La banda della Uno bianca. I SAVI NON AGIRONO DA SOLI…LA SCOPERTA DELL’ACQUA CALDA… A 34 ANNI DALLE STRAGI …


Certamente chi da riferimento ad una cultura di sinistra è “avvantaggiato” quando si parla di crimini agiti da soggetti in divisa, nel senso che parte da una “sana diffidenza preventiva”; sbagliato o no questo pregiudizio non lo discuteremo oggi; la vicenda dei Savi è suonata dunque per alcuni, di noi, “molto sospetta” , fin dall’inizio;

ora si ipotizza una dimensione diversa dalla “semplice criminalità”; i Savi non agirono da soli !?

Se ci stiamo avvicinando alla verità conclamata (per tutti) dobbiamo ringraziare il valoroso lavoro dei familiari dei ragazzi carabinieri uccisi al Pilastro, della signora Zecchi del , del magistrato Libero Mancuso e ovviamente dell’avvocato e amico magistrato Libero Mancuso Se ci stiamo avvicinando alla verità conclamata (per tutti) dobbiamo ringraziare il valoroso lavoro dei familiari dei ragazzi carabinieri uccisi al Pilastro, della signora Zecchi del del comitato della vittime della Uno
bianca , del magistrato Libero Mancuso e ovviamente dell’avvocato e amico Alessandro Gamberini.


E allora cerchiamo di arrivare alla “verità definitiva” .

Quando “agirono” Bologna era afflitta da un diffuso sentimento di ostilità nei confronti dei rom ; diffuso ovviamente nella destra e nella parte perbenista della città (che è sempre andata però oltre la destra vera e propria ) ; gli attacchi armati contro i campi nomadi di via s. Caterina e di via Bignardi indussero in questa area reazioni oscillanti tra la indifferenza e il cinismo;

conoscevamo bene e frequentavamo assiduamente quei campi in cui la popolazione nomade veniva “contenuta” in condizioni indecenti dal punto di vista igienico e sociale fino al tragico rogo in cui persero la vita due bambini: Alex e Amanda;

ora forse quella ostilità degli anni ottanta-novanta è calata ma non grazie ad una autocritica dei “benpensanti” e della “destra” quanto grazie a percorsi di inserimento sociale e lavorativo che pur lentissimamente hanno un po’ allentato le tensioni;

a differenza della banda della “uno bianca” noi non lanciavamo pallottole nei campi ma portavamo alimenti e vestiti , conoscevamo uno per uno gli “ospiti” di quelle baracche e autobus coibentati in amianto in cui i rom erano costretti a vivere riscaldandosi con stufe rudimentali alimentate da rifiuti legnosi pesantemente verniciati…;

anche per questo ci risultò particolarmente irritante la insinuazione di una certa genesi delle sparatorie omicide (vedi in seguito) ;

quando emerse la responsabilità dei Savi noi “di sinistra” non fummo sorpresi da intrecci e coincidenze; per noi la verità che cominciava ad emergere non fu uno shock o una “ doccia fredda” per come descritti e vissuti in altri ambienti vittime di ben altri stereotipi (molto diversi dai nostri) e in parte anche di ingenuità;

per non “di sinistra”; nessuna “sorpresa”;

ma rimane un dubbio ; chiediamo scusa se qualcuno ha già “risposto” ma da tempo, per vari motivi, non compriamo più i “giornaloni”;

un quotidiano pubblicò un trafiletto che fece una insinuazione pesante non frutto di fantasia o di ipotesi del giornalista ma desunta da altra fonte più o meno nebulosa: che una delle sparatorie nei campi nomadi fosse attribuibile a faide interne;

forse qualcuno ha già spiegato l’errore di attribuzione o la gaffe che dir si voglia;

Se i Savi non agirono da soli chiarire e ricostruire quella nebulosa fonte darebbe un contributo a quella “verità” alla quale siamo pronti prevendendo , per quello che ci riguarda, di non subire alcuno shock !

Vito Totire, portavoce Centro Francesco Lorusso
Bologna, 4.1.2015

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