Guerra al latte materno: tra esterofilia, industria alimentare e medicalizzazione

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L’importanza del latte materno: come ribadire l’ovvio
Ritornare a parlare di latte materno sembra quasi dover difendere l’ovvio, ma ciò che era ovvio ieri non è purtroppo ovvio oggi. Allattare al seno ha comprovati benefici per la salute sia per le madri che per i bambini, nei Paesi ad alto e basso reddito: riduce le malattie infettive, la mortalità e la malnutrizione infantile e il rischio di obesità successiva. Per il bambino, il latte materno riduce l’incidenza e la durata delle gastroenteriti, migliora la crescita neurologica, protegge dalle infezioni respiratorie, riduce il rischio di sviluppare allergie, migliora la vista e lo sviluppo psicomotorio, migliora lo sviluppo intestinale e riduce il rischio di occlusioni, contribuisce a una migliore conformazione della bocca, protegge contro le otiti, riduce il rischio di tumori del sistema linfatico e può prevenire il diabete giovanile nei bambini geneticamente predisposti.

L’allattamento al seno è, inoltre, associato a una riduzione del rischio di sovrappeso e obesità in età adulta. Questa simbiosi tra madre e figlio attraverso l’allattamento porta un beneficio olistico anche alla donna in quanto stimola la naturale contrazione dell’utero riducendo il naturale sanguinamento post-partum e consentendo all’utero di tornare alle dimensioni normali più velocemente; aiuta a perdere il peso accumulato durante la gravidanza; riduce il rischio di sviluppare osteoporosi; e previene alcune forme di tumore al seno e all’ovaio. Le madri che allattano al seno hanno un rischio ridotto di cancro al seno e alle ovaie, di diabete di tipo 2 e di malattie cardiovascolari. Nonostante sia ormai noto da tempo, oggi meno del 50% dei bambini in tutto il mondo viene allattato al seno secondo le raccomandazioni dell’OMS. Solo la metà dei neonati viene attaccata al seno materno entro la prima ora di vita e circa un terzo dei bambini nei Paesi a basso e medio reddito riceve pre-lacteal feed (cibo pre-latte, principalmente acqua e latte animale) prima di essere attaccato al seno materno. Questa pratica è fortemente associata al ritardo dell’inizio dell’allattamento al seno. Si tratta di cattive notizie per quanto riguarda la salute delle donne madri e dei bambini. Ma dove hanno origine soprattutto nel Primo Mondo?

L’esterofilia dei “corpi perfetti” impatta su allattamento e cultura della cura

Anni di femminismo avevano tolto la donna dall’immagine sociale fatta di vergogna e riservatezza riguardante l’allattamento sdoganando, più o meno completamente, anche l’allattamento in pubblico, essendo una questione che riguardava il proprio corpo. L’allattamento in pubblico era quasi visto come un “atto osceno” in cui si esibiva una parte del corpo femminile potenzialmente erotizzabile e quindi “scandaloso”. Solo una mentalità perversa e retrograda

poteva permettere una situazione del genere, ma oggi non siamo lontani da quel livello di regresso, sebbene si sostenga altro. Purtroppo oggi l’esterofilia di stampo americano ha fatto dell’allattamento non più una conquista in nome del diritto delle donne, dei bambini e della salute, ma bensì un qualcosa di “obsoleto”, sostituibile con le nuove tecnologie e con i latti artificiali. Negli USA il seno è oggetto primariamente sessuale, a causa dell’uso distorto e sessualizzato che ne fanno l’industria cinematografica, l’industria pornografica e la pubblicità televisiva, intrise di eterosessismo. Spesso ciò che porta le donne a non ricorrere all’allattamento naturale sta proprio nei canoni di bellezza introiettati dalla società patriarcale secondo cui i loro corpi devono essere belli, perfetti, proporzionati ma soprattutto sessualizzati come nelle sfilate di moda e nella pubblicità.

