I PROTOCOLLI DELLA VERGOGNA

Qualche giorno fa, il vertice dell’INL e il presidente dell’ordine dei consulenti del lavoro hanno
sottoscritto due protocolli: il primo ripropone l’ASSE.CO., il secondo è pomposamente definito
“Protocollo di intesa per la legalità, la vigilanza ed il contrasto all’abusivismo professionale”.
Entrambi ripropongono logiche vecchie e pericolose: si rispolvera l’asseverazione di conformità – già
proposta nel passato, quando INL non ancora esisteva, ma gli attori in campo erano quelli di oggi –
con cui il datore di lavoro si fa certificare, a pagamento, dal consulente del lavoro di essere in regola
col pagamento di contributi, di rispettare le norme contrattuali e di legge in materia di rapporti di
lavoro. In cambio, sarà inserito in una lista di “aziende buone”, che saranno esonerate dalle ispezioni
sul lavoro per un anno, a meno che non siano presentate denunce, inchieste giudiziarie o indagini a
campione sulla veridicità delle autocertificazioni.

Il secondo protocollo praticamente consegna le chiavi dell’attività dell’INL a un soggetto privato
quale è l’ordine dei consulenti del lavoro, dal momento che prevede che dei rappresentanti dei
consulenti entrino a far parte del Centro Studi dell’Attività Ispettiva (toh ma guarda un po’ chi si
rivede!) e siano istituiti dei gruppi di lavoro tra INL e consulenti per analizzare le criticità emerse
nell’ambito dell’attività di vigilanza. Tradotto cosa significa? Che un soggetto privato, che supporta
l’azienda nelle attività di vigilanza, potrà intervenire nella scrittura di circolari e note operative agli
ispettori?

Ancora: si prevede un osservatorio della legalità, tra INL e consulenti del lavoro, che raccolga
segnalazioni sui fenomeni di illegalità nel mercato del lavoro. Che fine fanno gli altri organismi già
previsti, come la commissione centrale di coordinamento della vigilanza? Chiudiamo pure quelli,
insieme all’INL o ci inventiamo qualche parolina magica tipo “coordinamento” per far finta che tutto
vada bene? Eppure, si tratta di una commissione che prevede la partecipazione di tutti i soggetti
istituzionali, delle OO.SS. e delle parti datoriali. Forse proprio per quello è meglio non considerarla…
Gravissimo che in questo secondo protocollo sia previsto che le attività ispettive siano effettuate in
presenza del consulente, laddove possibile: che significa? Che occorre avvisare il consulente e, se
questi non può partecipare all’ispezione, gli diamo del tempo, con tutto quel che può comportare?
Ancora, si aggiunge che le ispezioni debbano avvenire con la minor turbativa possibile all’attività
produttiva. Ora, posto che chi conosce l’attività ispettiva sa benissimo che la sua programmazione e
il suo svolgimento non intendono turbare niente e nessuno, sembra che il messaggio sottinteso sia
“non bisogna disturbare chi produce”. Cosa si deve fare per non turbare l’attività? Si avvisa l’azienda
prima di procedere all’ispezione? Si chiede il permesso di poter entrare in azienda o di parlare coi
lavoratori, sempre che non sia di troppo disturbo?

FEDERAZIONE LAVORATORI FUNZIONE PUBBLICA CGIL

1/4/2023 https://www.fpcgil.it/

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *