La Prima Prova scritta…Quattro Tipologie.

futuro sinistra Tipologia A – Analisi del testo, comprensione, interpretazione: il Ministero ha scelto un brano di Italo Calvino da “Il sentiero dei nidi di ragno”.Tipologia B – saggio breve o articolo di giornale, 1) per l’ambito artistico – letterario il tema era “La letteratura come esperienza di vita” con tre dipinti di Van Gogh, Matisse e Hopper, un brano dal canto V dell’Inferno di Dante e testi di Borges, Raimondi e Todorov 2) per l’ambito socio-economico l’argomento era “Le sfide del XXI secolo e le competenze del cittadino nella vita economica e sociale” con testi di Visco, Nussbaum e una parte delle Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente (2006/962/CE), 3) per l’ambito storico-politico l’argomento era “Il Mediterraneo: atlante geopolitico d’Europa e specchio di civilta’”, con testi di Matvejevic, Frascani e un brano dalla Comunicazione congiunta della Commissione Europea e dell’Alto Rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza – 17 dicembre 2012,  4) ambito tecnico-scientifico era invece “Lo sviluppo scientifico e tecnologico dell’elettronica e dell’informatica ha trasformato il mondo della comunicazione, che oggi e’ dominato dalla connettività. Questi rapidi e profondi mutamenti offrono vaste opportunità ma suscitano anche riflessioni critiche”, con documenti di Ferraris e Marini. Tipologia C – Tema di argomento Storico l’argomento era la Resistenza e come documento è stato proposto un “testamento spirituale” di Dardano Fenulli, un ufficiale dell’esercito regio che dopo l’otto settembre del 1943 partecipò attivamente alla Resistenza e per questo venne condannato a morte. Tema che richiede una erudizione che la scuola non fornisce, solo un candidato che ha svolto un approfondito studio individuale riusciva a svolgerlo (ogni anno pochissimi candidati svolgono la traccia della Tipologia C), manca una coscienza e conoscenza storica nel nostro Paese, in particolare nelle giovani generazioni. Infine, la Tipologia D tema di ordine generale invitava ad affrontare l’argomento del diritto all’educazione, con un testo di Malala Yousafzai, premio Nobel per la pace 2014, la ragazza pakistana che ha rischiato di perdere la vita per aver rivendicato il diritto all’educazione anche per le bambine.  Vorrei soffermarmi sulla tipologia A – Analisi del Testo: Italo Calvino:  “Il sentiero dei nidi di ragno”.Calvino, pubblicando questo romanzo nel 1947 dopo l’ 8 settembre, segnò una piccola rivoluzione nella letteratura italiana ed un forte dibattito nell’ area della sinistra, non si fermava al materialismo storico. Autore oggi molto commercializzato che andrebbe studiato più approfonditamente (autore che viene svolto solo negli Istituti Professionali, nei Licei non è previsto dai programmi ministeriali, nei tecnici alcuni docenti lo affrontano, resta sempre la cultura individuale del candidato). “Il sentiero dei nidi di ragno”: un libro difficile, un libro che suscita la commozione, se colto nella sua essenza. Gli studenti che ieri hanno tentato di sfidare Calvino, nella prima prova dell’Esame di Stato, sicuramente avranno faticato ad addentrarsi nei nodi concettuali più problematici dell’opera e, nel migliore dei casi, saranno stati costretti a ridurre la complessità di quelle pagine a un’asfittica categoria manualistica, quella di letteratura resistenziale, che nel caso specifico di Calvino rischia solo di condurre a fraintendimenti letali. Dico questo anche nella speranza di far comprendere che bisognerebbe emanciparsi definitivamente da una certa linea marxista nella critica letteraria, la quale eleva (dogmaticamente) a criterio morale il portato ideologico entro cui si inscrive l’orizzonte interpretativo. Tanto è vero che Franco Petroni rimase molto infastidito da questo giovane autore esordiente (di fede comunista) che trattava la resistenza “di scorcio”. La difficoltà maggiore, nel parlare di Calvino, risiede nel cercare di dissolvere le nebbie che hanno contribuito alla commercializzazione di un intellettuale ormai prossimo alla retorica ingenua del senso comune. Balle! Calvino ha un’importanza storica notevole e lo aveva già compreso Pavese, che sollecitò la genesi di questo importante romanzo. Non voglio dilungarmi e rischiare di diventare prolissa, per questo mi limiterò a enunciare il nucleo sul quale, a mio avviso, dovrebbe svilupparsi la riflessione critica. Il Pin de “Il sentiero dei nidi di ragno” è una particolare declinazione del super uomo nietzschiano; non so quanti critici abbiano mai riflettuto sulla possibilità di fornire questa lettura e sarebbe stato interessante