Le feste dei padroni

Ad appena sei mesi dall’ultimo accordo sull’ultima procedura di licenziamento collettivo per 190 lavoratori, con il quale sono stati impediti licenziamenti unilaterali, l’Ibm apre nuovamente le danze con un’ulteriore procedura che coinvolge 184 impiegati e quadri e 60 dirigenti. La riduzione di personale risponderebbe all’esigenza di contrarre i costi, a fronte della riduzione dei ricavi negli ultimi tre anni, e di focalizzarsi sul settore cosiddetto Camss (cloud, analitycs, mobile, social, security). Sono coinvolti lavoratori provenienti da tre divisioni con profili diversi: venditori, programmatori, sistemisti, project manager, supporto clienti.

“Nel corso dell’ultimo anno l’Ibm ha ridotto la sua presenza in Italia – si legge in una nota della Fiom – tra licenziamenti ed esternalizzazioni a improbabili soggetti industriali, di 740 unita’. Con gli esuberi dichiarati in quest’ultima procedura diventerebbero 984 le lavoratrici e i lavoratori in uscita dall’azienda. “Una vera ecatombe. La Fiom – dichiara Roberta Turi della segreteria nazionale- ritiene che Ibm Italia debba fermarsi e chiarire una volta per tutte qual e’ il suo piano industriale. Gli eventuali esuberi potrebbero essere gestiti in maniera diversa e non traumatica rispetto a quanto fatto fino ad ora. La maggior parte dei lavoratori che l’azienda
considera eccedenti, infatti, potrebbero essere riqualificati e ricollocati internamente”.
Un primo incontro tra le parti c’è già stato il 13 dicembre, un’altro è previsto poer il 17 gennaio.

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Per 1600 lavoratori Almaviva di Roma ed alle loro famiglie, non sara’ un Natale felice, ma potranno guardare in faccia i propri figli ed essere orgogliosi di non avere ceduto all’ennesimo ricatto dell’azienda e alla pazzesca gestione sindacale. Non hanno accettato di vedere ancora una volta comprimere i propri salari ed i propri diritti in nome del profitto di un’azienda che continua ad elemosinare fondi pubblici mentre avvia le procedure di delocalizzazione in Romania.
A dare una mano al compimento del disastro anche il Governo. Sarebbe stato necessario cambiare radicalmente la normativa sui call center, introducendo il vincolo della territorialita’ del servizio, anche in infrazione di una insostenibile disciplina dell’Unione europea. Si sarebbero dovute eliminare le gare al massimo ribasso e l’aggiramento delle clausole sociali. E invece, silenzio su tutta la linea. Per anni si è consentito all’azienda di fare il bello e cattivo tempo, codificando accordi e leggi di cui si conosceva benissimo il respiro corto. Ed ora si continua nel gioco perverso concedendo ad Almaviva altra cassa integrazione.
Riccardo Saccone, segretario generale della Slc Cgil di Roma e del Lazio, critica duramente il Mise, e spiega che al tavolo “è avvenuta una cosa molto brutta e grave, il governo è venuto meno al suo ruolo di arbitro”. Saccone spiega che “le Rsu si sono rifiutate di firmare perché il testo proposto parla di impegno a fare qualcosa, ma anche di cominciare a licenziare. Bisognava dare a quelle persone almeno i tempo di parlare con i lavoratori”.

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Tagli, esuberi e ridimensionamento complessivo a fronte di un rifinanziamento parziale che di fatto consegna appena due mesi di sopravvivenza. E’ questo l’ultimo “status” di Alitalia che nel bel mezzo del periodo festivo regala ai propri dipendenti amarezze a non finire. I dipendenti AZ hanno già subito licenziamenti (oltre 12.000 in 8 anni!), precarietà (oltre il 50% del personale nei
settori operativi!), tagli salariali, drastici aumenti della produttività. Ed ora l’incapacità dei “capitani coraggiosi” e dei loro cloni si scatena ancora su di loro.

Secondo Usb, oggi si presenta la necessità di rivolgere “la propria attività sui voli di lungo raggio ed intercontinentali, più remunerativi e non soggetti alla concorrenza low cost, per i quali occorrono investimenti importanti nello sviluppo della flotta. A chi dice che i soldi non ci sono, l’invito a dare un’occhiata ai bilanci degli ultimi venti anni evidenziando in rosso i miliardi spesi inutilmente, gli errori manageriali, le alleanze sballate come quella con Air France, il malaffare e la mala gestione”.

