Argentina, i semi transgenici di Monsanto di fronte alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani

Dopo 11 anni dalla causa iniziato dall’organizzazione ecologista Naturaleza de Derecho contro lo Stato Argentino e le multinazionali Monsanto e Dow per la liberalizzazione degli OGM senza ricevere una risposta opportuna dalla Corte Suprema della Nazione (che dal 2019 ha paralizzato completamente la causa), l’organizzazione Naturaleza de Derecho ricorre alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) per la violazione dei tempi ragionevoli, tenendo conto del ritardo ingiustificato, che beneficia il quadro di impunità delle corporazioni dell’agro-industria, le quali continuano ad ottenere le approvazioni dei OGM in aperta violazione dell’ordine pubblico ambientale. Di seguito l’articolo tradotto sul ricorso.

Di fronte all’apatia della Corte Suprema di Giustizia della Nazione nella vicenda giudiziaria in cui viene sancita la nullità e l’incostituzionalità di tutte le delibere amministrative che compongono il blocco normativo delle autorizzazioni commerciali degli Organismi Geneticamente Modificati (OGM), Naturaleza de Derecho presenta un’istanza dinanzi alla Commissione interamericana sui diritti umani (IACHR) per violazione del termine ragionevole previsto dalla Convenzione americana sui diritti umani (ACHR) .

Nel 2013, Naturaleza de Derechos ha citato in giudizio congiuntamente lo Stato Nazionale e le società Monsanto e Dow Agroscienses, dopo il rilascio dei semi di soia transgenici “Intacta” della Monsanto e “DAS” della Dow. Nel caso, intitolato “Cabaleiro, Luis Fernando v. EN-Mº de Agricultura y Ganadería-SAG e P e un altro (Monsanto Argentina SAIC) s/ Processo di Conoscenza” , la nullità delle risoluzioni amministrative che autorizzavano i nuovi eventi biotecnologici , uno con maggiore tolleranza all’erbicida glifosato, raddoppiandone l’uso in tutto il paese e l’altro con tolleranza all’erbicida 2,4-D, noto come Agente Orange.  Allo stesso modo, è stata sollevata la nullità e l’incostituzionalità dell’intero blocco normativo per l’approvazione degli (OGM) in Argentina, a causa della carente valutazione dell’impatto ambientale e della sicurezza alimentare e dell’omissione di un’istanza di partecipazione dei cittadini.

A titolo cautelativo sono stati richiesti:

1) la sospensione delle delibere MAGyP n. 446/12 (approva Intact Soy RR2 di Monsanto Argentina SAIC), 318/13 (sopprime la prima fase di valutazione CONABIA nei casi con stacked events già approvati in precedenza) e 98/15 che dava nuove approvazioni per la soia DAS-44406-6 di Dow Agrosciences SA., 
2) ordinare allo Stato Nazionale, tramite il Ministero dell’Agricoltura, dell’Allevamento e della Pesca della Nazione, di astenersi dal rilasciare autorizzazioni senza previa convocazione di consultazioni e/o udienze pubbliche in tutti i processi amministrativi in ​​corso che si riferiscono a richieste di permessi per il rilascio e la commercializzazione di prodotti transgenici semi e prodotti e sottoprodotti da essi derivati. 

Denunciato anche il funzionamento irregolare della CONABIA , organismo consultivo per la valutazione degli impatti ambientali, dopo aver accertato nello stesso processo, previa espletazione di un provvedimento istruttorio, che essa ha operato per oltre un ventennio senza norme e con la partecipazione mascherata dei propri dirigenti. delle multinazionali dell’agroalimentare, come è accaduto con il caso del Grano Transgenico della società Bioceres, che ha avuto il benestare di dirigenti di aziende dell’agroalimentare travestiti da esperti consulenti degli enti aderenti alla CONABIA.

A ciò si aggiunge la proposta di manifesta illegalità per inosservanza della Legge Generale sull’Ambiente 25.675 e della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) ( Legge Nazionale 24.375 ), che garantiscono un’istanza di partecipazione cittadina mai realizzata in materia di OGM nell’Argentina. Il percorso procedurale è iniziato nel marzo 2014, quando il tribunale di primo grado del Contenzioso amministrativo federale n. 1, con sede nella Capitale Federale, non ha concesso la misura cautelare richiesta da Nature of Rights. Lo stesso ha fatto la Camera della stessa giurisdizione nella sentenza del marzo 2017, che dopo il ricorso sulla Natura dei Diritti ha accolto il Ricorso Straordinario Federale, sollevando il procedimento davanti alla Corte Suprema di Giustizia della Nazione nel mese di maggio 2017.

Una volta depositato il procedimento presso la Corte Suprema Nazionale, il Segretario all’Ambiente incaricato dal Sig. Cafferatta ha impiegato più di un anno per studiare il caso e sottoporlo all’Ufficio del Difensore Civico nel mese di giugno 2018. Poi, nel mese di novembre 2018 è stata disposta la circolazione della causa tra gli uffici dei Ministri della Corte. 

Dopo un anno di circolazione del fascicolo, nel mese di novembre 2019, la Corte Suprema ha dichiarato non necessario pronunciarsi in quel momento sull’istanza cautelare, dopo aver dato luogo ad un reclamo alla Dupont Corporation ( espressamente trattato in un anno ) nell’ambito di una causa connessa che non ha nulla a che vedere con l’oggetto dell’azione promossa da Nature of Rights, e nella quale era stata omessa una notifica che avrebbe dovuto essere salvata. Per l’azienda agroalimentare è stato effettuato uno studio approfondito delle proposte formali e la massima rapidità. Una volta neutralizzata questa situazione procedurale nel caso correlato, nel dicembre 2019, era opportuno che la Corte Suprema riprendesse automaticamente l’esame del caso Nature of Rights, ma non lo ha fatto. Non c’era né rigore formale né velocità.

