I soldati israeliani stanno sistematicamente saccheggiando le case di Gaza
Dopo aver saccheggiato la casa di Mohammed, i soldati dell’esercito israeliano hanno tracciato una spunta rossa accanto alla porta di casa
Pochi giorni fa Mohammed, palestinese di Gaza sfollato a Rafah, ha scoperto che l’esercito è entrato nella sua casa sopravissuta alle bombe e ha spaccato tutto. Ci sono ancora le orme degli stivali sui mobili distrutti. “Abbiamo perso i nostri ricordi, i nostri sogni”. Non è un caso isolato, conferma l’Euro-Med human rights monitor
“Abbiamo perso tutto. Non si tratta solo della casa, dei mobili o dei vestiti: insieme a quelli abbiamo perso i nostri ricordi, i nostri sogni”. Mohammed, 36 anni, viveva nel prestigioso quartiere di Al-Remal, a Gaza, prima che scoppiasse la guerra nella Striscia. Quando sono iniziati i bombardamenti israeliani lui, sua moglie e i suoi due figli sono dovuti scappare: prima sono andati a casa dei genitori, poi hanno deciso di lasciare la città. Dopo cinque traslochi alla fine sono arrivati a Rafah, nel Sud della Striscia, dove oggi vivono più di 250mila sfollati.
La loro città, 40 chilometri più a Nord, è devastata dalle bombe: nel quartiere in una notte sono stati demoliti più di trenta edifici. Il loro però è ancora in piedi, e così Mohammed ha chiesto a un amico di andare a controllare la situazione. Pochi giorni fa ha ricevuto delle fotografie: i vetri in frantumi, i mobili ribaltati, i vestiti buttati dappertutto, i muri crivellati di colpi. “Su un tavolo sottosopra si vede ancora l’orma di un soldato israeliano- racconta ad Altreconomia Mohammed, che parla da una tenda dove si è accampato con la sua famiglia-. È così che fanno i militari dell’Israel defense forces (Idf): entrano nelle nostre case e devastano tutto”.
In un recente rapporto, l’organizzazione per i diritti umani Euro-Med human rights monitor ha rivelato che le forze israeliane stanno sistematicamente saccheggiando le case dei palestinesi: “Secondo le testimonianze raccolte, i crimini dell’esercito israeliano vanno oltre le detenzioni arbitrarie, le sparizioni forzate e le esecuzioni sul campo -scrive l’organizzazione-. C’è anche la distruzione intenzionale delle proprietà, il furto degli effetti personali, il saccheggio e l’incendio delle case: tutti elementi di una strategia sistematica evidentemente basata sulla punizione collettiva del popolo palestinese”. Euro-Med Monitor denuncia anche il furto di contanti e oggetti di valore, inclusi computer portatili e gioielli, per un ammontare indicativo di decine di milioni di dollari.
Thabet Salim, 40 anni, ha raccontato a Euro-Med monitor che lui e i suoi due figli sono stati tenuti in ostaggio dall’esercito israeliano nella loro casa nel quartiere di Zaytoun, a Sud di Gaza City, e che i militari hanno rubato tutto l’oro e i contanti che hanno trovato: più di diecimila dollari. Dopo settimane, Salim è stato rilasciato, ma non i suoi figli e non sa che fine abbiano fatto. Umm Muhammad Gharbiyya, una donna che vive ad Al-Shuja’iya, a Est di Gaza City, ha raccontato che le forze israeliane hanno preso i suoi gioielli dopo aver fatto irruzione in casa: il marito e il figlio maggiore sono stati portati via. Hussein Al-Tanani, residente nel quartiere settentrionale di Sheikh Radwan, ha detto che la sua abitazione è stata perquisita dall’esercito israeliano dopo che lui era fuggito per cercare riparo dai bombardamenti: tutto era sottosopra e sono stati rubati un computer e grandi somme di denaro contante.
Le testimonianze raccolte confermano i resoconti della cosiddetta “Unità di raccolta di informazioni e bottini tecnici” della Direzione dell’intelligence militare israeliana, pubblicati dal quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth il 15 dicembre: in questi documenti c’è scritto che l’esercito israeliano avrebbe “sequestrato” somme di denaro superiori a cinque milioni di shekel (l’equivalente di circa un milione 300mila dollari). Una cifra sottostimata, vista la quantità di furti effettuati dalle forze israeliane che non sono stati denunciati. Allo stesso tempo è stato diffuso sui social un filmato che mostra tre soldati israeliani intenti a vendere gioielli d’oro in un negozio della Cisgiordania dopo averli rubati da una casa nella Striscia di Gaza. Altri militari hanno pubblicato su Instagram e YouTube diversi video che li ritraggono mentre saccheggiano le case dei palestinesi, scrivono slogan razzisti sui muri con le bombolette spray, e si vantano di aver sottratto oggetti e denaro.
“A noi hanno rubato due orologi di grande valore, un Rolex e uno Swatch”, continua Mohammed, mentre la linea telefonica va e viene, perché a Gaza le connessioni sono instabili, dopo che le infrastrutture sono state bombardate. “Uno era di mio padre, che è morto poche settimane fa: niente potrà mai ripagare questa perdita. La verità è che non sappiamo davvero cosa ci hanno preso: non possiamo tornare lì a verificare”. Dopo aver devastato il suo appartamento, i soldati israeliani se ne sono andati lasciando alle loro spalle un luogo ormai irriconoscibile: sul muro accanto alla porta di ingresso hanno disegnato una spunta rossa: “Lo fanno sempre, è il loro segnale per dire: casa bonificata, siamo passati di qui”.
Prima della guerra l’uomo non aveva problemi economici: aveva concluso un master in Ingegneria dei sistemi cyber-fisici e stava avviando un suo progetto per il monitoraggio delle mucche da latte attraverso un’applicazione digitale. Anche sua moglie, Haneen, aveva un buon lavoro come insegnante di inglese all’American international school. Dopo il 7 ottobre, però, tutto è cambiato: Mohammed ora lavora per Medici Senza Frontiere e tutti i loro risparmi sono serviti a pagare gli spostamenti. “Ogni volta il processo di evacuazione da un posto per andare in un altro è molto costoso -aggiunge Haneen-. Ci sono le scorte di acqua e cibo da ricomprare, le spese per il posto dove dormire, per il trasporto, per il combustibile. Quando è scoppiata la guerra la benzina costava 1,5 dollari al litro, adesso il prezzo è salito a 30 dollari”. Poi si interrompe, nel silenzio si percepisce un rumore lontano. “Lo senti? Sono i bombardamenti. Anche qui a Rafah cadono le bombe: a Gaza non esiste una safe zone, questa è la più grande bugia che hanno messo in circolazione”.
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Insieme a Mohammed e Haneen ci sono i loro due figli, Adam, di quattro anni, e Hana, di quattro mesi, nata poco prima dell’inizio della guerra. “Non sono neanche riuscita a gioire per il suo arrivo -racconta la donna-. Avevo preparato ogni cosa: i suoi vestitini, la sua stanza. E invece è andato tutto distrutto. Adesso vorremmo andarcene da Gaza e portare in salvo i nostri bambini. Ma attraversare il confine con l’Egitto è molto costoso: dai sette agli 11mila dollari a persona per arrivare dall’altra parte”. Per questo Amal, la sorella di Haneen, che vive negli Stati Uniti, l’ha aiutata ad aprire un crowdfunding e raccogliere donazioni. “Mi manca tutto della mia vita di prima, mi manca la mia routine, le cose semplici, anche quelle di cui mi lamentavo -conclude la donna-. Le parole non potranno mai arrivare a raccontare quello che stiamo vivendo”.
Alice Facchini
9/2/2024 https://altreconomia.it/
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