Fantasmi inconfessati: l’Italia e la rimozione dei massacri fascisti
Viviamo un periodo davvero pazzesco in cui si cerca attraverso la menzogna di plasmare le coscienze e in pieno revisioni storico, si evita accuratamente di fare i conti con la storia dei massacri e dei genocidi fatti dall’esercito italiano nel ventennio fascista. Proprio perchè questa autoassoluzione è intollerabile, faccio una sintesi delle occupazioni militari del fascismo, sintesi che non è esaustiva, ma che vuole far riflettere su come non aver processato e condannato nessuno per questi crimini di guerra, non dia al nostro Paese il diritto di giudicare altri e soprattutto dare lezioni di democrazia e correttezza morale.
L’Italia, nazione dal ricco patrimonio culturale e dalla complessa storia, si confronta ciclicamente con le ombre del suo passato. Eppure, tra le pieghe di una memoria spesso selettiva, permangono zone d’ombra particolarmente dense e inquietanti: quelle relative ai massacri perpetrati dall’esercito italiano durante il ventennio fascista nelle colonie e nei territori occupati. Un passato di violenza inaudita, di crimini di guerra e contro l’umanità che, a differenza di altre nazioni che hanno affrontato le proprie responsabilità storiche, l’Italia non ha mai pienamente elaborato. Anzi, si percepisce una persistente tendenza all’occultamento, alla minimizzazione, persino alla giustificazione, piuttosto che un autentico percorso di autocritica e riparazione morale.
Se la Germania del dopoguerra ha compiuto un doloroso ma necessario processo di “Vergangenheitsbewältigung” (superamento del passato) riguardo ai crimini nazisti, e se altri paesi con trascorsi coloniali hanno intrapreso, seppur con difficoltà e lentezza, un cammino di riconoscimento e scuse formali, l’Italia sembra ancora prigioniera di una narrazione autoassolutoria. Una narrazione che spesso dipinge gli italiani come “brava gente”, naturalmente aliena da atrocità e violenze, e che relega gli eccidi coloniali e bellici a “eccessi” isolati o a sfortunate conseguenze del contesto storico.
Eppure, la documentazione storica, seppur parziale e spesso frammentata, è inequivocabile. Le pagine precedentemente elencate relative agli eccidi in Libia, Etiopia e nei Balcani durante il ventennio fascista, sono macchiate da crimini sistematici e diffusi, non da singoli episodi isolati. In Libia, la “pacificazione” voluta da Mussolini e condotta con ferocia da Graziani si tradusse in una repressione spietata della resistenza Senussi, culminata nella creazione di campi di concentramento dove decine di migliaia di civili libici, tra cui donne, bambini e anziani, perirono per fame, malattie e stenti. Furono impiegate tattiche di terra bruciata, avvelenamento di pozzi e distruzione di villaggi per affamare e terrorizzare la popolazione.
In Etiopia, la guerra di conquista fu caratterizzata dall’uso di gas asfissianti contro civili e militari etiopi, un crimine di guerra riconosciuto a livello internazionale. La repressione post-occupazione, soprattutto dopo l’attentato a Graziani, raggiunse livelli di inaudita brutalità, culminando nel massacro di Addis Abeba (Yekatit 12) e nel massacro di Debre Libanos, solo per citare gli episodi più noti. Le stime delle vittime etiopi durante l’occupazione italiana parlano di centinaia di migliaia di morti, un numero spaventoso che testimonia la ferocia della repressione fascista.
Nei Balcani, durante la Seconda Guerra Mondiale, l’occupazione italiana, se inizialmente presentata come meno brutale di quella tedesca, si macchiò anch’essa di crimini e violenze, soprattutto con l’intensificarsi della resistenza partigiana. La repressione in Slovenia, l’internamento di decine di migliaia di sloveni in campi di concentramento italiani, le rappresaglie contro civili, gli incendi di villaggi, le fucilazioni sommarie, fino alla tragedia del massacro di Cefalonia (seppur compiuto dalla Wehrmacht, ma conseguenza diretta della situazione bellica creata dall’Italia) testimoniano una realtà ben diversa dall’immagine edulcorata spesso proposta.
