Antropologia: colmare il divario
Colmare il divario
Noto un divario mai colmato.
Da un lato i massimi esperti che raggiungono livelli di conoscenza affascinanti. Dall’altro la massa, una parte almeno, che informandosi in linea di massima da tali esperti, riesce ad avere una visione d’insieme sulla quale gli esperti sembrano essere ciechi.
Quando parliamo di futuro dell’umanità mi pare necessario un ponte tra queste due letture.
Tal volta trovo più consapevolezza in un semi-analfabeta che però, vivendo le fasce più basse della società, riesce a concepire la concretezza di un nuovo modo di vivere libero dal ricatto di quell’ algoritmo matematico chiamato capitalismo o legge della moneta.
Faccio un esempio.
L’elettronica è una competenza ingegneristica elevata. L’ingegnere elettronico studia da anni nella speranza di trovare un modo per produrre energia senza consumare materie fossili.
Poi arriva un tizio semianalfabeta da Nairobi, abbrustolisce una tegola, cinpiazza sopra due serpentine di capello metallico, vetrifica il tutto e si fa un pannello fotovoltaico. Poi prende un po’ di sabbia e di carbone da legna e si fa una batteria.
Artigianale, fatto male ma funzionale alla sopravvivenza. É l’animale uomo che assimila la conoscenza in senso pratico.
Se lo racconti ad un forum di ingegneri ti danno del matto.
Quando guardo il popolo europeo soccombere ai propri ottusi governanti ed ai nuovibequilibri mondiali, quando guardo gli accademici della politica, che intendiamoci hanno una conoscenza importante dei sistemi politici e storici, vedo degli ingegneri che non vogliono assolutamente essere contaminati dalla massa. Ma senza massa la politica, polis, non esiste.
Se vado ad un convegno politico ed offendo inconsapevolmente tutti affermando che sono ormai geriatrici e vecchi e sento il bisogno di pensieri nuovi, cioè uso le parole sbagliate, il discorso si sposta sull’età dei partecipanti. Non è questione di età ma di novità del pensiero.
Ecco. l’Europa, o meglio i popoli europei, hanno bisogno di svecchiare i concetti della politica e allungare la visione sul piano antropologico se vogliamo uscire dalla fogna in cui ci siamo immersi.
Finché esisterà un filtro basato su costumi e certificazioni, finché non ci lasceremo contaminare dai nuovi costumi, e dalla spigliatezza delle nuove consapevolezze dei ceti più bassi e più pratici del piano della sopravvivenza, cioè senza un legame tra i massimi esperti e chi vive le necessità immediate, non riuscirà a rinascere una lotta di classe.
Non può essere un branco di accademici a guidare la lotta di classe. Per definizione, appunto, si dice di classe.
Non ha senso lottare per il diritto al lavoro contro la robotica. Ha senso lottare contro il ricatto del capitalismo, anzi del concetto stesso di denaro, dando nuovo valore al “pensare empatico”. Allora e solo allora l’Europa, si risolleverà, quando sarà la parte del mondo che porrà alla guida la classe meno abbiente e più sognatrice, quella che saprà guardare più lontano di tutti. Secondo me, ovviamente.
Delfo Burroni
5/3/2025
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