Disoccupazione, quel disgustoso gioco delle tre carte. L’Istat contraddice Renzi.

L’Istat smentisce seccamente il Governo. La disoccupazione è al 12,7%. Altro che “migliaia di contratti attivati”. E c’era da aspettarselo. Peccato che questo non provochi alcun sussulto. Niente. Un ex sindaco qualsiasi si permette di dare in pasto al sistema mediatico dati non corretti sull’occupazione, seguito a ruota dal suo ministro, tale Poletti, che faceva tutt’altro mestiere, e nessuno, nemmeno il sant’uomo Sergio Mattarella, è capace di difendere la dignità di questo paese, che sulla carta recita “fondato sul lavoro”. 

Questo Paese nutrito a prese in giro e pugni sul tavolo è stanco. Così l’unico vero rottamato è il signor Matteo Renzi. Ma lui da perfetto bugiardo fa finta di non saperlo. Addirittura Grillo, che di mestiere non fa certo il sindacalista e che il tema dell’occupazione lo maneggia appena, sottolinea che i “79mila nuovi contratti non sono nuovi assunti”. I tecnici dell’istituto di statistica hanno infatti precisato che si tratta di dati non confrontabili con quelli del governo sulle 79 mila attivazioni di nuovi contratti, che “sono dati di diversa natura e non necessariamente significano nuovi occupati. Possono anche essere transizioni dal tempo determinato e altri tipi di contratti”. Sono più o meno gli stessi argomenti che ha sollevato nei giorni scorsi Luca Ricolfi sul Sole 24 ore, tornando a chiedere “segnali veri e non segnali di fumo”.

Poletti, da talebano di “una ripresa che non c’è” insiste. I dati dell’Istat, sottolinea, “vanno incrociati con quelli comunicati dall’Inps sulla riduzione dell’utilizzo della cassa integrazione e con quelli che abbiamo tratto dalle comunicazioni obbligatorie, relativi ai mesi di gennaio e febbraio, che evidenziano una positiva crescita dei contratti a tempo indeterminato rispetto agli stessi mesi del 2014, che va nella giusta direzione di una stabilizzazione dei rapporti di lavoro”. 

Diamo un consiglio a Poletti: perché non va a guardare i dati sui fallimenti? Lo sa o no che la cig può dimininuire per la semplice, e “naturale”, morte dell’azienda? E infatti l’Istat di oggi ci dice proprio questo. Il tasso e’ infatti tornato allo stesso livello di dicembre ed e’ di 0,2 punti piu’ elevato rispetto a febbraio 2014. Nei dodici mesi il numero di disoccupati e’ cresciuto del 2,1%, mentre in valore assoluto i disoccupati a febbraio sono 3,24 milioni. Contestualmente sempre a febbraio, gli occupati diminuiscono dello 0,2%, vale a dire -44 mila unita’. In termini percentuali, il tasso di occupazione, pari al 55,7%, cala nell’ultimo mese di 0,1 punti percentuali.

Secondo Fabrizio Solari, membro della segreteria nazionale della Cgil, “i dati disaggregati delle nuove assunzioni ci mostrano che il ‘boom’ delle assunzioni a tempo indeterminato dei primi due mesi, in attesa delle tutele crescenti, sono frutto della sostituzione di altre forme. Chiunque dotato di buon senso, e alla larga della propaganda, avrebbe potuto prevederlo. Senza dimenticare l’ ‘effetto diga’: le imprese negli ultimi mesi dello scorso anno hanno ritardato le assunzioni in attesa degli sgravi previsti dalla legge di stabilità”. Per il segretario confederale della Cgil “ci troviamo ancora all’interno del girone infernale della crisi nella quale siamo invischiati da anni. La cosa ci fa tutt’altro che piacere, in attesa degli effetti reali previsti dal Jobs Act. Il consiglio è quindi quello di mettere nel cassetto la propaganda e provarsi a misurare con i problemi reali del paese”, conclude Solari. 

Intanto, il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno, nel 2014, è arrivato a quota 20,7% con una previsione di incremento per il 2015 dell’1%. Dato ancora più preoccupante per gli under 25 il cui tasso è salito dal 32,3% del 2007 al 55,9% nel 2014. Questi sono alcuni dei dati emersi dal 28mo Report Sud “Fuori dalla recessione il Nord! Ma il sud arranca”, realizzato da DiSteConsulting e presentato oggi all’Università degli Studi di Palermo.
Tra il 2008 e il 2014, nel Mezzogiorno hanno chiuso 63.500 imprese. Ad accusare di più i contraccolpi della recessione sono le imprese artigiane il cui numero è sceso, a fine 2014, a 341.850 unità, 9591 in meno rispetto al 2013 .

“I dati diffusi oggi da Eurostat, in particolare con la disoccupazione relativa ai giovani pari al 42,6% che in Italia continua a crescere e in Europa è più alta solo in Grecia e Spagna – dichiara il segretario del Prc Paolo Ferrero – sono la migliore risposta, purtroppo, alle fandonie di Renzi. Il jobs act non solo non ha creato nemmeno un posto di lavoro ma ha peggiorato la situazione, con il Paese in deflazione. Serve un piano per il lavoro, non altre regalie ai padroni!” 

Fabio Sebastiani

31/3/2015 www.controlacrisi.org

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