ALMAVIVA a Napoli: cronaca di un epilogo annunciato

nuovo accordo truffa lavoratori almaviva napoli dopo scorporamento delle vertenze tra roma e napoli

Ancora una volta, come in tanti altri casi, al centro della consultazione c’è lo scambio lavoro/diritti. In sostanza, l’azienda chiede ai lavoratori di rinunciare a un po’ di soldi in busta paga, a un po’ di diritti e, al contrario, di dimostrarsi più flessibile di quanto non sia stata finora. Il tutto in cambio di un “presunto” mantenimento dei livelli occupazionali. Vari sindacalisti in passato si erano battuti il petto, giurando e spergiurando che mai avrebbero accettato una diminuzione degli stipendi, che il “controllo individuale” era una boutade di Almaviva che mirava a confondere le acque quando tutt’altri erano i suoi interessi. E ora che fanno gli stessi sindacalisti? Prendono una penna e, più o meno in silenzio, firmano un documento che fa passare esattamente queste cose.
Ancora una volta, un’azienda scarica completamente sui lavoratori qualsiasi responsabilità. Le cose, per dirla in breve e per dirla con l’azienda, vanno male perché i dipendenti a Napoli non garantiscono la sufficiente qualità del servizio e perché non sono sufficientemente produttivi.
L’accordo recita letteralmente che le parti “convengono sulla necessità di migliorare la qualità del servizio alla clientela e la produttività del personale”. Il sindacato sottoscrive, senza praticamente fiatare, accettando dunque di addossare sui lavoratori tutte le colpe di questo mondo. E se si dà per buono il quadro delineato dalla controparte, che tipo di resistenza o contrattacco si può mettere in campo? Non sarà forse che andava ribadito che l’azienda non può fare l’anima pia, che ha le sue responsabilità, che non può fare finta che fino ad oggi è stata da tutt’altra parte?
Nelle parole che seguono c’è anche l’amara constatazione di un contesto in cui probabilmente il “sì” all’accordo vincerà. Tuttavia, c’è un elemento su cui dare ancora battaglia: quello del consenso. Questi lavoratori insomma dicono che anche se ci si sente “costretti” ad abbassare la testa, ad accettare un accordo decisamente peggiorativo, non è detto che lo si debba fare con l’entusiasmo o con la piena adesione che azienda e governo vorrebbero. Lavoratori che perdono una battaglia sì, ci può stare, ma schiavi allegri e sorridenti mai. 
ALMAVIVA: CRONACA DI UN EPILOGO ANNUNCIATO

Con grande stupore dei lavoratori ecco giungere un’ipotesi di Accordo non solo prima dello scoccare della mezzanotte del 31 marzo, ma da ratificare entro il 28 febbraio. Tanta solerzia da parte degli attori, per quanto dichiaratamente volta a tutelare il livello occupazionale del sito di Napoli, sembra lo scontato epilogo di una strategia pianificata da lungo tempo. Oltre il danno, la beffa di dover votare accettando in ogni caso il ricatto occupazionale preteso dall’azienda e avallato dai sindacati e dal governo, che scaricano sui lavoratori ogni responsabilità.

Ma analizziamo la proposta di accordo punto per punto…
Il primo punto in oggetto è l’applicazione del controllo individuale della qualità e della produttività e, quindi, la possibilità di analizzare il contatto telefonico: nonostante non possa essere utilizzato per fini disciplinari, sappiamo bene tutti come questa procedura si ripercuoterà in maniera inevitabilmente negativa sulle nostre condizioni di lavoro. Le prestazioni saranno rilevate e visibili all’operatore in tempo reale e controllate da una figura di staff che potrà convocare il lavoratore per decidere quali percorsi intraprendere per farlo recuperare in produttività. Ed ecco che entra in gioco un altro punto dell’ipotesi di accordo, la formazione: infatti gl’interventi formativi potranno essere utilizzati per migliorare gli skills, le competenze o per formare gli operatori per una nuova commessa, utilizzando il monte ore della CIGS o, eventualmente, i fondi messi a disposizione dalla Regione Campania.
Quindi, grazie alle riduzioni orarie ottenute con la CIGS e ai percorsi formativi, l’Azienda si garantirà totale flessibilità da parte dei lavoratori. Infatti fino a dicembre 2018 verrà applicato a rotazione il 70% di sospensione dell’orario lavorativo, sia a zero ore che con riduzione dell’orario su base verticale oppure su base orizzontale in caso di formazione. La società comunicherà ai lavoratori ogni 15 giorni l’articolazione delle riduzioni orarie con un preavviso di 5 giorni. Inoltre l’azienda si riserva la possibilità di revocare la CIGS con un preavviso di 48 ore e sarà possibile rifiutare la revoca ordinaria non più di due volte a semestre. Chiaramente l’ipotesi di accordo prende in considerazione anche quei “casi eccezionali” dove l’Azienda voglia revocare la CIGS con un preavviso minimo: almeno per questi, il lavoratore può sempre avere la facoltà di rifiutarsi, fermo restando che non sarà possibile rifiutarsi di partecipare ad ulteriori interventi formativi che potranno essere decisi durante i periodi di sospensione e comunicati con un preavviso minimo di 48 ore.
Nel caso in cui al termine del periodo di CIGS non fosse ancora stato raggiunto il cosiddetto “punto di equilibrio economico”, fino al 2020 ci sarà un blocco sulle aliquote e quindi il mancato pagamento degli aumenti periodici di anzianità che si andranno maturando e la loro esclusione dalla base del computo del TFR.
Tuttavia lor signori si degnano di lasciarci qualche briciola con questa nuova misura di “welfare aziendale”, ovvero 20 miseri euro di buoni spesa mensili che verranno erogati ogni trimestre.
E non sognamoci che lavorando di più potremo guadagnare di più perché la redistribuzione degli utili aziendali in oggetto dell’ipotesi di accordo che, qualora fosse superato il “punto di equilibrio economico”, dovrebbe esserci corrisposta ogni 6 mesi non può superare il 50%  della riduzione salariale in atto!
In tutto ciò viene introdotta la “Commissione paritetica” un nuovo organo che si occuperà di monitorare l’attuazione dell’intesa verificando gli andamenti produttivi ed economici del sito e le modalità e gli effetti dell‘applicazione delle misure concordate in tema di recupero di qualità, produttività ed analisi del contatto, con particolare riferimento alla definizione da parte dell’azienda dei parametri da applicare per ciascuna commessa, agli interventi formativi, all’efficacia dei campioni di riferimento rispetto al monitoraggio qualitativo e al collegamento di tali indicatori con i modelli di incentivazione collettivi e individuali.
La Commissione Paritetica è costituita dalle RSU e dalle OO. SS. territoriali e, per l’azienda, dal Direttore Generale, dal Responsabile del Personale della Società, dal Field Manager e dal HR Manager del sito di Napoli: con questa grande innovazione i rappresentanti sindacali vengono letteralmente integrati nella gerarchia aziendale a mo’ di tribuni del popolo, abbandonando formalmente il ruolo di rappresentanti delle lotte per i diritti dei lavoratori in un’ottica corporativa reminiscente del ventennio fascista.
Per quanti pensano che l’intesa porti almeno fino al 2020 un periodo di stabilità, che abbandonino anche quest’ultima illusione: in occasione delle valutazioni semestrali congiunte sull’impatto e l’efficacia delle misure intraprese, ciascuna delle parti che compongono la Commissione Paritetica potrà recedere dall’Accordo, con un atto motivato da rappresentare alle Istituzioni competenti.
Ciò significa che l’accordo formalizza lo squallido e periodico teatrino del gioco a ribasso dei diritti, grazie alla complicità dei sindacati che, come al solito, cadranno dalle nuvole e si spenderanno in fiumi di parole sui diritti e la dignità che calpestano accettando la parte che l’Azienda e il Governo gli hanno costruito.
In questa sceneggiata non sono da escludere i lavoratori, che nel corso di quest’anno di lotte, invece di rendersi protagonisti di incisive azioni di protesta, hanno prestato il fianco alla rappresentazione spettacolare della disperazione andando a rafforzare il fronte della difesa del posto di lavoro a costo dei diritti: continua ad essere sorprendente il livello di indifferenza e accettazione di tali provvedimenti da parte dei lavoratori, che rasenta quello delle bestie condotte al macello.

Se hanno già deciso tutto, almeno non lasciamogli il consenso. Rifiutiamo l’ennesimo ricatto!

Almaviva Napoli – Decidiamo Noi!

21/2/2017 http://clashcityworkers.org

 

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