28 aprile, giornata delle vittime da amianto … e la giustizia ?

Nella giornata dedicata alla sicurezza sul lavoro e alle vittime dall’esposizione all’amianto pensiamo sia opportuno fare il punto della situazione “giuridica” andando oltre la denuncia dei mancati riconoscimenti e la ingiustizia profonda dello sfruttamento e della nocività interrotti nel 1992 dall’azione, in primis, di movimenti, associazioni e sindacati. La “partita” della giustizia è ancora in alto mare nonostante le evidenze e il tempo trascorso.

28 aprile, giustizia per le vittime da esposizione ad amianto

In Italia gli impieghi dell’amianto sono stati vietati con una legge del 1992, nei paesi della Unione Europea un divieto analogo è entrato in vigore nel 2005, diversi paesi (Sudafrica, Russia, India, Cina …) ne permettono tuttora l’estrazione e l’uso, altri paesi (USA, Brasile, Canada) hanno iniziato un percorso per la fuoriuscita.

Nonostante la scelta italiana sia stata antecedente alle altre (grazie ai movimenti sociali e sindacali) tutt’oggi soffriamo delle conseguenze dell’utilizzo massivo dell’amianto in tutti i settori produttivi a partire dal secondo dopoguerra. Oltre 32.000 ex esposti hanno subito malattie professionali   dal 1993 ma non tutti i casi sono stati riconosciute e l’amianto è spesso ancora “sopra” le nostre teste per l’esteso utilizzo come coperture di edifici residenziali (le lastre in “eternit”). La correlazione tra esposizione ad amianto e malattie è riconosciuta dal 1943 in Italia ed è scientificamente indubitabile come pure è nota la lunga latenza, anche più di 40 anni, dalla prima esposizione alla diagnosi della malattia. Queste verità non bastano a riconoscere le responsabilità di chi, per profitto, ha esposto lavoratori e persone a questo cancerogeno. Dopo un periodo di giurisprudenza favorevole alle vittime abbiamo assistito a un cambio di atteggiamento della Magistratura con sentenze negative (tra queste Franco Tosi, Enel Turbigo, Scala, Pirelli, Alfa Romeo e Breda di Milano, Ilva di Taranto…) basate prima sulla teoria della “trigger dose” poi “corretta” con quella della “individuazione del periodo di induzione” (date le caratteristiche della malattia non è possibile individuare esattamente  il momento di inizio del processo di cancerogenesi né quello di fine ovvero di malattia conclamata). Sono teorie alternative rispetto a quelle riconosciute (teoria multistadio per cui la durata dell’esposizione incrementa la probabilità di malattia) dalla maggior parte degli scienziati e sono sostenute da periti ben pagati esclusivamente per sostenere la difesa degli imputati e mettere in dubbio la correlazione causa-effetto che regola la “verità” penale. In termini sintetici si sostiene che la responsabilità della malattia di un lavoratore va riferita esclusivamente dalla prima esposizione, quelle successive non contribuiscono alla progressione della patologia verso il tumore. Nella ultima versione questa teoria richiede di “provare”, caso per caso, quando inizia la patologia e se, in quale modo, la malattia abbia ridotto l’aspettativa di vita.

Accettare questa tesi da parte del Giudice determina il mancato riconoscimento delle responsabilità successive al primo datore di lavoro e comunque una indeterminatezza sulle responsabilità anche a fronte di evidenze sul mancato rispetto delle misure di protezione dei lavoratori (esistenti dagli anni ’50). Troppe le sentenze di assoluzione che richiamano queste teorie e confondono la biologia con la causalità richiesta nei processi, in quanto il tempo trascorso non permette più di disporre del “colpevole”. Grazie all’azione di scienziati rispettosi dell’evidenza e di associazioni come Medicina Democratica e AIEA, negli ultimi tempi qualche modifica dell’atteggiamento della Magistratura e quindi sentenze favorevoli alle vittime in sede penale sono state emesse, tra i casi che possiamo citare: Cementificio Italcementi (Matera), Eternit bis (Casale Monferrato), Montefibre (Verbania), Marina Militare 2 (Padova). Lavoriamo per una inversione di tendenza rispetto alle offese che hanno subito le vittime da amianto negli ultimi anni.