Il ministro dell’Ambiente ha negligentemente (o deliberatamente?) trasmesso il dossier in prima istanza. Dopo l’insistenza di Nature of Rights, sia in tribunale che presso la Segreteria Ambientale della Corte, affinché il caso tornasse alla corte superiore e la questione precauzionale fosse risolta con urgenza (poiché gli OGM continuavano ad essere approvati illegalmente), la It è stata trasmessa nel novembre 2020 dal Tribunale di primo grado alla massima Corte della Nazione.

Da quella data il caso giace nel limbo, cioè da 38 mesi e tutto sotto la responsabilità esclusiva del capo della Segreteria Ambientale della Corte: Néstor Cafferata, che ha già precedenti di inadempienza come ufficiale giudiziario in casi delicati in materia ambientale, da quando ha assunto tale incarico nel 2015

Quando Nature of Rights iniziò il processo giudiziario, nel marzo 2013, in Argentina erano stati approvati 32 eventi biotecnologici, tutti in un quadro di manifesta illegalità, come denunciato nell’azione giudiziaria.

Questo scenario di illegalità è stato convalidato dall’apatia del Segretario all’Ambiente della Corte Suprema di Giustizia della Nazione e di tutti i suoi componenti, che avvantaggia chiaramente le multinazionali dell’agroalimentare ottenendo  autorizzazioni commerciali per gli OGM, compreso il grano.HB4 di Bioceres, in una procedura amministrativa molto permissiva, che comprende una valutazione ambientale fittizia inaccettabile e un’analisi della sicurezza alimentare che consente un’ampia arbitrarietà delle aziende nella progettazione dei test per dimostrare l’inesistenza del rischio alimentare da OGM. 

Ad oggi, in Argentina, sono stati autorizzati 76 eventi biotecnologici in aperta violazione della Legge Generale sull’Ambiente, la Convenzione sulla Diversità Biologica, alla quale, dalla fine del 2020, si è aggiunto l’Accordo Regionale dell’Escazú (ARE) (Legge 27.566). Sia la CBD che l’ARE sono leggi superiori nel nostro ordinamento giuridico. 

A causa dell’ingiustificato ritardo (più di 6 anni) nella definizione di una decisione cautelare, che – è bene ricordarlo – ha completamente paralizzato l’intero iter giudiziario per oltre 3 anni, poiché il Tribunale ha richiesto tutti gli atti, si è configurata la violazione del termine ragionevole di cui all’articolo 8.1 della Convenzione americana sui diritti dell’uomo (CADU), in quanto stabilisce che ogni persona ha il diritto di essere ascoltata, con le dovute garanzie ed entro un termine ragionevole, da un giudice competente, indipendente e competente o tribunale imparziale, precostituito dalla legge per la determinazione dei loro diritti e obblighi di natura civile, lavorativa, fiscale o di qualsiasi altra natura. Allo stesso tempo, viene violato l’Accordo Regionale dell’Escazú, che sancisce all’articolo 8.3 il diritto di accesso alla giustizia in materia ambientale con procedure efficaci e tempestive, cosa che l’Argentina chiaramente non ha. Che, sebbene la CIDH e la CortIDH non possano pronunciarsi su tale strumento nell’ambito di un ricorso individuale presentato contro uno Stato, esso può essere utilizzato come fonte per argomentare sulla violazione del diritto a un rimedio semplice e rapido o su qualsiasi altro ricorso efficace davanti ai giudici competenti o ai tribunali soggetti al controllo di tali organizzazioni. (Articolo 25.1 CADU).

Per questo motivo si è deciso di sottoporre il caso al sistema interamericano dei diritti umani, che proprio in queste situazioni consente l’esenzione dal previo esaurimento delle vie di ricorso interne.

Nella presentazione della Causa Petizione davanti alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani, che dovrà essere valutata per la sua ammissione, lo Stato argentino viene denunciato per le seguenti violazioni della Convenzione Americana dei Diritti Umani (CADH):

1.- violazione del termine ragionevole per una decisione giudiziaria, (articolo 8.1 ACHR), a causa di un ritardo ingiustificato (articolo 46.2.c ACHR), nelle mani della Corte Suprema della Nazione stessa, a causa dell’apatia dei suoi Segretario all’Ambiente. Il caso va avanti già da 11 anni e questo è assolutamente irragionevole.

2.- violazione del diritto a un ricorso semplice e rapido (articolo 25.1 ACHR), che nel caso specifico viola l’accesso alla giustizia ambientale, aggravata dalla mancanza di una giurisdizione specializzata, cioè perché non esiste in la legislazione interna argentina prevede un giusto processo legale per la protezione dei diritti che si presume siano stati violati. 

3.- violazione del diritto alla libertà di espressione (art. 13.1 ACHR), inteso come diritto dei cittadini ad esprimersi nell’ambito di processi di partecipazione cittadina riconosciuti dalla legislazione nazionale ma non rispettati in materia di OGM.

Come richiesta specifica davanti alla CIDH, si chiede un adeguamento normativo che garantisca un ricorso semplice e rapido in materia ambientale con una giurisdizione specializzata, e la libertà di espressione dei cittadini in caso di partecipazione debitamente informata ai processi di approvazione degli OGM.

Da https://naturaleza.ar/contenido/2761/los-transgenicos-en-la-argentina-a-la-comision-interamericana-de-derechos-humano

Lorenzo Poli

Redazione del mensile Lavoro e Salute

13/2/2024

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