Dai Brics, un rilancio del multilateralismo e delle istituzioni internazionali
di Alessandro Volpi Università di Pisa
A Rio, il mondo nuovo ha provato a tendere una mano all’occidente, temendo la sua insensatezza
Rappresentano il 50% della popolazione mondiale e poco meno del 45% della ricchezza prodotta a livello planetario. Si sono riuniti a Rio de Janeiro, ma sui media italiani quasi non ne è comparsa traccia.
Si tratta del vertice dei Brics che ha riunito tutto ciò che, semplificando, si può definire “non occidentale”. Il silenzio dei media è quindi davvero incredibile anche perché da quel vertice sono uscite almeno tre cose di grande rilievo. La prima, sorprendente, è costituita dal fatto che proprio i Brics stanno invocando il rispetto del diritto internazionale e del multilateralismo, arrivando persino a “difendere” le istituzioni di Bretton Woods, le Nazioni Unite e il Wto. In altre parole, le principali realtà produttive del pianeta, che non hanno, nella stragrande maggioranza dei casi, contribuito
né alla definizione degli assetti successivi alla Seconda guerra mondiale, né alla stesura delle regole fondamentali del diritto internazionale e tanto meno alle istituzioni finanziarie globali, chiedono, ora, di fronte al disastro dell’Occidente, di rispettare quelle norme di convivenza collettiva e quelle istituzioni per evitare il collasso dell’umanità. Chiedono, certo, di avere un maggior peso all’Onu, nel Fondo Monetario Internazionale e nella Banca Mondiale ma non propongono il loro abbattimento perché sono consapevoli dell’irresponsabilità delle classi dirigenti occidentali e dei loro possibili comportamenti sconsiderati di fronte a rotture degli equilibri maturati negli ultimi 80 anni.
I Brics invocano quel multilateralismo che era stato concepito dalla cultura democratica e che ora le logiche di dominio hanno stravolto. I “nuovi barbari”, secondo le definizioni della presidente Von der Leyen e del comandante in capo Trump, manifestano un chiaro sforzo per ristabilire la pace e la tenuta economica complessiva servendosi ancora delle forme istituzionali conosciute, per provare a gestire in modo graduale una trasformazione inevitabile nei fatti.
Il secondo aspetto rilevante è rappresentato dall’idea, maturata dai Brics, di una progressiva sostituzione del dollaro non con un’unica moneta alternativa, ma con il ricorso alle “valute locali”: in pratica, di fronte al declino inesorabile del biglietto verde, i Brics pensano di aumentare, ancora una volta gradatamente, il volume degli scambi fatti con le monete dei singoli paesi, a cui restituire sovranità monetaria, utilizzando il coordinamento di una nuova Banca delle sviluppo, con sede a Shanghai. Di nuovo, nessuna forzatura egemonica, sotto l’egida di un unico grande potere imperiale, ma un rafforzamento dei singoli Stati in una dialettica generale, dove, naturalmente, condurre un ridimensionamento “pacifico” del dollaro.
In questa logica i Brics paiono aver chiaro che sono necessarie politiche monetarie statali in grado di gestire anche processi di adeguamento del valore della moneta all’andamento delle singole economie e, al contempo, sembrano aver compreso quanto sia indispensabile individuare forme di coordinamento fra i vari paesi per procedere all’emissione di un debito “mutualizzato” in grado di pagare interessi sostenibili e di trovare compratori il cui fine non sia quello di soggiogare le economie indebitate. Non è ancora il momento – e forse non lo sarà mai – di un’unica moneta egemone del Sud del mondo, ma attraverso un coordinamento monetario potrà diventare possibile una fondamentale gestione dei debiti sovrani dei paesi appartenenti al perimetro dei Brics.
Il terzo elemento è invece più rapido nel suo inveramento ed è costituito da un sistema
di pagamenti autonomo che, in primis, impedisca la proliferazione delle sanzioni. Per i Brics non sono più accettabili le condizioni del sistema Swift che, negli ultimissimi anni, ha manifestato un duplice carattere fortemente finanziarizzato, in relazione al costo e alle modalità dei servizi, e altrettanto marcatamente politicizzato in quanto strumento di vere e proprio guerre a tutto tondo.
In merito a questo tema, vale la pena concentrare l’attenzione su chi siano i “proprietari” di Swift, il sistema attualmente vigente. I due principali soci sono Euroclear e Clearstream: il primo ha sede legale in Belgio ed è un’emanazione di JP Morgan – quindi delle Big Three -, la seconda è partecipata da una serie di grandi fondi, a cominciare da Vanguard, e ha sede in Lussemburgo. Alla luce di ciò, forse, i membri dei Brics non sbagliano a creare un sistema alternativo ad uno che si regge su paradisi fiscali e fondi. Inoltre, la riforma del mercato unico di capitali, auspicata dal Rapporto Draghi, potrebbe modificare anche la proprietà di Swift, rendendola ancora di più una realtà totalmente nelle mani di un unico grande soggetto finanziario con tratti apertamente monopolistici.
A Rio, il mondo nuovo ha dimostrato di avere veramente paura dell’insensatezza dell’Occidente e ha provato a tendergli una mano.
11/8/2025 https://www.marx21.it/










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