DALLO STUPRO DEL TITOLO V LA SECESSIONE

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La sentenza autarchica della Corte Costituzionale che disconosce il referendum totalmente abrogativo della legge Calderoli sull’autonomia differenziata merita, al di là delle considerazioni giuridico-tecniche, una valutazione politica. E’ evidente che ad aprire una strada per la secessione del nord è stato lo stupro del titolo V del 2001 per opera consapevole del centrosinistra, conseguita con manovre truffaldine, come la firma del governo Gentiloni l’ultimo giorno del suo mandato. Ricordiamolo sempre nelle nostre iniziative!

La riformulazione dell’art. 117 introduce come ulteriore elemento d’allarme la clausola di supremazia “Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale.” La formula offre all’esecutivo spazio per molteplici forzature: invocando l’interesse nazionale (leitmotiv dell’ultimo decennio) sarà possibile imporre politiche e progetti invisi alle comunità chiamate a pagarne i costi economici, ambientali, sociali e sanitari. Se ha una sua ratio prevedere che sia il livello centrale a stabilire le regole generali dell’agire in materia di ambiente, garantendo come precondizione il pieno rispetto degli art. 9 e 32 della Costituzione, nello scenario dato il nuovo assetto si tradurrebbe inevitabilmente in un ulteriore arretramento delle legittime pretese dei cittadini potenzialmente o concretamente impattati.

Ora da dove ripartiamo dopo la decisione della Corte Costituzionale contro la divisione dell’Italia che produrrebbe un nuovo feudalismo si avvale della storia italiana? Ricordiamoci che molte volte le battaglie iniziate dalle minoranze sono poi diventate battaglie di popolo per la trasformazione politica e sociale e hanno preso forma culture di governo atte a determinare la sconfitta dei peggiori tratti dei poteri dominanti all’opera per dimensionare a loro immagine somiglianza i rapporti sociali e politici tramite restrizioni violente delle libertà quando non riuscivano con gli atti legislativi, come quelli in corso in Italia per ritornare alle forme divisive precedenti all’Unità d’Italia, seppur dentro un guscio, ormai svuotato, chiamato nazione.

La divisione in atto, per soddisfare gli animi secessionisti delle Giunte del nord, ma anche di qualche Giunta del sud (non delle cittadine e dei cittadini tenuti all’oscuro) è stata programmata dagli ultimi quattro governi con una vera e propria secessione delle zone ricche, o meglio dire dei settori ricchi delle Regioni del nord in quanto le disuguaglianze e le disparità di condizioni sociali aumenterebbero ancora per le già ampie fasce di povertà nelle periferie di quelle Regioni.

Ne sono drammaticamente consapevoli i milioni di cittadini ormai costretti a ricorrere all’onerosa sanità privata. Povertà dalle quali usciranno solo per poter, chi potrà farlo, elemosinare lavoro e salute fuori dai confini regionali, e come cittadini poveri del nord relegati nelle riserve di periferia, senza adeguati servizi sociali e destinati a vivere di meno, e male, nei confronti delle zone ricche nelle grandi città, come nei paesi delle città metropolitane, o di montagna.

Tenendo conto che già grosse crepe sono state aperte con l’introduzione del “welfare aziendale” e della sanità integrativa nei contratti, come quello del comparto sanità, imperniato sulla deregolamen-tazione del lavoro favorendo, con un vero e proprio disconoscimento delle lotte che hanno portato alla legge 833 dopo la fine delle mutue, la facoltà dei lavoratori di farsi una mutua privata per loro e i loro famigliari

Beh, sarebbe il caso di darci da fare ora che siamo ai limiti della barbarie su ogni aspetto della nostra vita, dal lavoro ormai senza più diritti elementari fino alla morte (record europeo di oltre tre morti giornaliere); dal non lavoro di milioni giovani e meno giovani; dal lavoro schiavizzato dei precari; dall’imbarbarimento delle relazioni con i nostri simili, italiani e migranti.
Vogliamo darci una mossa prima che sia troppo tardi e ricadere nel baratro di un nuovo fascismo che ha facce e parole molto più viscide del passato? I fatti richiederebbero una reazione della società che ha nel DNA i principi della democrazia come governo del vivere civile.

La secessione va fermata nelle piazze regionali con varie forme di mobilitazione che nella loro originalità tentino di alzare le saracinesche di giornali e televisioni locali, non illudendosi che il governo, ma anche l’opposizione parlamentare, voglia modificare i punti più brutali della Legge Calderoli come richiesto dalla Consulta con una sentenza che comunque, a mio parere, ha aperto la strada al rifiuto del Referendum abrogativo, lasciando al governo secessionista un paradossale consiglio di modifiche.

Franco Cilenti

Editoriale del numero di febbraio del mensile Lavoro e Salute

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