La salute e la prevenzione nei CCPPRR (?)

Ai Sindaci dei comuni di :
Bari, Brindisi, Caltanissetta, Gradisca d’Isonzo, Macomer, Milano, Palazzo s. Gervasio, Trapani
Alla attenzione di Sindaci in relazione al loro ruolo di autorità sanitaria locale (legge 833/1978)
Alla attenzione dei Ministri : Salute, Interni, Giustizia

Oggetto: vigilanza sui rischi ambientali e sanitari all’interno dei CCPPRR

La criticità dei cosiddetti CCPPRR è ormai nota a tutti; approfondita è stata la discussione sulla costituzionalità o
incostituzionalità della prassi della “detenzione amministrativa” ; è un tema sul quale, per essere eufemisti, “non c’è
unanimità di vedute” tra paese legale e paese reale ; non vuole tuttavia vertere su questo la presente comunicazione;
piuttosto , al momento, solleviamo una altra questione , importante almeno fino a quando i CCPPRR non saranno
abrogati (il che corrisponde alla nostra forte aspettativa) ; nella more dunque di una decisione che noi caldeggiamo e
non al fine di “migliorare poco ” le condizioni di vita e di esposizione a rischi per la salute psicofisica degli internati,
intendiamo formalmente sollevare, alla vostra attenzione e in relazione al vostro ruolo di autorità sanitaria locale o di
ministri della repubblica, , un problema: chi vigila sul diritto alla salute psicofisica delle persone internate ?

Se la costituzione repubblicana tutela e promuove il diritto alla stessa speranza di vita , di salute e di benessere per
tutti gli esseri umani, non è accettabile che la vigilanza su questo diritto non sia agita alla stessa maniera per tutte le
persone esposte a rischio ;

certo la contraddizione è di vecchia data; diversi anni fa , ottenendo risposte evasive e di fatto negative, abbiamo
sollevato il problema della inclusione nelle visite semestrali che le Ausl effettuano nelle carceri anche di quelli che
all’epoca si chiamavano CPT o CIE; esattamente come oggi sosteniamo la inclusione negli interventi di vigilanza pure
delle REMS; abbiamo accennato alla natura evasiva (e aggiungiamo, “opportunista”) della risposte; quella della
Regione E-R fu “il CIE NON E’ UN CARCERE” ; risposta oltre che opportunista anche kafkiana ;

il nocciolo rimane: la legge di riforma penitenziaria del 1975 definisce la necessità di (almeno) una visita semestrale
nelle carceri; che oggi tutte le Ausl “si ricordino” di questo dovere istituzionale ci pare davvero dubbio ma
accantoniamo per ora questa ulteriore complicazione;

l’imput legislativo affonda nella prassi ottocentesca che vedeva l’ufficiale sanitario impegnato nelle visite alle carceri, relazionare successivamente al sindaco, circa lo stato di salute della popolazione detenuta; certo nell’ottocento (salvo
ulteriori ricerche storiche) la attenzione era sostanzialmente limitata alle malattie infettive e contagiose e dunque
orientata a prevenire focolai di patologie suscettibili di estendersi alla comunità extra-carceraria ; purtroppo una
impostazione ottocentesca e dunque limitata sopravvive ancora oggi ;

il problema che in questo momento vogliamo porre è altro :

PERCHE’ LE AUSL ITALIANE COMPETENTI PER I TERRITORI IN CUI SONO PRESENTI CCPPRR NON LI INCLUDONO NELLE
VISITE (SE LE FANNO E QUANDO LE FANNO) PREVISTE DALLA LEGGE DI RIFORMA PENITENZIARIA PER LE CARCERI ?

Vogliamo sperare che non si risponda a questa inquietante domanda con argomentazioni sofistiche ; se il CPR non è un
carcere ciò è nel senso che è “peggio di un carcere” (per ragioni note a tutti e sulle quali non insistiamo in questo
momento anche se non vogliamo proporre “graduatorie “ dei luoghi e degli stati di sofferenza…) ;

preveniamo una ulteriore “argomentazione difensiva” che potrebbe essere attecchita nelle pieghe della burocrazia
delle “istituzioni totali” per tentare di giustificare omissione e disimpegno : la legge di riforma penitenziaria non cita il
CPR !


