Cisl, il sindacato giallo che tra lavoratori e governo sceglie Meloni
La standing ovation che Giorgia Meloni ha ricevuto al congresso della CISL ha segnato un momento emblematico nella storia recente del sindacato. Nelle stesse ore in cui i delegati applaudivano la premier, i dati ISTAT rivelavano un crollo del 7,1% della produzione industriale italiana a dicembre 2024, con una flessione annua del 3,5%.
Eppure, invece di alzare la voce contro le politiche del governo, la CISL ha scelto di allinearsi sempre di più con l’esecutivo, confermandosi il sindacato più vicino a Giorgia Meloni.
Con la recente elezione di Daniela Fumarola a Segretaria Generale, la CISL sembra ormai aver completato la sua metamorfosi in un’organizzazione che rinuncia al conflitto per promuovere una visione del lavoro sempre più appiattita sulle esigenze delle imprese.
Questo spostamento progressivo a destra, testimoniato dall’entusiasmo per le parole di Meloni contro la “visione conflittuale” nel mondo del lavoro, ha portato alla luce il ricordo dei “sindacati gialli”. Oggi la Cisl sembra in effetti un “sindacato giallo”.
Ma cosa sono i sindacati gialli? Il termine nasce in Francia alla fine dell’Ottocento per indicare quei sindacati creati dai datori di lavoro per neutralizzare le rivendicazioni operaie e contenere il conflitto sociale.
In Italia, questi sindacati hanno avuto un ruolo significativo negli anni ’50 e ’60, specialmente alla FIAT di Vittorio Valletta, dove venivano utilizzati per ostacolare le organizzazioni sindacali indipendenti e garantire un controllo capillare sui lavoratori.
Allora come oggi, il principio resta lo stesso: un sindacato giallo è quello che, invece di difendere i diritti dei lavoratori, finisce per assecondare le necessità del padronato e del governo.
L’attuale leadership della CISL ha sposato pienamente questa logica, come dimostra il sostegno alla legge sulla “partecipazione” proposta dal sindacato e appoggiata dalla destra. La normativa viene presentata come un modo per rafforzare il ruolo dei lavoratori nelle aziende, ma in realtà introduce soltanto nuovi strumenti di concertazione privi di reali poteri decisionali.

Non si tratta di cogestione sul modello tedesco, dove i sindacati hanno voce in capitolo nelle scelte aziendali, né tantomeno di una redistribuzione delle azioni che potrebbe modificare gli equilibri proprietari.
Al contrario, il sistema proposto dalla CISL si traduce in un’ulteriore deresponsabilizzazione delle imprese, con l’aggiunta di incentivi pubblici che favoriscono ancora una volta il capitale più che il lavoro.
In un paese in cui i salari reali sono diminuiti negli ultimi trent’anni, unico caso nell’Unione Europea, dove ogni anno oltre 1500 lavoratori muoiono sul lavoro e più di 500mila restano feriti, ci sarebbe bisogno di un sindacalismo forte, capace di contrastare il progressivo arretramento dei diritti e delle condizioni lavorative.
Eppure, invece di opporsi alla crescente precarietà e alla deregulation, la CISL sembra più interessata a garantire un clima di pace sociale che giova unicamente alle imprese e al governo. Il risultato è un sindacato che ha smesso di essere un contropotere e che oggi appare sempre più simile ai sindacati gialli del passato.
La CISL alla fine del 2023 contava 4.111.556 iscritti. E’ al primo posto nella “mobilità-area attività ferroviarie” (34,6%), tra gli autoferrotranvieri (25,7%) e nell’elettrico (42,2% sommando Flaei e Femca). Ma il suo punto di forza è il settore pubblico dove è fortemente rappresentata. In particolare alle Poste rappresenta oltre il 50% degli iscritti.
Per confronto, la CGIL nello stesso periodo registrava 5.149.885 iscritti, con un numero maggiore di lavoratori attivi. La Cgil in molti settori supera il 50%: metalmeccanico (50,5%), gomma plastica (52%), ceramica (61,8%), coibentazioni termo acustiche (67,5%) , legno (51,3%), cemento (50,9%), laterizi (50,9%), calzaturiero (55,3%), pelli (68,8%), noleggio autobus (74,4%), somministrazione lavoro (60,4%).
Questa distribuzione sindacale evidenzia il peso della CISL in settori strategici, dove il suo avvicinamento alle posizioni governative può avere un impatto diretto sulla contrattazione e sulle condizioni di lavoro.
La vicinanza della CISL a Giorgia Meloni non è quindi un semplice episodio di cortesia istituzionale, ma il segnale di una complicità strutturale che rischia di diventare un pericolo per i lavoratori.
Mentre il governo smantella i diritti e riduce al minimo le tutele, la CISL non solo tace, ma avalla il disegno politico di Meloni, accettando senza riserve l’idea che il conflitto tra capitale e lavoro sia un retaggio del passato.
La domanda, a questo punto, non è più se la CISL sia un sindacato giallo, ma fino a che punto sia disposta a spingersi nel difendere gli interessi del potere a scapito dei lavoratori.

Gianluca Cicinelli
13/2/2025 https://diogenenotizie.com/
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