Le mani violente del Pd sulla banche popolari.

Tanti anni di tentativi infruttuosi di assalto alle banche popolari e alle banche cooperative oggi coloro che dovrebbero difenderle le distruggono. Il Partito Democratico smentisce ancora una volta se stesso abolendo per decreto il principio “una testa un voto”. Neanche il governo Berlusconi osò tanto quando si trattò di discutere la legge voluta da D’Alema per trasformare le cooperative in Società per Azioni.

La leggerezza con cui Matteo Renzi tratta il tema dietro sollecitazione dei neoliberisti della UE produce l’ennesimo mostro giuridico. Infatti un decreto che va a cambiare ( sulla base del principio delle leggi fatte ad personam per papà B. ), parti sostanziali del Testo Unico Bancario, imponendo a realtà cooperative di mettersi sul mercato borsistico previa trasformazione in SpA di fatto impone la dittatura del neoliberismo a qualunque operatore economico che voglia mantenere caratteri di democrazia economica.
Per converso sarebbe come se un altro governo decidesse di trasformare per legge Banca Intesa o Unicredit in cooperative, a prescindere dalla volontà dei soci. Si tratta di una operazione arbitraria e indebita. C’è un secondo fine in questa manovra, oltre a quello di favorire qualcuno: il fine di appropriarsi di patrimoni a carattere sociale per renderli disponibili ai finanzieri amici, che, una volta ridotti i soci all’impotenza, comprerebbero tutto a prezzi stracciati. In pratica il solito furto agevolato da leggi ad hoc, o meglio, da decreti governativi di dubbia legittimità.
La legge elettorale è in stretta connessione con questo attacco alla cooperazione cattolica. 

L’attacco al principio “una testa un voto” ha un preciso precedente storico nel RDL n.64 del 24 gennaio 1924. All’indomani dell’approvazione della Legge Acerbo (la legge elettorale voluta dal fascismo) le violenze fasciste ai danni delle cooperative cattoliche in Lombardia e in Sicilia, con la collusione dei Prefetti che scioglievano le cooperative, miravano a fascistizzare le banche cattoliche e le casse rurali.

Ieri la legge Acerbo, oggi l’Italicum, ieri le violenze e le sopraffazioni prefettizie, oggi il decreto Renzi. Occorre una battaglia parlamentare, necessariamente trasversale, che cancelli il provvedimento. Occorre che si prepari immediatamente un ricorso alla Corte Costituzionale da parte dei soci delle Banche Popolari e Cooperative, dato che qualunque ricorso al Presidente della Repubblica oggi non troverebbe udienza (e anche questo non è casuale).  Il significativo posizionamento antidemocratico del PD su qualunque legge, compresa quella elettorale, o provvedimento disallineato rispetto al “verbo” neoliberista, se non fermato, lascia intravvedere un prossimo attacco alla possibilità, per le grandi imprese, di avere natura cooperativa riuscendo, di fatto, a marginalizzare questa forma di impresa nelle nicchie meno appetibili del sistema economico e ciò solo a causa della loro natura democratica.

Gianni Tasselli

responsabile movimento coop per Rifondazione Comunista

1/2/12015 www.rifondazione .it

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