L’arrivo di un bambino e delle sue necessità vengono visti come un fenomeno in grado di sformare il seno e quindi il canone di bellezza in cui il corpo è relegato. Anche l’atteggiamento del partner influenza la decisione della donna di allattare e purtroppo questa mentalità esterofila spesso è promossa anche dagli uomini che disincentivano le donne all’allattamento per motivi puramente estetici. La donna che allatta deve negoziare continuamente fra un ruolo sessuale e uno materno nutritivo e di cura e questa tensione è fortemente presente nelle narrazioni delle donne diventando elemento di stress, difficoltà e ostacolo all’allattamento. Questo, a lungo andare porta culturalmente all’abbandono dell’allattamento, alla perdita della cultura della cura e a trovare la soluzione più semplice: il ricorso ai latti artificiali.

Abbandonare l’allattamento è un’occasione per il marketing industriale

Ovviamente non c’è solo questo fenomeno che impatta sull’allattamento, ma anche la percezione delle donne di non essere adatte all’allattamento.
Quasi la metà delle madri a livello globale dichiara di avere latte insufficiente (SRIM) come motivo principale per introdurre prodotti commerciali a base di latte artificiale (CMF) nei primi mesi di vita e per interrompere prematuramente l’allattamento al seno. Lo SRIM può essere prevenuto o affrontato con successo con un supporto appropriato e non per forza deve essere visto come un impedimento all’allattamento.
Eppure cavalcando l’onda dell’esterofilia e della percezione di inadeguatezza che impediscono l’allattamento, l’industria commerciale del latte artificiale utilizza subdole strategie di marketing, ideate per sfruttare le paure e le preoccupazioni dei genitori e trasformare l’alimentazione di neonati e bambini in un business multimiliardario, generando entrate per circa 55 miliardi di dollari all’anno, con circa 3 miliardi di dollari spesi ogni anno in attività di marketing.

A confermare queste cifre ci sono tre documenti pubblicati da The Lancet il 7 febbraio 2023 che delineano le strategie utilizzate dai produttori di latti artificiali per incrementarne i consumi, rivolgendosi a genitori, operatori sanitari e responsabili politici, con il fine di fare pressioni sui governi, tramite associazioni di categoria e gruppi di facciata, per ostacolare il rafforzamento delle leggi sulla protezione dell’allattamento al seno e le normative sugli standard alimentari. Tutto ciò in palese violazione del Codice sull’allattamento al seno. Nel 1981, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha adottato il Codice Internazionale di Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno, un insieme di norme per prevenire la commercializzazione inappropriata del latte artificiale, prevedendo il divieto di pubblicizzare il latte artificiale presso il pubblico o la promozione all’interno delle strutture dei sistemi sanitari; il divieto di fornire campioni gratuiti alle madri, agli operatori sanitari e alle strutture sanitarie; il divieto di sponsorizzare i professionisti della salute o di promuovere riunioni scientifiche da parte dell’industria del latte artificiale. Tuttavia, nonostante i ripetuti inviti ai governi a incorporare le raccomandazioni del Codice nella legislazione nazionale, solo 32 Paesi hanno adottato provvedimenti legislativi in linea con il Codice. Altri 41 Paesi hanno una legislazione che si allinea moderatamente al Codice e 50 non hanno adottato alcuna misura, e di conseguenza, il Codice viene continuamente violato senza alcuna sanzione.

I documenti di The Lancet dimostrano come i comportamenti tipici dei neonati – il pianto, l’agitazione e lo scarso sonno notturno – vengano rappresentati dall’industria del latte artificiale come “sintomi” patologici e utilizzati come motivi per introdurre il latte artificiale, quando in realtà questi comportamenti sono comuni, naturali ed appropriati nei neonati e nei lattanti. I comuni comportamenti del neonato che si presentano nel post-parto e si manifestano con pianti, comportamenti instabili e brevi intervalli del sonno notturno con frequenti risvegli, sono spesso erroneamente interpetrati anche da genitori e pediatri come segni di problemi di alimentazione. Il marketing dei prodotti commerciali a base di latte artificiale (CMF) rafforza ed esaspera queste idee sbagliate e fa affermazioni infondate sul fatto che i CMF possono migliorare questi comportamenti.

L’industria afferma che i loro prodotti possono alleviare il disagio o migliorare il sonno notturno, e addirittura che il latte formulato può potenziare lo sviluppo cerebrale e migliorare l’intelligenza: si tratta di affermazioni assurde, anti-scientifiche, non comprovate e frutto di quella “scienza” sfornata dai laboratori industriali volta all’accumulo capitalistico piuttosto che al diritto alla salute. Si tratta della volontà di medicalizzare il latte materno, far passare il messaggio che sia obsoleto e superato, proponendo così il latte artificiale come valore aggiunto non solo per le sue presunte qualità nutritive, ma bensì terapeutiche.

