IL PD, OVVERO LA LUNGA NOTTE DELLA DEMOCRAZIA
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Partito Dannoso alla pace, alla sanità, al lavoro, all’economia anche con Elly. La destra ringrazia compiaciuta
Che ci piaccia o meno, abbiamo a che fare con il PD e/o con gli effetti delle sue politiche in ogni momento. Ma che cos’è realmente il PD? Storicamente è l’esito della trasformazione della politica italiana dai partiti di massa ai partiti d’opinione, evoluzione indispensabile per giungere compiutamente al sistema post-democratico del maggioritario e della gestione autoritaria della società italiana. Che del vecchio PCI nulla sia davvero rimasto nell’attuale PD è sotto gli occhi tutti. E con questa estinzione, oggi, ogni riferimento all’idea di una sinistra riformista diviene non solo aleatorio ma del tutto inappropriato. Il PD si forma non già sull’idea di avanzamento delle condizioni di vita dei lavoratori italiani ma sulle compatibilità del sistema sociale, preso in sé come unica possibilità; ergo: come convivere con il capitalismo così com’è. Una posizione che, scartata come inattuale l’opzione riformista, non può che giungere alla conclusione che con il capitale si convive migliorando il capitale stesso.
Sul piano della società civile, il PD è il più strenuo alfiere del dovere di anteporre i diritti civili ai diritti sociali poiché questi ultimi non possono che essere, prima o poi, in diretto contrasto con l’assetto pienamente capitalistico della società contemporanea. Da qui, la piena disponibilità dell’establishment piddino ad ogni campagna sulle libertà personali ma, anche da qui, origina il tepore apparente (e il deciso contrasto nella pratica reale) verso i diritti del lavoro, alla salute, all’istruzione, all’ambiente.
Se in questi giorni la signora Schlein può inveire contro le politiche industriali del dimissionato sig. Tavares, il suo stesso partito nulla ha fatto di concreto per la difesa dei diritti dei lavoratori del gruppo Fiat/Stellantis. Non solo: i quadri e dirigenti della CGIL che hanno come riferimento politico il PD si sono spesi con forza all’interno del sindacato per indirizzare la CGIL alla compatibilità più assoluta con le esigenze del capitale.
Questo comportamento ha creato fratture insanabili interne, marginalizzazione dei quadri più combattivi, demotivazione, isolamento. Alla base questo si traduce nel calo dei tesserati, nella sfiducia diffusa verso ogni forma di sindacato. Singolarmente, ma non troppo in fondo, proprio la storia del rapporto privilegiato PCI-CGIL ha facilitato questa preponderanza nella struttura del maggiore sindacato italiano: il PCI si trasforma in Pds e poi in Ds e infine nel PD con progressivo adattamento dei quadri e dirigenti sindacali legati alla struttura CGIL dalla condizione di lavoro interna il sindacato (stipendio, ruolo), questo si è tradotto in progressivo slittamento delle pratiche sindacali da posizioni di contrasto al capitalismo sino al pieno adattamento alle esigenze del Moloch-Capitale.
L’adesione piena ai crismi della società capitalista da parte del PD porta in sé una visione (in politichese: una strategia) in cui il pubblico deve essere compatibile (o sostenibile economicamente) ed il privato deve essere libero di agire poiché risponde a sé stesso mentre il settore pubblico deve rispondere alla collettività, e cioè all’assetto capitalistico dello Stato. I tagli alla sanità, alla scuola, al settore pubblico in genere sono esattamente il frutto di questa visione o strategia. Così come le dismissioni di funzioni pubbliche a beneficio del settore privato sono interpretate come stimolo alla libertà (d’impresa), libertà (economico-finanziaria) come indice della modernità della società. E’ sempre in omaggio alla libertà d’impresa, viene così giustificata la politica delle sovvenzioni al privato perché svolga ciò che il pubblico non può più affrontare poiché deprivato dalla politica dei fondi necessari.
Sul piano internazionale, il PD si vede costretto a piroette olimpiche per tentare di destreggiarsi tra le diverse esigenze di espressioni del capitalismo, spesso in aperto contrasto tra loro. L’adesione incondizionata alla NATO include l’assenso agli aumenti della spesa militare, spacciata dal PD come sviluppo del lavoro; così come comporta la posizione pronata verso gli USA e le loro esigenze imperialiste. Allo stesso tempo, la dipendenza industriale dell’Italia dall’economia tedesca pone aspetti di aspro contrasto verso gli interessi americani. Mentre nel mondo prende faticosamente corpo la costituzione di un possibile equilibrio multipolare grazie ai paesi BRICS, il PD è tenacemente ancorato al servizio americano, dimostrando per l’ennesima volta tutta la sua miopia e l’impossibilità di una visione della politica mondiale che non sia l’affermazione unilaterale del dominio USA. Da questo ne trascende l’entusiastico appoggio alla guerra ucraina, senza se e senza ma, con annessi incremento delle spese militari, disponibilità ad un eventuale impiego di truppe di terra in teatro di guerra ed il silenzio assordante sulla minaccia costituita dai silos con missili balistici nucleari americani in territorio italiano.
L’avvento della signora Schlein sulla scena politica italiana ha compiuto il miracolo della trasformazione di acqua in vino: la sostanza liberista rimane invariata, nulla viene cambiato nelle scelte politiche di fondo ma un make-up profondo ha trasformato il volto di un partito alfiere del turbo-liberismo in un nugolo fumoso di pretese aspirazioni moderniste con affermazioni volte alla promozione di un’immagine che, più che “di sinistra”, suona semplicemente sinistra. In questa fumosità parolaia tutto diviene vero e, allo stesso tempo, tutto si rivela falso alla prova dei fatti.
Dal punto di vista squisitamente ideologico il PD non si può collocare se non come essenzialmente liberale, nel senso storico che il termine ha assunto nella politica italiana. La polarizzazione destra/sinistra scompare nella pratica delle politiche attuate dal PD con un appiattimento incondizionato alle esigenze del Capitale e dei suoi (dis-)equilibri sociali. Ben prima della meteora M5S, la pretesa di superamento della contrapposizione tra destra storica e sinistra storica si era già rivelata come adesione piena ai valori della destra, benché esteticamente progressista. Nello scenario occidentale la differenza tra i partiti che si rifanno al Partito democratico americano e ciò che chiamiamo destre non sta nel tanto decantato populismo, di cui il PD è ampiamente portatore ma nelle posizioni retrive, autenticamente reazionarie e beghine, delle destre estreme occidentali. Una differenza non casuale: FdI, Lega e FI in Italia rappresentano il piccolo capitale a basso contenuto tecnologico, l’affarismo, spesso colluso con l’illegalità quando non con la vera e propria criminalità; essi fanno leva sulla paura, sulla difesa gretta di spettri agitati a bella posta, portatori di esigenze socialmente retrive, meschine. Ancorati al populismo reazionario cattolico, usano la religione come clava sociale.
Tuttavia, oggi, il Capitale non ha affatto bisogno di tutto questo, anzi: il dinamismo che la costante trasformazione dei modi di produzione caratterizzante il capitalismo contemporaneo, trova nella reazione più bieca un ostacolo all’ordine sociale ad esso funzionale, nei nazionalismi esasperati un limite insopportabile alla indispensabile mobilità che le trasformazioni della produzione di valore richiedono. Per tutto questo possiamo dire che il PD rappresenta le più autentiche richieste politiche del Capitale, dove il camuffamento progressista non rappresenta una contraddizione ma è funzionale alle politiche di marketing della politica contemporanea.
Se noi interpretiamo la polarità dialettica destra/sinistra nei corretti termini di egoismo sociale a difesa dei privilegi del capitale contrapposti alla solidarietà sociale, tanto riformista (del capitale) quanto anti-capitalista, allora è doverosa la coerenza di porre il PD nell’ambito della destra storica, in quanto portatore delle esigenze egoistiche dell’accumulazione capitalista.
Infine, è doveroso prendere in considerazione il tema della democrazia proposto dal PD: quale democrazia avanza? Nel momento in cui si assume che il sistema capitalista è l’unica possibilità reale, allora le sue esigenze divengono il binario obbligatorio su cui svolgere l’impianto democratico. Per fare ciò, è necessario torcere il concetto di democrazia da potere del popolo a potere nell’interesse del popolo (poiché il capitalismo non ha alternative), in pratica l’esatta negazione della sostanza democratica. Come gestire le esigenze del capitale in democrazia? Lo strumento politico del sistema maggioritario diviene così una leva obbligatoria, modalità con cui marginalizzare qualsiasi possibilità di richieste antagoniste il capitale stesso. Ma il sistema maggioritario è in sé la negazione della democrazia, se pensiamo alla democrazia come “una testa, un voto”. Il PD è esattamente la politica proposta più coerente e funzionale al Capitale, collocandosi così a tutti gli effetti nell’ambito della post-democrazia.
E’ realmente possibile immaginare di poter strumentalmente allearsi a un tale partito pensando di raggiungere obiettivi di sinistra, ancorché limitati? Pare chiaro che una risposta positiva collochi il soggetto rispondente direttamente nel campo della schizofrenia psichiatrica.
Elio Limberti
Collaboratore redazione di Lavoro e Salute
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