Elezioni europee: Il giorno del procione

In Italia Pd e FdI, allineati sui temi principali (guerra e patto di stabilità) ma quasi in incognito, vincono per inerzia naturale in mezzo al disinteresse. A Bruxelles la ‘maggioranza Ursula’ mantiene una risicata prevalenza numerica ma la sua linea politica è clamorosamente battuta e la sua riproposizione è una marcia verso la dissoluzione totale.

Elezioni europee, vincitori e vinti nel disinteresse generale

– Fausto Anderlini

Alcune considerazioni a caldo sul voto per il rinnovo del Parlamento Europeo.

1. Nella UE crolla l’asse lotaringico (Franco-tedesco) attorno a cui si è strutturata dalle sue origini. Tiene il centro popolare, ma cede clamorosamente l’ala ‘sinistra’ (Socialisti, liberali, verdi), quella più convintamente allineata agli interessi di sistema e insieme più ‘bellicista’ nel segno della vocazione atlantica e anti-russa.

Ovunque cresce enormemente la destra radicale, che intercetta col suo orientamento nazionalista il diffuso malcontento sociale e la renitenza alla chiamata alle armi della ‘democrazia’ in formato bellico.

Il capolavoro del Pse e dei suoi alleati ‘radico-liberali’ è non solo di avere consegnato alla destra gli interessi sociali negletti ma anche la resistenza alla coscrizione militare. Elementi gloriosi di una storia consegnata all’ammasso. Una morfogenesi spettacolare.

Di contro il nazionalismo della destra europea è di tipo nuovo: inclina più al protezionismo locale e a un vago neutralismo difensivo, piuttosto che all’interventismo imperiale.

Il locale, gretto e aggressivo cioè identitario, sul piano interno, ma renitente alla guerra esterna, che si ribella al globale. Laddove in passato la destra interpretava pretese frustrate di tipo imperiale e revanscista.

Se è vero che la ‘maggioranza Ursula‘ mantiene una risicata prevalenza numerica la sua linea (abbarbicata al patto di stabilità, alla riconversione green e al riarmo) è clamorosamente battuta e la sua riproposizione, al netto di un improbabile rovesciamento dei termini, non sarebbe altro che una diabolica marcia verso la dissoluzione totale.

2. Sul piano locale, si rafforza il governo Meloni, che nell’insieme sfiora la maggioranza assoluta (FdI + Fi + lega circa al 48 %). Esce anche vincente la diarchia delle convergente parallele di Giorgia ed Elly, entrambe confermate nella loro leadership. Il duello personalizzato da stra-paese, alla fine ha pagato per tutte e due.

5S soffrono la situazione e patiscono la crescita dell’astensionismo, soprattutto al sud. Comunque sia al primo appuntamento di rilievo la linea Franceschini, ovvero la mente razionale dell’avvento di Schlein, competere ‘da sinistra’ coi 5S, ha pagato. La linea di Conte, coerente e temperata nei suoi presupposti, specie in ambito europeo (Guerra e patto di stabilità) esce sconfitta. O meglio più che ‘battuta’, ‘ignorata’.

Profittevole la furbata di verdi e sinistra italiana che con le sue ‘figurine panini’ raccoglie molti ‘buoni sentimenti’ della sinistra genericamente ‘radicale’. Falliscono miserevolmente nel campionato di centro, Renzi, Calenda e Bonino, i macroniani de noantri, battuti in tromba da Forza-Italia.

Ne consegue che il ‘campo largo’ vede il consolidarsi della leadership coalizionale del Pd, nel mentre si restringe e frammenta. Allo stesso modo che perde mordente ultra-nazionale dalla via della sconfitta disastrosa del Pse. Infine come da previsione Santoro neanche si avvicina al quorum. Pochi voti buttati nel nulla. Tutto questo con un astensionismo sopra la soglia del 50 %, malgrado il traino di molte elezioni locali e il battage ideologico pseudo-agonistico propinato dai media mainstream.

Queste elezioni in Italia sono state come un ‘allenamento’ a porte chiuse dove le questioni cruciali, e drammatiche, dell’agenda europea sono stati aggirati e silenziati. Il Pd e FdI sostanzialmente allineati sui due temi in palio (guerra e patto di stabilità) ma quasi in incognito, per inerzia naturale.

In linea ma non in prima linea. Sicchè si è votato fra Giorgia ed Elly, fra fascismo, antifascismo, sovranismo, cosmopolitismo e ogni altra nuance ideologica, ma non per quello che veramente era in gioco. Tutta la furbizia italica del gioco del procione. E del camaleonte. Il mimetismo occasionale celato con colori vivaci. Consensi, ruoli, individualità che si rafforzano nel cedimento. Nella nebbia. Nel disinteresse.

10/6/2024 https://www.kulturjam.it/

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