#COVID19PALESTINE

Alcuni ricercatori palestinesi, statunitensi e norvegesi con due distinte lettere a The Lancet denunciano condizioni discriminanti che riguardano i territori occupati della Palestina.

Nella prima lettera(1) si denuncia che il sito della Johns Hopkins University, diventato riferimento mondiale per la presentazione dell’evoluzione dei dati dei contagi e dei decessi del COVID-19, presentava i dati dei Territori Occupati uniti a quelli di Israele, non riconoscendo di fatto l’autonomia nazionale palestinese. In seguito a tale denuncia pubblica su un periodico medico di grande notorietà come Lancet il sito ha prontamente disgiunto i dati dei due paesi.

La denuncia riportata nella seconda lettera a The Lancet(2)  inviata da un gruppo di ricercatori palestinesi, statunitensi e norvegesi (Boston Children’s Hospital, Boston, USA; Harvard Medical School, Boston, USA; Brigham and Women’s Hospital, Boston, USA; Al-Haq, occupied Palestinian territory; University Hospital of North Norway, Tromsø, Norway; The Arctic University of Norway, Tromsø, Norway) non potrà vedere, purtroppo, una identica pronta soluzione. In questa si riportano infatti le gravi condizioni a cui è sottoposta ordinariamente la popolazione palestinese che vive nei territori occupati. Le condizioni di sovrappopolazione (alta densità di abitanti), le scarse infrastrutture igieniche e sanitarie con cui sono costretti a vivere gran parte dei palestinesi della Striscia di Gaza, preoccupano gravemente per gli effetti che la pandemia da coronavirus avrà sulla popolazione palestinese. 

“La violenza strutturale” – scrivono allarmati i ricercatori – ”radicata nelle ingiustizie storiche, politiche e sociali, determina i modelli di salute e crea le vulnerabilità che ostacolano l’effettiva prevenzione, rilevazione e risposta ai focolai delle malattie trasmissibili. Nella Striscia di Gaza occupata, la convergenza di queste forze nell’era di una pandemia ha il potenziale per devastare una delle popolazioni più vulnerabili al mondo”. Questo anche per il fatto che, in seguito al blocco imposto da Israele sui Territori, “la Striscia di Gaza che subisce alti livelli di povertà, disoccupazione, insicurezza alimentare e manca di sufficienti quantità di acqua pulita e potabile mentre il blocco distrugge le catene di approvvigionamento di materiali e dispositivi medici, riduce il movimento dei pazienti e dei sanitari e inibisce gravemente il rafforzamento delle capacità medica e della sanità pubblica”.

Il parallelo riportato tra la sorte dei carcerati iraniani e di altri paesi che vengono liberati temporaneamente per proteggerli dal contagio e la sorte dei palestinesi che vivono in una sorta di prigione a cielo aperto è agghiacciante.

L’appello rivolto alla comunità internazionale, fondato sui valori morali degli autori e sui loro doveri professionali è di agire per fermare la violenza strutturale che, anche in questo caso di pandemia mondiale, fa emergere le condizioni di vita in cui è tenuto un intero popolo.

2 aprile 2020

  1. Rania Muhareb, Rita Giacaman Tracking COVID-19 responsibly. www.thelancet.com Published online March 26, 2020 https://doi.org/10.1016/S0140-6736(20)30693-0
  2. David Mills, Bram Wispelwey, Rania Muhareb, Mads GilbertStructural violence in the era of a new pandemic: the case of the Gaza Strip www.thelancet.com Published online March 26, 2020 https://doi.org/10.1016/S0140-6736(20)30730-3

3/4/2020 http://www.salutepubblica.net

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