. Tra i due, è il secondo che compie l’atto come scelta deliberativa. Il primo, però, anche se costretto dalle necessità, deve comunque voler mostrare senza reticenze il senso del suo soffrire. Può darsi il caso di due sofferenze che si incontrano. Ma nella storia di solito questa circostanza dà il via alle rivoluzioni proletarie. E non penso che sia questo il caso. E nemmeno sta nelle intenzioni della Chiesa di Roma, che per definizione è una chiesa di tutti, anche dei ricchi. Dicevamo del sofferente che deve comunque mostrare la sua sofferenza, e in qualche modo rendere nominabile il suo bisogno di aiuto. Non è così automatico che questo avvenga. Il sofferente, per esempio, potrebbe sì intuire la disponibilità del misericordioso ma nello stesso tempo non convincersi della sua inclinazione d’animo fino ad affidarsi completamente a se stesso. Potrebbe, insomma, non ritenerlo credibile. Potrebbe chiedersi, infatti, “perché fa questo per me?”. Qui il punto in discussione non è tanto il fatto che la Chiesa non si è mai posta nemmeno lontanamente il problema di chiedere all’altro almeno una certa positiva disposizione verso l’aiuto. Il genocidio delle missioni, per esempio, nasce tutto da questa dimenticanza. Il punto è che si sta sbagliando ampiamente, e clamorosamente, l’oggetto della misericordia. Visto lo spessore della sfida di fronte all’umanità, la Chiesa di Roma dovrebbe essere misericordiosa innanzitutto verso se stessa se vuole davvero esercitare, dopo, una misericordia che abbia un senso verso l’altro. Ne guadagneremmo tutti.

L’essere misericordiosi verso se stessi è il preliminare della responsabilità in un mondo di catastrofi a go-go. I poveri cristi che ogni giorno attraversano il mondo, ormai fanno questo di mestiere. Ogni giorno accolgono la propria sofferenza di vivere in un mondo in mano completamente all’arbitrio dei potenti e dei ricchi, e molto umilmente scelgono di prendere “la croce”. Non è una virtù, no. E’ una necessità. Il panorama non prevede “condivisioni” di sorta. 

Perché anche la Chiesa deve essere chiamata alla misericordia verso se stessa? Perché il momento è drammatico. E anche la ricetta della Chiesa ha altissime probabilità di essere del tutto inutile ed inefficace. Le hanno provate tutte. E più che dire “aprite i cuori” non sanno fare. Forse è arrivato il momento di porsi le domande giuste. E non di sfornare risposte assorbite dal rumore quotidiano che diventa sempre più frastornante. 
Il travaglio che sta attraversando il Mondo è profondo e complesso. Il nodo non è quello di un semplice riequilibrio attraverso una “spoliazione” o un maggiore accoglimento del diseredato. Ma davvero si pensa che tutto sta nel trovare un modo per fare tutti contenti? Ammesso che questo modo venga trovato, la fame di giustizia che resterà “dopo”, per come stiamo messi, sarà ancora più forte.
Il Mondo è nei guai seri. A qualcuno deve essere sfuggito il senso della misura. Esportare “libertà” e “democrazia” a colpi di cannone non è stata in fondo una buona idea. E nemmeno pensare di continuare a far soldi sui debiti altrui e quindi sulla pelle degli sfruttati. Il capitalismo, per farla breve, sta vincendo la Parigi-Dakar. Ed è tutto contento di salire su un trono di sabbia. La bandiera del “tutti contro tutti” issata sulla collina del quartier generale non lascia presagire nulla di buono. Ma tutto questo non si può dire, tantomeno riconoscere.

Stavolta non ce la caviamo nemmeno con la misericordia più grande del mondo. E per il semplice motivo che siamo tutti invischiati. Tutti, nessuno escluso. E’ uno di quei momenti in cui se davvero dio esistesse dovrebbe cominciare a fare il suo “sporco lavoro” per il quale l’uomo lo ha chiamato sulla terra. E invece, ovviamente, latita. La Chiesa “temporale” finalmente è costretta a guardare in faccia la “temporalità” senza più nascondimenti e facili scorciatoie nel terreno di un “sacro” vecchio e ammuffito.  
Questa misericordia di papa Francesco, quindi, non essendo autentica; o meglio, non riconoscendo l’oggetto reale del suo amore, è destinata a non misurarsi con i problemi reali del Mondo. E quindi sarà un altro bel sorriso di quel simpaticone di Bergoglio.

Fabio Sebastiani

16/3/2015 www.controlacrisi.org

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