L’ecologia dell’allattamento non può essere soppiantata dal latte coltivato in laboratorio, come quello di BioMilq, in quanto non può cambiare in risposta al bisogno del bambino, come invece può fare il latte materno; non contiene ormoni o batteri del bioma della madre e non ha anticorpi vitali per la formazione del sistema immunitario dei bambini. I CMF e l’alimentazione artificiale non sono minimamente paragonabili alle proprietà vive e dinamiche del latte materno e all’interazione che si crea tra madre e bambino durante l’allattamento. Le qualità uniche e ineguagliabili dell’allattamento al seno conferiscono benefici per la salute e lo sviluppo a breve e lungo termine.
Come ha dichiarato il Presidente di ASSIS, il Dottor Eugenio Serravalle, pediatra da sempre attivo sul tema della salutogenesi e delle prevenzione primaria: “L’alimentazione infantile è continuamente mercificata dalla promozione incrociata di latti artificiali formulati per lattanti, di proseguimento, e persino per bambini (latte di crescita), utilizzando lo stesso marchio e una progressione numerica, con l’obiettivo di fidelizzare il consumatore nel palese tentativo di aggirare la legislazione che vieta la pubblicità del latte artificiale”.
Già nel 2018 era chiara la priorità degli interessi commerciali rispetto al diritto alla salute, quando alcuni funzionari statunitensi minacciarono di applicare sanzioni commerciali e di ritirare gli aiuti militari all’Ecuador se questo Paese non avesse rinunciato ad approvare una legge volta a proteggere e promuovere l’allattamento al seno, secondo le direttive OMS. Alcuni gruppi di pressione, a servizio dell’industria, si attivarono contro il prolungamento del congedo parentale retribuito, la cui durata è correlata alla prevalenza e alla durata dell’allattamento al seno: l’assenza o l’inadeguatezza del congedo retribuito costringe molte madri a tornare al lavoro subito dopo il parto.

Come ha scritto Serravalle: “La mancanza di spazi sicuri per l’allattamento sul posto di lavoro, o di strutture per la conservazione del latte materno, fanno sì che l’allattamento al seno non sia praticabile per molte donne. Alcune donne scelgono di non allattare o non sono in grado di farlo. La pressione percepita, o l’impossibilità di allattare al seno, soprattutto se in contrasto con i desideri della madre, possono avere effetti negativi sulla loro salute mentale: i sistemi sanitari dovrebbero essere in grado di sostenere pienamente tutte le madri nelle loro scelte. Le donne e le famiglie decidono in merito all’alimentazione dei figli in base alle informazioni che ricevono, e la critica alle pratiche di marketing predatorio dell’industria dell’alimentazione artificiale non deve essere interpretata come una critica alle donne.

Tutte le informazioni che le famiglie ricevono sull’alimentazione infantile devono essere accurate e indipendenti dall’influenza dell’industria per garantire un processo decisionale informato. Il marketing dell’industria dei prodotti per l’infanzia è un sistema interconnesso, sfaccettato e potente che sfrutta consapevolmente le aspirazioni dei genitori. In base alla Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, i governi hanno il dovere di affrontare la disinformazione e di adottare il Codice sull’allattamento al seno senza ulteriori indugi per garantire che i produttori che fanno affermazioni fuorvianti sui loro prodotti siano chiamati a risponderne”.

Sono necessari ulteriori sforzi educativi rivolti a operatori sanitari, famiglie e popolazione generale per fornire informazioni corrette sul normale sviluppo del bambino, compreso il pianto, e i frequenti risvegli notturni per ridurre l’introduzione non necessaria di CMF e prevenire la cessazione precoce dell’allattamento al seno. L’allattamento al seno non è di esclusiva responsabilità della madre in quanto le migliori pratiche di allattamento al seno a livello di popolazione sono ottenute attraverso un approccio sociale collettivo che include interventi multilivelli e multicomponenti attraverso il modello socio-ecologico in diversi contesti.

Lorenzo Poli

Collaboratore redazione di Lavoro e Salute

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