Le molestie sessuali nei luoghi di lavoro

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A novembre la Direzione Centrale coordinamento giuridico dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha richiamato la necessità di inserire nel DVR , tra i rischi lavorativi, anche quelli legati alle differenze di genere. La normativa italiana prevede, per il datore di lavoro, un generico obbligo di garantire, oltre all’integrità fisica, anche il benessere psicologico di lavoratori e lavoratrici (art. 2087 codice civile).

Il D.Lgs 81/2008 su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, all’articolo 28, colloca fra i rischi che devono essere contemplati, quelli legati a lavoratrici in stato di gravidanza e quelli connessi alle differenze di genere. Il codice delle pari opportunità tra uomo e donna (articolo 26 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 ) sancisce che:

“ 1. Sono considerate come discriminazioni anche le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
Sono, altresì, considerate come discriminazioni le molestie sessuali, ovvero quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
Gli atti, i patti o i provvedimenti concernenti il rapporto di lavoro dei lavoratori o delle lavoratrici vittime dei comportamenti di cui ai commi 1 e 2 sono nulli se adottati in conseguenza del rifiuto o della sottomissione ai comportamenti medesimi. Sono considerati, altresì, discriminazioni quei trattamenti sfavorevoli da parte del datore di lavoro che costituiscono una reazione ad un reclamo o ad una azione volta ad ottenere il rispetto del principio di parità di trattamento tra uomini e donne.”

Il profilo normativo è quindi molto chiaro: i luoghi di lavoro devono essere sicuri e garantiti anche dai pericoli derivanti dal contesto sociale, relazionale; si deve proteggere la salute psicologica, la dignità di ogni persona ed assicurare condizioni di lavoro esenti da, ogni possibile ricatto o ritorsione, in un clima di rispetto ed eguaglianza.

Come spesso accade, purtroppo la realtà è molto lontana dalle dichiarazioni formali.

I dati ISTAT ( Indagine sulla sicurezza dei cittadini / Le molestie e i ricatti sessuali sul lavoro ) pubblicati nel 2018, riferiti al 2015/2016 danno un quadro poco onorevole della diffusione del fenomeno delle molestie in generale: il 43,6 % delle donne tra i 14 e i 65 anni ha subito qualche forma di molestia (di cui il 15,4 % negli ultimi tre anni). Riferita ai luoghi di lavoro, la percentuale passa all’ 8,9 % ( 2,7 negli ultimi tre anni).
Potrebbe sembrare poco, ma rappresenta sicuramente la punta di un iceberg, ( l’80 % non ha parlato delle molestie subite) sia per la difficoltà sempre legata a denunciare/ dichiarare, per il rischio notevole di trovarsi da accusate a imputate, sia per la difficoltà di definire e riconoscere la molestia.
Si individuano diverse forme di molestie: da commenti ed allusioni riferite all’aspetto fisico, alla sessualità o alla vita privata in generale (ad esempio lo stato di separata, single ecc.) sguardi, atteggiamenti che provocano disagio ma che diventano “ semplici battute, scherzi e apprezzamenti bonari “, alla più esplicita attenzione sessuale indesiderata ( dalle proposte insistenti di appuntamenti,al contatto fisico di vario genere) alla coercizione sessuale, in forma di ricatti e minacce,di condizionamento della stessa attività lavorativa.

Le antiche, pessime abitudini della prevaricazione sessuale costituiscono una forma di violenza, nella stragrande maggioranza perpetrata dagli uomini sulle donne.
È vero che esistono anche casi in cui le vittime sono uomini, in genere di altri uomini, raramente di donne. La complessità del tema dell’identità sessuale ( sesso biologico, identità di genere, orientamento sessuale) ha ampiamente superato la classica ripartizione nelle categorie maschi/ femmine e di questo bisogna tener conto quando si parla di molestie e violenza.
Si tratta sempre dell’esercizio di un potere, un abuso di vario grado, operato da un essere umano su un altro con conseguenze ed effetti diversi.

La gravità delle molestie dipende naturalmente dalle condizioni specifiche della vittima, dalla sua vulnerabilità ( condizione sociale, economica), dalla capacità individuale, psicologica, di reazione e di gestione della situazione; le molestie possono provenire da colleghi, utenti, superiori o datori di lavoro ed anche questo determina conseguenze diverse nella vittima. Nel caso del superiore o del datore di lavoro, la molestia si può facilmente configurare come ricatto, ostacolo alle possibilità di conservare il posto o di veder riconosciute le proprie competenze.