Marco Caldiroli

Presidente protempore di Medicina Democratica – Tecnico della Prevenzione dell’ambiente e dei luoghi di lavoro


28 aprile – giornata mondiale delle vittime d’amianto

Il saluto del Coordinamento ‘12 ottobre’ al Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio e al Centro di Iniziativa Proletaria (CIP) ‘G.Tagarelli’ di Sesto S.Giovanni (Mi), promotori della giornata e, da sempre, mobilitati contro le Vittime da amianto e nelle realtà di lavoro

Per la giornata mondiale delle Vittime dell’amianto

Ogni anno, nel nostro paese, le Vittime da amianto sono migliaia. L’amianto ha ucciso una moltitudine di lavoratori e lavoratrici, come gli stessi familiari che respiravano la fibra delle tute, chi abitava o lavorava in zone limitrofe o altre persone che si sono ritrovate nel posto sbagliato.

L’amianto ha ucciso, uccide e continuerà a uccidere, perché i tumori che causa (mesotelioma, tumori polmonari, della laringe, asbestosi e nella donna tumore dell’ovaio, e altri ancora) mettono decenni a manifestarsi.

In Italia, negli ultimi anni, i morti per infortuni sul lavoro sono stati più di 17 mila. Ogni anno, oltre 1.400 i morti sul lavoro, mentre decine di migliaia sono quelli a causa di malattie professionali.

A questi numeri vanno aggiunti i morti del profitto, del mercato, della produttività, dell’inquinamento … provocati dai risparmi sulla sicurezza.

La battaglia per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro è sempre stata una questione di capitale importanza, oggi ha assunto il carattere di una vera e propria, reale, emergenza. Tutti, proprio tutti, sono costretti a parlarne …

Chi questa battaglia per la salute e la vita la vive da decenni, deve imparare ad affrontarla anche in altro modo, né rituale, né alla solita maniera. L’ennesima strage alla centrale idroelettrica di Suviana, quelle precedenti sui binari di Brandizzo (To) e all’Esselunga di Firenze, oltre al quotidiano stillicidio di morti sul (e da) lavoro di 3-4 lavoratori al giorno, confermano la drammaticità della realtà e rendono sempre più urgente la necessità di un’attività in comune, di un lavoro unitario.

E’ fondamentale: – sostenere gli scioperi e le lotte, di queste settimane, dei ferrovieri della manutenzione (Rfi) e del personale dei treni (macchina e viaggiante), autorganizzati in Assemblee nazionali autoconvocate, come in altri settori lavorativi tra cui gli scioperi unitari del sindacalismo di base degli operai della logistica, degli autoferrotranvieri, degli operatori/trici di igiene ambientale in lotta per migliori condizioni di sicurezza e salute; – essere al loro fianco con tutte le nostre forze e capacità. Lo abbiamo fatto, lo stiamo facendo, lo faremo. Lo sciopero è un aspetto determinante nella lotta per la sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici, per la stessa collettività, per le stesse popolazioni.

Pochi giorni fa, il 21 aprile 2022, era il 2° anniversario della morte di Michele Michelino. Michele è stato un combattente nel tempo, ha speso e impegnato la propria vita nella difesa delle vittime del profitto, in particolare causate dall’amianto. E’ stato tra i fondatori e uno dei compagni più rappresentativi del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio e del Centro di Iniziativa Proletaria (CIP) ‘G.Tagarelli’ di Sesto S.Giovanni (Mi).

Un caro saluto a tutti voi per l’unità e alla lotta!

Nel ricordo delle vittime sul lavoro, da lavoro e di Michele Michelino

Familiari della strage ferroviaria di Viareggio e del crollo della Torre Piloti nel porto di Genova

Medicina Democratica

Assemblea 29 giugno

Cub-Trasporti

Sindacato Generale di Base (SGB)

Sol Cobas

Cobas Lavoro Privato

Coordinamento Lavoratori/trici Autoconvocati/e (CLA)

Attivisti e delegati Rls di sindacati di base,del Coordinamento Macchinisti Cargo (CMC) dell’area alternativa/opposizione “Radici del sindacato”, dell’area alternativa/opposizione ‘Rete 25 Aprile’ – Basilicata

27 aprile 2024 https://www.medicinademocratica.org/

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