LA MACCHINA DEL TEMPO

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Il 2021 si è concluso con un evento importante: dopo 7 anni, il 16 dicembre 2021 è stato dichiarato lo Sciopero Generale da parte di due delle più grandi organizzazioni sindacali del Paese, CGIL e UIL.
Uno sciopero forse inatteso quando ormai anche il sindacato confederale sembrava essere preda inerte dell’incantesimo del Mago Draghi. Uno sciopero sulla cui riuscita si addensavano i seri dubbi della vigilia. Eppure lo sciopero, quello sciopero indetto in un giovedì di dicembre (preferito alla “classica” giornata, più agevole, del venerdì) è riuscito, e le manifestazioni (come chi di noi era presente ha potuto verificare) sono state assai partecipate. Ciò indica, in primo luogo, e senza lasciarsi andare ad ottimismi di circostanza, che malgrado tutto esiste ancora, a certe condizioni, una volontà di partecipazione e di mobilitazione da parte dei lavoratori e delle lavoratrici, a cui sarebbe assolutamente colpevole non dare adeguata continuità.

Naturalmente, uno sciopero indetto il 16 dicembre si espone di per sé ad un problema banale, ma non secondario: quello di essere quasi immediatamente seguito dal periodo natalizio, stacco temporale che rischia di far dimenticare l’evento in sé e le ragioni che lo hanno determinato, malgrado queste ultime, nonostante la coltre sollevata dal COVID, continuino ad imporsi con particolare forza.

Non voglio qui dilungarmi più di tanto sul rovesciamento di fronte che sembrava caratterizzare il primo periodo della pandemia: sospensione dei vari patti di stabilità, più risorse disponibili dopo l’austerità, ripristino dell’importanza dell’intervento pubblico nella vita delle persone, a partire dalla Sanità pubblica. Quel clima è presto svaporato nel ritorno ai vecchi lidi del neoliberismo, stemperato dalla disponibilità di risorse da destinarsi, però, in direzione opposta al mutamento sociale, politico, economico, culturale che sarebbe necessario.
Ciò ha lasciato crescere, in questi mesi, una miriade di problemi, acuiti e nascosti dalla pandemia. Temi che sono ora tutti sul tappeto, e quindi tutti da riprendere, recuperando lo spirito che aleggiava nelle piazze del 16 dicembre.

L’elenco delle questioni è lunghissimo, tale da non poter essere esaurito in queste righe. Si va dal tema del lavoro, della precarietà, delle crescenti diseguaglianze; e quindi delle decine di situazioni di crisi industriali e delocalizzazioni, di cui la GKN è “solo” l’esempio più conosciuto, nonché la punta di diamante dal punto di vista della consapevolezza dei lavoratori; al tema dell’utilizzo dei fondi del PNRR, sulla cui distribuzione grava una impenetrabile cappa di opacità; ai temi più propri dello sciopero: la riforma del fisco, per opporsi alla strada, scelta dal governo, di “dare di più a chi ha già di più” (la redistribuzione a rovescio di cui ha parlato, fra gli altri, Chiara Saraceno) e le pensioni, tema dell’oggi e, soprattutto, per il domani; il tema delle prospettive per i/le giovani, che non ha senso incitare all’impegno, se non ci si interroga sulle misure da prendere per metterli/e nelle condizioni di farlo. O, ancora, il tradimento della “transizione ecologica”, soffocata da gas e centrali nucleari.

Dopo la pausa natalizia, a questo ingorgo di questioni si aggiungono le contorsioni politico-istituzionali relative all’elezione del Presidente della Repubblica, e della contemporanea soluzione del problema di chi porterà avanti un’azione di governo che è espressione di una gestione dell’esistente basata sulle politiche della UE e delle classi dominanti, e che è contemporaneamente il sintomo, di per sé, delle profonde difficoltà di chi oggi gestisce il potere, di fronte ad una crisi di sistema diventata ormai, sotto le forme più disparate, permanente e che rischia, se non fermata, di travolgerci tutti e tutte.

Di fronte a questa situazione, alle inadeguatezze e alle scelte di campo sbagliate di ciò che, una volta, passava sotto il nome di sinistra (e che ora è, in larga parte, come ha scritto qualcuno, “uscita dal perimetro del movimento operaio”) sarebbe di vitale importanza dare continuità alla ripresa di iniziativa, esemplificata dallo sciopero del 16, da parte delle organizzazioni sindacali che ancora hanno un minimo rapporto con la classe lavoratrice: è questa la responsabilità che esse devono assumersi!
Il governo, come si è visto, non ha alcuna intenzione di aprire un vero confronto: pensiamo, per fare un esempio, alla convocazione dei sindacati da parte del Ministro Bianchi, ma solo per illustrare le decisioni già prese in tema di ripresa dell’attività scolastica!

Occorre quindi attrezzarsi per una vera mobilitazione, sulla base di una piattaforma che esprima contenuti e obiettivi di lotta e che non può perciò limitarsi al semplice raggiungimento di un tavolo di confronto (peraltro ad oggi inesistente). Contenuti e proposte che diano risposte ai problemi oggi in campo: lotta alla precarietà e redistribuzione del lavoro; adeguato salario minimo legale e conquista di un salario decente per tutte e per tutti; una vera legge contro le delocalizzazioni; riforma fiscale realmente progressiva; ripristino di un’età pensionabile a misura di persona; lotta alle diseguaglianze, reperendo le risorse necessarie attraverso la lotta all’evasione e la tassazione delle grandi ricchezze e dei grandi sovraprofitti. Una piattaforma, quindi, confrontata e condivisa, di ampio respiro, in grado di motivare una rinnovata azione di massa.

In conclusione, visto che l’atmosfera natalizia non si è ancora del tutto dissolta, potremmo immaginare tutti e tutte di salire su una ipotetica macchina del tempo, che ci consenta di fare un salto, di appena poche settimane, che ci riporti alle piazze del 16 dicembre, per ripartire e ricominciare direttamente da lì.

Fausto Cristofari

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

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