In secondo luogo, “l’importanza del rispetto delle regole e della legalità per tutelare gli interessi del paese a livello strutturale, normativo ed occupazionale e costruire un sistema in cui i trasporti – tutti i trasporti – assumano un ruolo trainante dell’economia. Così è avvenuto in Francia e Germania, che hanno protetto le proprie compagnie impedendo lo sviluppo disordinato delle low cost, mentre in Italia le regole sono state frantumate, le low cost “foraggiate” da enti locali e società aeroportuali spesso pubbliche, i lavoratori assunti, sottopagati e super-sfruttati, con contratti non italiani, e le tasse vengono pagate altrove”, si legge sempre nella nota Usb.

L’attuale gestione e proprietà dell’Alitalia, pur non condivisibile dal punto di vista del rapporto con i lavoratori, “sembrava aver compreso tali criticità ed opportunità anche alla luce l’aumento progressivo del trasporto aereo in Italia”, aggiunge Usb.

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Stanno in azienda 24 ore su 24 da 86 giorni, alternandosi nei tre turni (esattamente come quando lo stabilimento era in funzione, ossia prima che venisse acquisito da General Electric) e il loro obiettivo è chiaro: tornare al lavoro, riavviare la produzione.
Gli operai di GE ex Alstom Power di Sesto San Giovanni stanno facendo un lavoro socialmente utile: si stanno tenacemente e seriamente opponendo all’ennesima dismissione industriale, alla cancellazione di competenze e saperi.

“Non stiamo lottando solo per il nostro posto di lavoro, stiamo lottando perché il lavoro è un bene comune”: lo hanno ribadito anche oggi. Ma evidentemente qualcuno trova insopportabile la loro resistenza, e certo non si tratta di un comune cittadino.
E’ bizzarro, infatti, che i lavoratori del presidio (che non sono ancora nelle liste di mobilità) da qualche giorno vengano contattati uno per uno (indipendentemente dal loro comune di residenza) per svolgere i servizi socialmente utili.

“Delle due, l’una: o improvvisamente tutti i lavoratori in mobilità di Milano e provincia hanno trovano una nuova occupazione (sarebbe bello) – si legge in un comunicato della Fiom – oppure qualcuno ci deve spiegare perché lavoratori i cui nominativi non risultano ancora inseriti nelle liste di mobilità vengano chiamati”. “Tanta efficienza, tutta “dedicata” agli operai di GE – continua la Fiom – e a noi sorge il dubbio che questo sia un modo per “svuotare” il presidio, per spezzare la coesione dei lavoratori, per allontanarli dal luogo dove hanno scelto di svolgere un lavoro più che socialmente utile per tornare al lavoro”.

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Il direttore generale Unicoop Piero Canova ha dichiarato nei giorni scorsi la volontà di mettere in atto politiche stringenti di contenimento dei costi. Il che potrebbe voler dire, possibile cessione e chiusura di parte della rete di vendita, con i conseguenti esuberi che ne deriverebbero.

“Come da noi previsto anni or sono, a pagare il conto salato saranno soprattutto i lavoratori e le lavoratrici – esordisce Francesco Iacovone, dell’Esecutivo Nazionale USB Lavoro Privato – e la nostra prima risposta è l’apertura dello stato di agitazione sindacale e il riservarci future mobilitazioni”.

“Dopo anni di utili di bilancio mai raggiunti, la Coop affida ad un manager esterno al mondo cooperativo le sorti del rilancio e i risultati – ironizza il sindacalista – non si fanno attendere. Quello che si intravede è il continuo ricorrere all’abbassamento del costo del lavoro, che non ha mai conseguito i frutti sperati”.

“L’azienda annuncia inoltre di voler adeguare gli organici – sottolinea il rappresentante USB – ed è chiaro a tutti cosa intenda. Il management Unicoop continua inoltre a puntare sulla revisione della rete di vendita anche attraverso lo sviluppo del franchising, con conseguenze pesantissime sui diritti e sul salario delle lavoratrici e dei lavoratori”.

“Siamo curiosi di conoscere, in merito, il pensiero del Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che prima della nomina di governo ha guidato Legacoop dal 2002 e Adc, l’alleanza nata tra cooperative rosse e bianche dal 2013. Il mondo nel quale ha operato Poletti rappresenta al meglio la degenerazione di un sistema in cui l’originario spirito di solidarietà e mutualità è stato sacrificato alla logica del mercato, della competizione e del profitto, alla pari delle imprese di capitale. Insomma, Poletti ha portato l’idea di sfruttamento in salsa cooperativa al governo del paese ed il primo risultato è stato il “Job Act”, nel quale ad essere oggetto di un furto colossale è il futuro di milioni di giovani italiani destinati ad una precarietà infinita.”, conclude Iacovone.

www.controlacrisi.org

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