Va bene: non lo cita perché la riforma è del 1975; ma la riforma non cita neppure la AUSL attuale che nasce tre annidopo il 1975 , attribuisce il compito al “medico provinciale”, compito che poi appunto viene trasferito a quella che
secondo la impostazione proposta da Giulio Maccacaro viene chiamata USL (per poi cambiare nome e fisionomia col
tempo) ma questa è storia della sanità pubblica che citiamo solo per richiamare la sostanza del problema : deve
esistere un intervento garantito dalla sanità pubblica per monitorare i rischi per la salute che esistono a carico delle
persone private della libertà salvo-lo affermi chi è in grado di farlo-che si voglia apertamente affermare un
incostituzionale regime di doppio standard ( italiani/immigrati);

“non basta” la “magnanima” e sporadica apertura a osservatori certo volenterosi ma sanza poteri ispettivi e
sanzionatori , anzi si intravede in certa magnanime concessioni la politica della “foglia di fico” che rimane nella piena
responsabilità del concedente e non di chi entra nel “lazzaretto” con la onesta intenzione di lenire le piaghe ;

vogliamo essere chiari: con le visite semestrali nelle carceri le Ausl italiane hanno dato un contributo , purtroppo ,
veramente marginale alla tutela della salute della popolazione privata delle libertà ; da venti anni ogni sei mesi
torniamo su questo argomento ma il dato di fatto (una vigilanza condotta in maniera inadeguata) non consente di
rimuovere o di temporeggiare sulla necessità (riteniamo anzi sull’obbligo normativo e costituzionale ) della vigilanza
nei CCPPRR;

due “esempi” concreti:

  • Di recente la Guardia di Finanza ha constatato gravi condizioni di rischio , anche o soprattutto sanitario, nel
    CPR di Milano ; ma ci risulta che in Italia il compito di definire la mappa dei rischi nei luoghi di lavoro e nel
    territorio sia della USL (art.20 legge 833/78) e non della Guardia di Finanza che , evidentemente, a Milano
    ha constatato e notificato che “il re è nudo” (gli altri apparati statali non se ne erano accorti ?) ma che si
    occupa e deve occuparsi di altre problematiche
  • in questi giorni siamo riusciti a ricevere l’ultimo rapporto semestrale sulle carceri di Bologna ; non entriamo in
    dettagli; una sola questione : dopo aver preso atto (tempo fa) di una inadempienza circa il monitoraggio del
    rischio “legionellosi “ la Ausl constata che questa lacuna è stata colmata; purtroppo non siamo certi che in
    tutte le 198 carceri italiane il rischio sia stato ugualmente monitorato ma la domanda è: chi vigila su questo
    rischio (e su altri dal biologico a quello psicofisico, a quello psicofarmacologico ) nei CCPPRR italiani ?
    e non
    si tratta di una domanda astratta ; stiamo seguendo la drammatica vicenda umana di un giovane già “ospite”
    di un CPR italiano deceduto poco tempo dopo la dimissione; anche in questo caso non entriamo in particolari,
    tuttavia vogliamo affermare in maniera netta che : non si deve arrivare alla valutazione dei rischi solo o
    soprattutto in virtù di accertamenti post-mortem; OCCORRE ARRIVARE IL GIORNO PRIMA E NON IL GIORNO
    DOPO. IN CONCLUSIONE:
    NELLE MORE DELLA AUSPICATA (DA PARTE NOSTRA) ABROGAZIONE DEI CCPPRR e con l’auspicio che non ne vengano istituiti dei nuovi né che i CCPPRR vengano “esportati” in Albania , CHIEDIAMO AI SINDACI
    COMPETENTI PER TERRITORIO DI DISPORRE IMMEDIATAMENTE LA INCLUSIONE DI QUESTI LUOGGI DI DETENZIONE , AI SENSI DELLA LEGGE DI RIFORMA PENITENZIARIA, NEL NOVERO DELLE STRUTTURE DA MONITORARE CON I CRITERI E I METODI DELLA PREVENZIONE PRIMARIA trattandosi, per l’appunto, di luoghi che “ospitano” persone private della libertà;
    a nostro modesto avviso accettare ulteriormente lo status quo equivarrebbe a reiterare una condotta
    anticostituzionale fortemente/potenzialmente lesiva del diritto alla salute dei “reclusi amministrativi”.

Grazie della attenzione.

Vito Totire

Medico del lavoro/psichiatra, portavoce Centro per l’alternativa alla medicina e alla psichiatria
“Francesco Lorusso” via Polese 30 40122 Bologna

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