I settori in cui si registrano percentuali più alte risultano essere il commercio, i servizi, la sanità, il lavoro domestico e di cura. Ambienti a prevalenza maschile, non tanto come maggioranza numerica, ma soprattutto dove il potere è gestito da uomini.
Che si tratti del piccolo imprenditore o commerciante che assume soprattutto donne, del caporale agricolo, del padrone di casa alle prese con colf, badanti o baby sitter, del manager di modelle e attrici, o degli ambienti accademici, e in politica, l’elemento comune è un abuso del potere di cui si dispone, che discende da una visione patriarcale che individua le vittime come “inferiori” da utilizzare, premiare, gestire, punire senza alcun rispetto per l’individuo.

Conta anche molto il tipo di contesto, il clima che si crea nel luogo di lavoro: se le molestie sono continue, diffuse e generalizzate, diventano strutturali, “ normali”, per cui non vengono nemmeno più percepite , almeno fino a un certo punto, come violenza. Questo è anche un motivo per cui molte donne non ne parlano o non denunciano: ci si abitua a un clima malato, che non può che generare frustrazione, sofferenza, disagio alle persone e grave danno alla civiltà della nostra organizzazione sociale.

Dopo anni di studi e ricerche, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), agenzia specializzata delle nazioni unite, nel giugno 2019 ha prodotto la “Convenzione n. 190 “. Si tratta del primo documento internazionale sul tema, che impegna gli Stati a predisporre misure di prevenzione e ad attuare strategie per l’eliminazione del fenomeno, a partire da strumenti di monitoraggio, iniziative di informazione e formazione, codici di regolamentazione e procedure di controllo e di assistenza per le vittime.
Si evidenzia la necessità di garantire, in tutti i settori e in tutti gli ambienti di lavoro, il rispetto e la pari opportunità per tutti gli individui, nell’affermazione di un modello culturale finalmente esente dal concetto di potere come dominio invece che responsabilità ed impegno. È un primo passo, dal quale bisogna partire per affermare il diritto di ogni persona a lavorare e vivere senza subire.

Loretta Deluca

Insegnante Torino

Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute

Pubblicato sul numero di gennaio del mensile

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ALLEGATO

Organizzazione Internazionale del Lavoro. Eliminare le molestie
e la violenza sul lavoro

Nel quadro del centenario dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, si è svolta la 108^ nella quale è stata approvata la Convenzione n. 190 per l’eliminazione delle molestie e della violenza sul lavoro; l’istituzione di questo trattato internazionale nel seno della OIL costituisce un progresso significativo per le persone che lavorano.

Le convenzioni e le raccomandazioni sono strumenti giuridici, si stabiliscono principi e diritti fondamentali per le lavoratrici e per i lavoratori -soggetti di diritto- e diventano vincolanti una volta che gli Stati le ratificano. La ratifica delle Convenzioni da parte di uno Stato ha conseguenze che implicano il fatto di riflettere gli ordinamenti della convenzione nelle leggi nazionali e di informare regolarmente l’OIL tramite “memorandum sulla loro applicazione a intervalli regolari”; inoltre, i soggetti interessati possono presentare denunce o reclami nel caso ritengano di essere oggetto di violazioni.

Quali sono le esperienze legali in occidente prima della Convenzione 190?

L’Unione Europea, fino al 2016, ha redatto tre documenti normativi per prevenire le molestie e la violenza sul lavoro (Risoluzione del Parlamento Europeo sulle molestie morali sul posto di lavoro, 2001/2339 (INI), Accordo Quadro Europeo sulle molestie e sulla violenza sul lavoro –
2007- e le Direttive multisettoriali per risolvere la violenza e le molestie di terzi relative al lavoro -2010- ). Nello studio di Morales Ramírez si riferisce che i seguenti Paesi dispongono di una legislazione specifica, alcuni anche prima delle direttive europee: Svezia (1993), Belgio (2007), Regno Unito (1997 y 2001) e Italia (2007). Contemporaneamente, si indica che in altri Paesi sono state prodotte leggi sulla materia, ma che il risultato sono state norme di carattere generale; questi Paesi sono Francia, Spagna, Lussemburgo, Svizzera, Danimarca, Olanda, Finlandia e Germania.

Noi che andiamo al lavoro ogni giorno siamo i più interessati all’applicazione di questa Convenzione, quindi organizziamoci e mobilitiamoci.

Redazione

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