Coronavirus, i media e le evidenze scientifiche

Senza voler scomodare Freud che durante il suo soggiorno a Collalbo sull’altopiano del Renon (bellissimo posto delle Dolomiti che anch’io amo frequentare l’estate appena posso) scrisse il suo saggio “Eros e Thanatos”, possiamo però tutti con lui convenire che le due principale pulsioni che muovono l’uomo sono ciò che crea la vita e ciò che la distrugge.

E i media, che legittimamente puntano alla maggior audience possibile, cercano le notizie e gli scenari che maggiormente coinvolgono queste due pulsioni, vuoi dei singoli vuoi della collettività. Cosa infatti ottiene più ascolto del sesso e della morte? E nei teatri o nelle arene, ma anche in letteratura o nella pittura, non si celebrano prevalentemente riti di amore e di morte?

Talvolta questi fatti riguardano dei singoli, come le cronache di relazioni amorose o di incidenti o di decessi di persone celebri. Ma ciò che più di ogni altro riempie le cronache sono i fatti che riguardano l’intera comunità, e tra questi hanno molto rilievo le guerre e le epidemie. Se pensiamo al romanzo di Manzoni, il ricordo maggiore sono le pene d’amore di Renzo e Lucia ma ancor più lo sfondo delle pene della peste.

Paradossalmente può diventare una manna per i media una nuova epidemia, infatti sono giorni che non si parla quasi d’altro e l’interesse ha superato non solo quello per le liti della politica, ma anche quello per le canzoni di Sanremo! E si dirà che si tratta di fatti di interesse comune e che possono riguardare ciascuno. Lungi dal pensare che se ne possa tacere, ma c’è modo e modo per parlarne e per trattare l’argomento.

Le notizie sono doverose e guai se non ci fosse chi le dà o addirittura, come in alcuni regimi, ahimè ancora oggi, fossero censurate. Ma l’enfasi, il martellamento, la polarizzazione dell’attenzione può essere funzionale all’audience ma non alla correttezza dell’informazione. L’OMS, criticando questa eccessiva insistenza, ha coniato addirittura il termine “infodemia”, cioè epidemia informativa, e in questo caso alcuni incauti giornalisti potrebbero essere accusati di svolgere ruoli da untori!

Il male oscuro che viene da lontano e che può colpire subdolamente senza accorgersene è un elemento perfetto per creare il panico collettivo; si può approfittarne o si può invece contribuire per riportare con l’informazione alla serenità pur nella più completa prudenza. Dovremmo tutti considerare l’articolo 661 del codice penale che punisce “chiunque, pubblicamente, cerca con qualsiasi impostura, anche gratuitamente, di abusare della credulità popolare, se dal fatto può derivare un turbamento dell’ordine pubblico.”

Ancora più grave se sul clima di paura si cerca di innestare delle querelles politiche o addirittura inter-istituzionali, come i Presidenti di alcune Regioni che hanno contraddetto le disposizioni ministeriali.

Ma l’aspetto più inquietante, e che come epidemiologi più ci preoccupa, è la diffusione di informazioni confuse quando addirittura colpevolmente o ancor peggio dolosamente false.

Bisogna riconoscere al Ministero della Salute  e all’Organizzazione Mondiale della Sanità , nonché ad alcune prestigiose riviste   di aver cercato di diffondere un buon livello di informazione, ma non sempre tutti i media  l’hanno usata sui loro fogli o nei loro programmi radiofonici o televisivi. Tra le informazioni corrette invece potrebbe ad esempio esser citata quella pubblicata sul NYTimes

Se chiedessimo alla gente comune, ad esempio, queste domande:

Servono le mascherine? Perché il Vaticano ne ha spedite 700.000 in Cina?

I casi asintomatici sono infettivi? E perché chi è tornato da Wuhan è in quarantena?

Se il contagio è per via aerea, perché lavarsi spesso le mani?

E’ rischioso salutarsi stringendosi le mani quindi, come dice La Russa, meglio tornare al saluto romano?

Ovviamente a queste domande ci sono risposte corrette, specie all’ultima [per correttezza segnaliamo che poi La Russa ha riconosciuto l’inopportunità dell’ironia ed ha fatto ritirare il tweet], e non contradditorie ma credo non si siano date spiegazioni sufficienti alla popolazione per far sì che non si creassero confusioni.

E’ tempo non solo di combattere le fake news come già fa ad esempio un sito dell’Istituto Superiore di Sanità, ma anche di pretendere che tutte le informazioni siano realmente delle EBN, cioè delle Evidence Based News! Quando ad esempio non vi è certezza sull’efficacia di un provvedimento, può essere anche corretto suggerirlo ma solo invocando un principio di precauzione e dichiarandone il livello di incertezza.

Ricordo che quando mi recai tempo fa in Brasile durante una epidemia di Colera mi fu spiegato il rischio della vaccinazione in quanto, data la sua scarsa efficacia, poteva indurre a sentirsi falsamente del tutto protetti aumentando così il proprio livello di rischio accettabile cui potersi sottoporre. Non mi vaccinai e ad esempio non bevvi mai acqua se non in bottiglia sigillata: mi era stata data una informazione chiara e completa.

Ed allora tutti coloro che per la strada o sui mezzi pubblici portano una mascherina, perché lo fanno? O peggio coloro che trattano i cittadini con volto dai connotati orientali come fossero tutti untori? Il panico innesca sempre gli istinti più bassi e tra questi il razzismo; se c’è una epidemia si cercano subito i colpevoli!

CONCLUSIONE: denunciamo le prestazioni sanitarie che non siano EBM, e tutte le fonti che le sostengono, e denunciamo tutte le informazioni che non siano EBN e tutte le agenzie che le trasmettono.

Cesare Cislaghi

4/2/2020 www.epiprev.it

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