poterne discutere con Calvino stesso. Così come l’ultimo stadio metamorfico esposto da Zarathustra è quello del fanciullo, che rappresenta l’accettazione dionisiaca della vita e che prefigura l’umanità nuova sopravissuta alla morte di Dio, il Pin di Calvino è il bambino cresciuto precocemente e l’adulto che si manifesta come bambino. E in cosa consiste il suo essere adulto? Nell’accettare la realtà ineludibile della morte e dell’annientamento definitivo, che non viene più concepito come pericolo incombente e atterrente, da contrastare attraverso la consolazione della filosofia. Questi sono gli intellettuali cresciuti, bensì, sul solco di una filosofia che ha l’obbligo di denunciare l’originaria insuperabilità del divenire, in cui si situa l’ebrezza della violenza, che può tragicamente determinarsi anche nell’esperienza tragica e traumatica della guerra, alla quale Calvino partecipa come partigiano. Questi sono gli intellettuali che vivono la contraddizione di rimanere marxisti, quando nell’essenza sono nietzschiani. In essi si scontra l’impossibilità di recuperare il pensiero metafisico e insieme la necessità di arginare, attraverso la funzione etica dell’ideologia e la prassi politica, la potenza del negativo. Per questo Calvino è comunista, ma l’ideologia in lui è soltanto l’esito a cui deve tendere l’uomo pubblico dopo che ha incarnato l’occhio trasfigurante del fanciullo. Questo serve sì a esorcizzare il pericolo che l’ideologia venga assunta come dogmatico fondamento entro cui potenzialmente possono essere coltivate le dittature (rifiuto dello stalinismo), ma prima di tutto, in questa fase, il fantastico in Calvino ha la funzione di sottrarre alla retorica che esalta la guerra partigiana (e che si esibirà massimamente con Il partigiano Jonny di Fenoglio) le contraddizioni politiche ancora vive in un’Italia separata al suo interno dalla inestirpabile conflittualità degli egoismi che la compongono. L’occhio del bambino, non governato da sovrastrutture razionali e deformanti, mette a nudo e denuncia l’assurdità in cui convivono le individualità coinvolte nella Resistenza. Individualità che non lottano per la liberazione e la costruzione del socialismo, ma per ritornare a coltivare l’orto che è stato loro sottratto dalla fame e dalla miseria in cui la guerra li ha gettati. Pin è il super uomo, nel momento in cui, come scrive anche Calvino, sa andare oltre il sangue dei morti, attraverso lo stratagemma del vivere la guerra come un’avventura pedagogica, per interrogare, nel suo silenzio innocente, il ruolo di chi resta e di chi di fronte all’urlo nero dell’angoscia pensa solo a salvare se stesso, pensa solo a curare il proprio tornaconto personale. Il sentiero dei nidi di ragno è il riscatto degli anonimi nel volto di un dimenticato, una galleria di antieroi meschini e ipocriti, che non si riconoscono in un’identità nazionale, ma che vogliono assicurare a loro stessi la propria sopravvivenza quotidiana. Per questo possiamo anche meglio comprendere perché la letteratura, per Calvino, debba tramutarsi nell’immaginario, come organo che traduce e rende intelligibile il volto nascosto della realtà. Solo nell’immaginario è possibile indirizzare la politica stessa a comprendere cosa comportino gli sconvolgimenti radicali che intervengono nella società e come la dialettica stessa sia stata travolta dal proprio residuo nichilistico. Perché Pin è costretto a diventare un dimenticato? Perché il luogo dell’immaginario spaventa il potere in ogni sua forma e la politica concepisce se stessa all’interno di una lettura statistica dei fatti sociali. In politica ci si rapporta al quantitativo, non al qualitativo, per questo servono intellettuali che sappiano ancora guardare con occhi disincantati la trama originaria della vita stessa. Così, se ci pensate, accade anche ne La luna e i falò di Pavese e, per citare un autore molto più tardo, in Io non ho paura di Ammaniti. Sono innumerevoli e importanti le riflessioni che potremmo aprire sulla base di questi punti. Enunciarle è già tanto, vedendo la confusione culturale attuale. Un’ultima cosa: riflettete sul protagonista. Pin lo conosciamo attraverso questo suo soprannome, un’onomatopea, non sicuramente un nome parlante carico di simbologie, è orfano di entrambi i genitori (assenza del fondamento), vive con la sorella, che si prostituisce, e viene continuamente picchiato dai coetanei. A voi l’interpretazione, dato che si tratta di un’ottima metafora per intendere l’intellettuale (super uomo) del secondo novecento. Marilena Pallareti Docente Forli 18/6/2015

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