Nonostante l’evidenza storica, l’Italia non ha mai compiuto un serio esame di coscienza su questi crimini. Nessuno ha mai pagato concretamente per questi genocidi, né a livello politico né a livello militare. L’amnistia Togliatti del 1946, pur comprensibile nel contesto del dopoguerra e della volontà di pacificazione nazionale, avrebbe dovuto almeno non applicarsi sui responsabili dei crimini perchè di fatto ha impedito qualsiasi seria azione giudiziaria contro i responsabili di crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi durante il fascismo. Graziani, Badoglio, Roatta e molti altri figure chiave del regime fascista, responsabili diretti di politiche repressive e massacri, non hanno mai subito conseguenze legali per le loro azioni. Anzi, in alcuni casi, sono stati persino riabilitati o celebrati in determinati ambienti.
Questa impunità ha contribuito a creare una cultura della rimozione e dell’oblio. Nelle narrazioni ufficiali, nei libri di testo scolastici, nel dibattito pubblico, gli eccidi fascisti sono spesso minimizzati, edulcorati o completamente ignorati. Si preferisce concentrarsi sugli assurdi aspetti che certa storiografia definisce “positivi” del colonialismo italiano (presunti benefici infrastrutturali, “civilizzazione”, ecc.) o sugli eroismi militari italiani durante le guerre, tralasciando le pagine più oscure e vergognose.
Questa rimozione non è solo un’omissione storica, ma ha profonde conseguenze morali e politiche. In primo luogo, manca il rispetto dovuto alle vittime e ai loro discendenti. Le popolazioni libiche, etiopi, jugoslave e greche che hanno subito la violenza fascista, meritano un riconoscimento formale del dolore subito e una pubblica espressione di scuse da parte dello Stato italiano. Il silenzio e l’omissione rappresentano una ferita aperta, un ostacolo alla vera riconciliazione e alla costruzione di relazioni serene e rispettose con i paesi coinvolti. Anzi nel caso dei Balcani, l’operazione Foibe è stata condotta ad una vera riabilitazione del fascismo.
In secondo luogo, la mancata elaborazione del passato fascista indebolisce la stessa identità democratica italiana. Non fare i conti con la storia significa non imparare dalle proprie responsabilità, rischiando di ripetere errori e di alimentare pericolose derive revisioniste o negazioniste. L’omissione e la minimizzazione creano un terreno fertile per la riabilitazione strisciante del fascismo e per la diffusione di ideologie razziste e nazionaliste che trovano terreno fertile in una memoria storica lacunosa e manipolata.
È tempo che l’Italia compia un salto di qualità nella sua relazione con il passato fascista. È necessario superare la retorica autoassolutoria e affrontare con coraggio e onestà intellettuale le pagine più oscure della propria storia coloniale e bellica. Questo significa:
- Riconoscere formalmente la natura genocidiaria di alcune azioni compiute dall’esercito italiano, in particolare in Libia, Etiopia, Somalia, Grecia e nei Balcani e chiedere scusa ufficialmente alle popolazioni colpite.
- Promuovere la ricerca storica rigorosa e indipendente sugli eccidi fascisti, sostenendo la pubblicazione di studi, documenti e testimonianze.
- Inserire nei programmi scolastici un insegnamento più approfondito e critico sulla storia coloniale italiana e sulle violenze fasciste, superando le narrazioni edulcorate e celebrative.
- Creare luoghi della memoria (musei, monumenti, memoriali) dedicati alle vittime degli eccidi fascisti, in Italia e nei paesi coinvolti, per onorare la loro memoria e sensibilizzare l’opinione pubblica.
- Promuovere un dibattito pubblico aperto e franco sulla storia coloniale e fascista italiana, senza tabù né censure, per favorire una presa di coscienza collettiva e una vera riconciliazione con il passato.
Solo attraverso un autentico percorso di autocritica morale e di riconoscimento delle proprie responsabilità storiche, l’Italia potrà liberarsi dai fantasmi inconfessati del suo passato fascista e costruire un futuro più giusto e pacifico, fondato sulla verità, la memoria e il rispetto per tutte le vittime di quelle tragiche vicende. Un’Italia che non ha paura di guardare in faccia il proprio passato, anche quello più doloroso e scomodo, è un’Italia più matura, più consapevole e più rispettabile nel contesto internazionale.
Apcinkiesta.it pubblicherà prossimamente un dossier sui crimini genocidi perpetrati dall’esercito coloniale e di occupazione fascista.
Marco Nesci
17/2/2025 https://www.apcinkiesta.it/
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