DUE TERZI DEI TUMORI SONO DOVUTI A QUALE CASO?

Attenendosi puramente e semplicemente a quanto presentato dagli autori, la percentuale di tutti i tumori attribuibili al caso può situarsi tra il 30% e l’85%. Basta l’esplicitazione di un margine di incertezza di questa ampiezza per distruggere la conclusione dei «due terzi» che ha fatto il giro del mondo. Un commento all’articolo pubblicato su Science.

Anno nuovo, vita nuova. Fino all’anno passato si discuteva , spesso con un accanimento degno di più produttive cause scientifiche e di cifre meno affette da intrinseche incertezze, sulle percentuali di tumori attribuibili a diversi gruppi di fattori causali (ambiente, tabacco, dieta etc.) ed ecco che con il 2015 ben due terzi degli stessi tumori sono dovuti al caso, e quindi sono controllabili solo con una diagnostica precoce e non agendo sulle cause ambientali o genetiche, notizia che fulmineamente riempie i media di tutto il mondo.

Dopo tutto l’articolo[1] che ne è alla base è pubblicato su ‘Science’, una delle due regine tra le riviste scientifiche (Science e Nature), e uno dei due autori, Bert Vogelstein, è uno stimato e prestigioso ricercatore nel campo della biologia del cancro. A quale caso sono attribuibili i due terzi dei tumori? Al caso come una serie di eventi aleatori nella loro genesi o al caso di un articolo i cui risultati hanno subito una serie di erronee interpretazioni che a cominciare dagli autori stessi si sono propagate e arricchite nell’incatenamento dei media? Non ho dubbi che ci troviamo nella seconda situazione e mi limito qui a un paio di osservazioni.

Per la prima osservazione mi astengo dall’entrare in una critica approfondita, che necessita più tempo e più riflessione, dell’articolo e assumo come corretti sia i dati sia tutta l’analisi così come presentati dagli autori. Leggo semplicemente a pagina 80, terza colonna, che i limiti di confidenza al 95% del coefficiente di correlazione (Pearson) tra numero totale di divisioni delle cellule staminali in un organo (usato come espressione degli eventi casuali) e rischi per diversi tumori vanno da 0,63 a 0,90. Il coefficiente stesso è 0,81 e sul suo quadrato, 0,81 x 0,81 =0,64, sta impiantata tutta la conclusione del lavoro. Il quadrato di un coefficiente di correlazione indica infatti la parte di variabilità della variabile dipendente, nel caso attuale il rischio di tumore, legata alla variabile indipendente, la misura degli eventi casuali.

Quindi lo 0,64 del totale della variabilità di rischio tra diversi tumori, ovvero la percentuale del 64% (i famosi due terzi), è legato (attribuibile secondo gli autori) a eventi puramente casuali. Commento immediato: se si fa il quadrato dei due limiti di confidenza (0,63 e 0,90) si vede subito che la percentuale può situarsi (per un livello di confidenza del 95%) tra il 40% e l’80% . Se poi si vuole essere un po’ più sicuri prima di tirare conclusioni generali e si calcolano i limiti di confidenza al 99%, i limiti di incertezza entro i quali si può situare la percentuale di tutti i tumori attribuibile a eventi casuali vanno dal 30% all’85%! Cioè attenendosi puramente e semplicemente a quanto presentato dagli autori, la percentuale di tutti i tumori attribuibili al caso può situarsi tra il 40% e l’80%, e se si vuole essere un po’ più sicuri di quello che si afferma, tra il 30% e l’85%. Basta l’esplicitazione di un margine di incertezza di questa ampiezza per distruggere la conclusione dei « due terzi » che ha fatto il giro del mondo.

In realtà l’articolo, se non ci si limita ad accettare come tale dati e analisi (come qui ho fatto), zoppica da tutte le parti a cominciare dal fatto che la proporzione di variabilità del rischio tra diversi tumori non è la stessa cosa della frazione di tumori attribuibile a un fattore causale, per passare all’effetto introdotto dall’uso di una scala logaritmica e alla legittimità di considerare come puramente casuali gli errori nella replicazione delle staminali: varrà la pena di tornarci sopra.

La seconda osservazione concerne il ruolo del caso nell’insorgenza dei tumori, che è intrinsecamente inevitabile. Ho spesso citato, perchè a mio giudizio offre una prospettiva illuminante, l’ultimo paragrafo di uno degli ultimi scritti di Richard Doll[2]:

    “Il fatto che, diciamo, solo il 20% dei forti fumatori di sigarette sviluppino in assenza di altre cause di morte un tumore polmonare entro i 75 anni non vuol dire che l’80% sono geneticamente non suscettibili alla malattia più di quanto il fatto che di solito solo un cancro insorge in un dato tessuto implichi che tutte le cellule staminali del tessuto che non sono diventate cancerose siano geneticamente non suscettibili. Quello che questi fatti significano è che se un soggetto esposto sviluppa o non sviluppa un cancro è largamente una questione di sorte : cattiva sorte se i diversi necessari eventi si verificano tutti nella stessa cellula quando ci sono molte migliaia di tali cellule a rischio, buona sorte se non si verificano. Personalmente trovo questa spiegazione sensata, ma molti apparentemente non la condividono ».
    (Io sono ovviamente tra quelli che la condividono).

Caso e causalità coesistono in una realtà molto più complessa di quanto avventatamente affermato da un lato da chi ci ha propinato come regalo i due terzi dei tumori dovuti al caso e dall’altro chi quotidianamente ci annuncia che con le meraviglie dei nuovi biomarcatori sfornati a getto continuo – genomici, epigenomici, proteomici, etc.- sarà possibile predire senza fallo salute e malattia di ciascuno di noi. Gli uni e gli altri si ricongiungono in un’unica conseguenza pratica: per restare sani dovrete vivere come malati facendovi vita natural durante e in continuazione un diluvio di test predittivi capaci di cogliere sul nascere o prima del nascere ogni patologia. Qualche arretrato come me si ostina però a pensare che compito della medicina sia di rendere sani i malati e non malati i sani. Buon Anno!

Rodolfo Saracci

Senior Visiting Scientist, International Agency for Research on Cancer, Lione

Bibliografia

    Tomasetti C , Vogelstein B. Variation in cancer risk among tissues can be explained by the number of stem cell divisions. Science 2014; 347: 78-81.
    Doll R. Commentary: the age distribution of cancer and a multistage theory of carcinogenesis. Int J Epidemiol 2004; 33: 1183-1184.

14/1/2015 www.saluteinternazionale.info/

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